10.

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Ermal aveva lasciato che il suo amico ordinasse per entrambi dato che poco prima gli aveva giurato di conoscere un menù buonissimo, degno di essere assaggiato.
«Mi fido eh.» gli aveva detto dall'altra parte del tavolo, di fronte a lui. L'aveva osservato mentre si era perso a guardare le persone che passavano fuori dalla vetrata del ristorante, sembrava sempre così tormentato anche quando stava in silenzio. Le occhiaie sempre più visibili sotto agli occhi gli davano un'aria sempre stanca. Chissà quando si sarebbero rivisti dopo quella giornata, al solo pensiero un senso immenso di malinconia si era impossessato del suo petto lasciandogli dentro un magone difficile da far scendere.
«A che pensi?» gli aveva domandato Fab, una mano che teneva il mento e l'altra posata sul tavolo mentre giocherellava con il tovagliolo. Si era pentito subito dopo di aver fatto quella domanda quando gli occhi di Ermal incrociarono i suoi. Sembrava come se l'avesse trovato a rubare in banca, lo sguardo spaventato e stanco. Aveva tremendamente paura di sentirsi dire qualcosa a cui non avrebbe avuto risposta, qualcosa da cui non era facile uscire. Tutte le paranoie che Ermal aveva e buttava fuori le aveva anche lui, ma preferiva non parlarne o far finta che lui avesse le soluzioni.
«Allo stress che ci aspetta dopo questo pranzo, quando verremo nuovamente sbattuti da un'intervista all'altra.» aveva mentito, in parte, a quella domanda. Non se la sentiva, in quel momento, di dirgli che non sapeva come fare quando lui sarebbe partito per Roma e l'avrebbe lasciato da solo.
Glielo avrebbe voluto dire, in qualche modo, che dopo quelle giornate passate insieme sarebbe stato più difficile del previsto non averlo affianco per un tempo indeterminato.
Si era talmente tanto abituato ad averlo vicino che il solo pensiero che potesse allontanarsi gli provocava un dolore irreparabile.
«Ma dai Ermal, hai vinto Sanremo.» aveva allargato le braccia «Dovresti essere la persona più felice del mondo, dovresti essere fiero di ciò che siamo riusciti a fare.»  aveva spiegato.
«Lo sono Fab, ma sono anche stanco e non riesco ancora a metabolizzare.» aveva accennato un sorriso.
Quella sera infatti, fu una delle più pesanti.
Erano talmente tanto stanchi che anche rispondere alle domande più banali era un'impresa, più per Ermal che per Fabrizio. Quest'ultimo rispondeva poco e niente alle domande, lasciando ad Ermal il peso di pensare risposte sensate e mai scontate. Era stato sempre più bravo con le parole, riusciva ad argomentare, a sdrammatizzare, a sorridere al momento giusto. Lui no. Parlare a lungo di sè stesso lo metteva in imbarazzo e le battute le faceva solo ad Ermal, o quando era in sua compagnia. Gli trasmetteva serenità. Gli dava la sensazione di poter essere sincero con lui, sempre libero di dire e fare quello che pensava.

«Non ce la facevo più con tutte quelle domande!» aveva sbuffato Ermal buttando la testa all'indietro. Fabrizio era seduto accanto a lui, la macchina li stava portando nuovamente in albergo dove avrebbero dovuto fare le valigie per andar via da Sanremo.
Quella sera era passata talmente velocemente che i due non avevano ancora metabolizzato il fatto che da lì a poco si sarebbero dovuti salutare. Si erano precipitati nelle loro stanze per fare le valigie velocemente, Fabrizio aveva piegato accuratamente tutti i suoi vestiti per stenderli nella valigia subito dopo, aveva dato un'ultima occhiata a quella stanza e si era chiuso la porta alle spalle lasciando lì dentro tutti i ricordi che quei giorni avevano caratterizzato le sue giornate.
Ermal non aveva ancora finito probabilmente, dato che si erano dati appuntamento fuori dall'ascensore ma di lui non c'era nessuna traccia. Fabrizio aveva trascinato la valigia fino alla porta di stanza del suo compagno, trovandola socchiusa. Aveva bussato ugualmente sentendo un leggero «Avanti.» pronunciato dal suo amico.
In realtà non ebbe la certezza che qualcuno avesse parlato dato che ciò che aveva sentito sembrava quasi un suono lontano.
«Ermal sei ancora così?» aveva esclamato entrando. I vestiti erano posati sul letto e il riccio era seduto accanto a loro rivolto verso la finestra. Fabrizio si era avvicinato velocemente piazzandosi davanti a lui.
«Che c'hai?» gli aveva domandato preoccupato prima di inginocchiarsi davanti a lui e passargli una mano sotto l'occhio catturando una delle tante lacrime che cadevano incessamente da quei pozzi neri. Ermal aveva riempito la bocca d'aria, sbuffando subito dopo senza parlare, poi aveva passato i palmi delle sue mani sugli occhi per evitare alle lacrime di scendere ancora. Le mani di Fabrizio erano sulle sue ginocchia in modo tale da reggersi e guardarlo bene negli occhi. Quelli rossi di Ermal avevano puntato per qualche secondo gli occhi grandi del moro per poi abbassarli velocemente.
Fabrizio si era seduto accanto a lui, gli aveva messo una mano sulle spalle e aveva fatto posare la testa di Ermal sul suo braccio, accarezzandogli i ricci come d'abitudine.
«Che succede piccolè?» gli aveva chiesto passando la mano libera sulla sua gamba facendo dei piccoli cerchi con le dita.
«Non vuoi parlà? Va bene, ti aiuto un po' qui okay?» si era alzato lasciando una carezza sulla sua guancia e aveva piegato al meglio i suoi vestiti trasportandoli nella valigia distesa per terra.
Ermal lo guardava con la coda dell'occhio mentre si muoveva velocemente nella sua stanza da una parte all'altra. Si sarebbe voluto alzare per aiutarlo ma l'unica cosa che riusciva a fare era sospirare e cercare di fermare le lacrime. Fabrizio era capace di prendersi cura di chiunque, piuttosto trascurava sé stesso per gli altri. Ermal era completamente rapito dalla sua persona, dal modo in cui si prendeva cura di lui.
Se ne era accorto già due giorni prima, quando era stato male e lui l'aveva sorretto, aiutato e salvato.
I pensieri di Ermal si fermarono quando il telefono di Fabrizio iniziò a squillare. Gli aveva rivolto un sorriso prima di rispondere e portarsi il telefono all'orecchio.
«Ciao amore di papà.» lo sentii dire, un sorriso sincero aveva contornato il suo viso.
«Si amore, papà torna tra qualche ora e ti strapazza di baci.» si era passato una mano sugli occhi, emozionato al solo sentire la voce della sua bambina.
«Come non vuoi i miei baci? Allora li darò tutti a Libero.» anche Ermal sorrise a quelle parole immaginando una bambina di quattro anni arrabbiata con il padre che stava sempre fuori per lavoro.
«Ciao campione.» aveva salutato anche il figlio più grande.
«Grazie, anche papà ti vuole bene. A stasera, ciao piccoli, vi amo.» aveva chiuso il telefono con ancora un sorriso compiaciuto sul volto.
«Sei un bravo padre.» aveva sussurrato Ermal alzandosi per mettere le ultime cose in valigia.
«Grazie.» aveva risposto imbarazzato.
«Sei un bravo padre, sei un bravo cantautore, un bravo amico.» si era avvicinato a lui «C'è qualcosa che non ti riesce alla perfezione?» aveva domandato retorico senza aspettarsi effettivamente una risposta per poi circondare l'uomo con le sue braccia facendosi sfuggire nuovamente qualche lacrima.
Fabrizio l'aveva stretto a sé ed Ermal aveva incastrato la testa nell'incavo del suo collo. Poteva sentire le lacrime che bagnavano la sua pelle ed ancora non ne capiva il motivo fino a quando Ermal non aveva iniziato a sussurrare al suo orecchio.
«Non saprei come ringraziarti Fabri, dall'altra notte in cui mi hai accudito come se fossi un cucciolo, ti sei preso cura di me, mi hai rialzato quando sarei solo voluto crollare, sei un pilastro ed io non so come farò d'ora in poi senza di te.» si era staccato leggermente dall'abbraccio tenendo le braccia ancorate ai suoi fianchi e gli occhi incastrati in quelli di Fabrizio.
«Sei riuscito a salvarmi in pochi giorni, con te ho imparato mille cose e tu me le hai insegnate senza rendertene conto, sei speciale ed io non voglio perderti.» aveva passato una mano sul suo viso accarezzandolo «Dimentichiamoci ciò che è successo l'altra notte altrimenti sarà un problema per la nostra vita privata, per la tua soprattutto, io non voglio che tu abbia problemi a causa mia ma sappi che il tuo tocco mi mancherà come l'aria per tutte le giornate in cui non ci sarai.» aveva concluso e Fabrizio l'aveva stretto nuovamente in un abbraccio poi l'aveva guardato negli occhi ancora arrossati.
«Non voglio vederti più piangere Ermal, vederti stare male mi fa impazzire e ricordati sempre..» aveva sorriso avvicinando le labbra alle sue «Quello che succede a Sanremo, rimane a Sanremo.» aveva fatto scontrare le loro labbra infilando la lingua subito dopo, scoprendo ogni sapore della bocca di Ermal per l'ultima volta.

Sono tornataaa, tanti auguri di buona Pasqua anche se in ritardo! Spero che la storia vi stia piacendo😊 Vi ringrazio per tutti i commenti, adoro leggerli! Ci sentiamo al prossimo capitolo, un bacio immenso😘

In fondo siamo umani. ||MetaMoro.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora