19.

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Ermal non era riuscito a tornare a casa quella notte, aveva camminato per le strade di Milano poi si era seduto a pensare su una panchina per poi tornare a camminare senza una meta precisa.
Le parole del romano l'aveva colpito, nel vero senso della parola. Sentiva la sua voce arrabbiata e delusa, riecheggiare nella sua testa. Pensava a quanta verità ci fosse nelle parole che aveva pronunciato.
Lui che di parole ne aveva sempre detto ben poche, si era lasciato andare alle più grandi confessioni che poteva fargli.
Il riccio non sapeva se esserne felice o dannatamente triste. Ma si sa che in certi casi, ciò che prevale è sempre l'idea negativa e nella sua testa passavano solo le frasi peggiori. Non poteva sopportare di averlo rovinato, come aveva detto lui, dato che il suo unico intento era sempre stato quello di volerlo vicino, ad ogni costo.
Ma infondo come poteva non biasimarlo?
L'aveva sorretto e aiutato, gli aveva asciugato le lacrime e l'aveva ascoltato, aveva fatto chilometri solo per stargli vicino e lui l'aveva ripagato in quel modo.
Sperava in cuor suo, di non averlo perso, sperava di poterlo riabbracciare come due semplici amici, di poterlo prendere in giro, di accarezzarlo, di baciarlo.
Sperava che quell'inconveniente non avrebbe messo in pericolo la loro partecipazione all'Eurovision, altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato.
Ogni giorno gli balenava in testa l'idea di chiamarlo, per sapere come stava, se si era calmato, se dentro di lui c'era ancora un affetto nei suoi confronti.
Non l'aveva fatto però.
Erano passati due giorni dal concerto e il solo pensiero che Fabrizio lo odiasse lo faceva star male. Non era come quando non lo sentiva ma sapeva comunque di poter contare su di lui. Questa volta era diverso, sapeva di non poterlo sentire. Sapeva di aver commesso un errore e che non poteva più tornare indietro ormai, l'unica cosa che poteva fare era prendersi le sue responsabilità.
Il giorno prima del concerto del primo maggio, però, aveva avuto un'illuminazione.
Aveva pensato di chiamarlo, solo per chiedergli di duettare con lui il giorno dopo.
Sarebbe stato bello poter cantare 'Non mi avete fatto niente' ad un evento del genere diceva a sé stesso, anche se l'unico motivo della sua proposta era averlo vicino per poter parlare e chiarire una volta per tutte.
Aveva fatto un respiro profondo prima di far partire la chiamata.
Il telefono squillava di continuo, fino a quando quel rumore fastidioso cessò, segno che Fabrizio aveva accettato la chiamata, nonostante Ermal percepiva solo un fastidioso silenzio.
«Pronto?» aveva azzardato con voce incerta.
Dall'alta parte del telefono si sentì solo un verso di consenso.
«Ti disturbo?» domandò ancora il riccio portandosi una mano sui capelli.
«Dimmi Ermal.» aveva ordinato il moro, senza nemmeno un saluto.
Ermal aveva sospirato, convinto del fatto che la sua proposta non sarebbe andata a buon fine. Si era accorto dell'astio ancora presente nella voce di Fabrizio.
«Domani devo suonare al concerto del primo maggio a Roma, se vuoi venire a cantare 'non mi avete fatto niente' mi farebbe molto..» si bloccò qualche secondo per deglutire il groppo di saliva che gli era rimasto in gola «piacere.» sussurrò sedendosi mentre aspettava impaziente che la voce di Fabrizio gli dicesse che non c'era alcun problema.
«Devo andare al mare con la mia famiglia.» aveva detto rimarcando le ultime parole.
«Ah okay.» rispose cercando di mantenere la calma «Allora ci vediamo a Lisbona.» disse provando a sorridere, con scarsi risultati.
«Ciao.» il moro attaccò subito ed Ermal si lanciò a peso morto sul letto.

Stava male senza di lui, era più che evidente. Il concerto del primo maggio non era andato nel migliore dei modi, Ermal aveva quasi perso la voce a causa della lunga passeggiata della notte prima con addosso solo una t-shirt nel freddo gelido che Roma si portava ancora dietro.
Cantava 'mi salvi chi può' consapevole del fatto che l'unico che poteva salvarlo in quel momento era troppo lontano da lui, ma non fisicamente.
Oltre al dolore alla gola, non stava per niente bene anche mentalmente. La testa gli scoppiava sempre di più, nonostante si fosse imbottito di medicine. Si ripeteva continuamente che doveva solo aspettare qualche giorno e l'avrebbe rivisto, finalmente. Avrebbero passato dieci giorni insieme ed Ermal avrebbe avuto tutto il tempo per parlare con Fabrizio e farsi perdonare.
I giorni li aveva passati a pensare a quando l'avrebbe rivisto. Così anche all'aeroporto di Lisbona, mentre aspettava l'arrivo del romano, la sua testa viaggiava a come sarebbe stato. La vibrazione del suo telefono l'aveva momentaneamente risvegliato dai suoi pensieri, segnando l'arrivo di un messaggio.

Da Fabrizio:
Le telecamere mi stanno già seguendo, vedi di far sembrare come se non fosse successo niente, non voglio ulteriori problemi.

Il viso di Ermal era diventato ancora più pallido di quanto non fosse già.
Aveva respirato faticosamente a lungo fino a quando non l'aveva visto arrivare.
Camminava lentamente come se volesse arrivare il più tardi possibile di fronte a lui.
Quando però gli fu a pochi centimetri, lo circondò con le braccia ed Ermal rimase per un secondo spiazzato prima di godersi la splendida sensazione di avere nuovamente il cuore a battere contro il suo.
Fabrizio piegò la testa leggermente, nonostante avesse esplicitamente detto che avrebbe finto davanti alle telecamere, il suo cuore diceva esattamente il contrario.
Ermal lo sentiva battere forte, come se da lì a poco gli potesse uscire dal petto.
Dopo essersi staccato il moro non l'aveva nemmeno guardato negli occhi, aveva salutato tutti gli altri e nel tragitto verso l'albergo si era posizionato il più lontano possibile da lui.
In ascensore Ermal avrebbe voluto parlargli ma purtroppo era talmente sovraffollato che quasi gli mancava l'aria.
«Ma l'hai vista quella in ascensore?» sorrise Fabrizio mentre parlava con uno dei suoi chitarristi.
«Che gran bel pezzo di gnocca.» continuò mentre Ermal cercava di seguire il suo discorso senza farsi notare.
«Non iniziare ad innamorarti a destra e a manca.» gli rispose il suo collega, ridendo subito dopo.
«Beh, una botta gliela darei.» Fabrizio fece finta di pensarci su «Magari stanotte potrei farci un pensierino.» rise e il suo sguardo finalmente si posò su quello di Ermal, poco più dietro di lui.
«Bisogna essere d'accordo in due per poter sviluppare qualcosa.» l'aveva provocato il riccio, visibilmente infastidito.
«Da come mi guardava non credo ci sia bisogno di parole, basteranno i fatti.» il moro aveva sorriso beffardo, lasciandogli uno sguardo truce solo per infastidirlo ulteriormente. Aveva lasciato in camera la valigia per poi tornare al piano di sotto per le prime interviste.
Tutto era filato liscio, Fabrizio camuffava bene il suo vero stato d'animo ed Ermal cercava di seguirlo come poteva.
Non appena furono liberi dai giornalisti, il romano sparì di colpo per rifugiarsi nella sua stanza, era parecchio stanco ma il vero motivo della sua fuga era il non volere avere a che fare con il ricciolino almeno per quella notte.

Il secondo giorno a Lisbona era iniziato con il sole che filtrava dalle finestre, Fabrizio aveva stropicciato gli occhi appena la sveglia aveva rimbombato per tutta la stanza e svogliatamente si era alzato per una doccia. Non aveva assolutamente voglia di iniziare quella giornata, si sarebbe volentieri sdraiato sul letto per poter dormire tutto il giorno.
«Buongiorno.» gli aveva detto il riccio quando si era seduto al tavolo per la colazione. Aveva risposto con un cenno della testa prima di alzarsi per prendere un piatto e avvicinarsi al buffet.
Ermal lo vide parlare con una ragazza, anzi, lei rideva e lui parlava sorridendo di tanto in tanto.
«Vado ad aiutarlo con l'inglese.» disse l'interprete andando in suo soccorso sotto lo sguardo vigile di Ermal.
Fabrizio si faceva tradurre le parole della ragazza per poi salutarla con due baci ed un abbraccio e tornare al tavolo.
«Me sa che me trasferisco qui.» rise con l'interprete prima di addentare la brioches alla marmellata.
Lo sguardo di Ermal l'aveva fatto rabbrividire per un secondo, ma aveva subito fatto finta di niente continuando a parlare di tutte le belle donne che avrebbe ancora dovuto incontrare.
«Io e te stasera parliamo, non me ne frega un cazzo se non mi vuoi ascoltare. Dopo la cena vieni in camera mia e non ti lamentare perché mi sto già rompendo le palle di questa situazione.» gli si avvicinò prendendolo per un braccio prima di uscire dall'hotel per poi superarlo e camminare velocemente verso il resto della troupe.

Ecco un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Il prossimo capitolo ci sarà una piacevole sorpresa (spero), intanto ditemi che ve ne pare di questo. Un bacio e grazie per tutti i commenti e le stelline✨😘

In fondo siamo umani. ||MetaMoro.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora