20.

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Ermal era salito nella sua camera subito dopo la cena, a differenza di Fabrizio che se ne stava tranquillo a chiacchierare al tavolo con un bel bicchiere di vino rosso.
Aveva salutato tutti poco dopo e con tutta la calma del mondo era arrivato nella sua stanza. Si era svestito ed era entrato in doccia, stare in giro per tutto il giorno era stato fin troppo stressante.
Si era cambiato, una maglietta nera, dei pantaloncini e si era diretto verso la camera di Ermal.
Aveva bussato prima che il riccio aprisse la porta per farlo entrare.
«Dov'eri?» domandò il riccio con una punta di fastidio nella sua voce, era più di un'ora che aspettava.
«Stavo a chiacchierà con la bulgara.» disse mentendo spudoratamente «Che me devi dì?» aveva poi esordito entrando in stanza. L'albanese aveva sbuffato, portandosi una mano sui capelli per calmarsi ed evitare di sbraitargli contro.
«Che ti ha detto la bulgara?» chiese incuriosito.
«Che te frega, dimme quello che me devi dì e basta.» disse, la voce calma e rauca come al solito.
«Volevo chiederti scusa se ti ho fatto del male, ma posso finalmente affermare che hai ragione Fabrì. È stato tutto un grande sbaglio, abbiamo fatto una cazzata ma si può ancora tornare indietro, a te piacciono le donne e l'ho notato e pure a me.» fece una piccola pausa.
«Sei geloso?» chiese il romano, un leggero sorriso nel volto stanco.
Gliel'aveva fatta pagare ma non vedeva l'ora di poterlo riabbracciare, era fiero di essere, per una volta, colui che si poteva permettere di prenderlo un po' in giro.
«Puoi portarti a letto chi ti pare.» aveva sussurrato il riccio più per sè stesso che per lui.
«Non confondermi con te.» aveva sputato il moro puntando il suo sguardo in quello del più piccolo.
«Quindi gradirei tornare come eravamo prima.» concluse Ermal, evitando di rispondere alle parole precedenti del suo collega. Il discorso che si era preparato nella sua testa era molto più convincente delle quattro parole che gli erano uscite, sembrava quasi come se avesse perso l'uso della parola.
«A prima quando?» rise Fabrizio prendendolo in giro «Prima che mi baciassi? Prima che mi facessi un pompino? O prima tipo quando non morivi di gelosia al vedermi con qualcun altro che non fossi tu?» chiese avvicinandosi pericolosamente con uno sguardo capace di farti vibrare anche l'anima.
Ermal rimase interdetto ad osservarlo, i suoi occhi a scrutare quelli dell'altro come se dallo sguardo potesse percepire ogni suo singolo pensiero. Era senza parole, non era abituato a mentire soprattutto con qualcuno capace di capirlo solo attraverso uno sguardo, come Fabrizio.
Non era facile dirgli che quelle parole erano solo il frutto di una rivalsa, solo il pensiero di colui che avrebbe voluto vedere Fabrizio solo tra le sue braccia.
«Quindi credi sia meglio dimenticare tutto e fare come se non fosse successo niente?» il romano riprese a parlare, con quel tono traballante e lussurioso che avrebbe mandato chiunque fuori di testa.
«Si.» aveva sussurrato il riccio abbassando la testa ma facendo un passo in avanti verso il moro, come se le sue gambe non fossero collegate al cervello. Fabrizio aveva annuito prima di scattare verso il suo corpo e baciare le sue labbra avidamente, infilando subito la lingua nella bocca dell'altro.
«Perché non ti stacchi?» domandò sulle sue labbra, un sorriso beffardo.
«Sei un coglione.» sussurrò il riccio tornando a baciare le sue labbra come se da esse dipendesse la sua vita. Portò le mani sul suo viso, poi le fece scendere sul collo, sui fianchi fino a sfiorare i lembi della sua maglietta. Con il suo aiuto gliela sfilò, staccando le sue labbra solo per gettarla per terra. Scese subito a slacciare i pantaloni neri che il moro scalciò insieme alle scarpe.
«Posso?» domandò il moro tenendo per i lembi la maglietta dell'altro prima di poterla sfilare per la prima volta.
«Puoi.» sussurrò sorridendo prima che Fabrizio agisse. Lo baciò nuovamente, spingendolo con il corpo verso il letto.
Lo fece sdraiare e si posizionò sopra di lui facendo vagare le mani sul petto diafano del riccio. Passò la mano su uno dei suoi pettorali poco accentuati accarezzando con il pollice una cicatrice su di esso che fece mugolare il riccio.
«Come te l'hai fatta?» sussurò guardandolo negli occhi.
«Sono i segni del mio passato.» rispose, la voce spezzata dall'eccitazione.
«Ne hai altre?» chiese con una dolcezza che a Ermal fece impazzire, tant'è che si sporse per accarezzare il suo viso, annuendo in completo silenzio.
«Dove?» chiese ancora. Al solo pensiero che Ermal avesse sofferto così tanto in passato gli venivano gli occhi lucidi, sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per salvarlo da tutto ciò che di male la vita gli aveva regalato gratuitamente.
In tutta risposta lo fece scendere da sopra di lui, girandosi poi a pancia in giù mostrando la visuale della sua schiena bianca che presentava una serie di cicatrici di diverse dimensioni.
«Piccolo.» biascicò prima di portare delicatamente le dita ad accarezzare i segni, facendo sussultare il ragazzo al suo tocco.
Si bloccò di scatto, con la paura che fosse un gesto troppo azzardato toccare le cicatrici che l'avevano fatto soffrire.
«Continua Fab.» sussurrò prima che il romano portasse nuovamente l'indice e il medio ad accarezzare la sua pelle segnata.
Le tracciò con il pollice per poi avvicinarsi ulteriormente e baciarle delicatamente facendo riempire il corpo del riccio di brividi.
«Fab.» lo chiamò piano.
«Si?»
«Vieni, sdraiati un attimo.» battè la mano sul materasso accanto a lui, rimanendo sdraiato di schiena con il viso sul cuscino rivolto verso quello dell'altro.
«Prima che possa accadere qualsiasi cosa volevo dirti delle cose.» sussurrò con gli occhi lucidi «Sono stato un coglione al forum, lo so.» iniziò sospirando.
«Ermal non ne parliamo, è acqua passata.» rispose abbassando lo sguardo mentre il suo cervello mandava le immagini di quella notte come se fossero delle scene di un film.
Non era assolutamente passata in cuor suo, ma non voleva che quel momento potesse essere rovinato da cose che, purtroppo, ormai erano accadute.
«No Fab.» allungò la mano accarezzandogli la barba con il pollice «Ascoltami.» disse prima che il moro annuisse rassegnato.
«Quando ho visto Silvia nel backstage non sono riuscito a non baciarla, era bella come sempre e mi mancava davvero tanto, così non ci ho pensato due volte.» sospirò mentre teneva lo sguardo fisso in quello di Fabrizio che lo ascoltava in silenzio «Quando sono entrato in lei non mi sono sentito appagato, anzi, vedevo solo te. Ti ho immaginato triste nel vedermi lì con lei e sono scappato per cercarti.» il moro sorrise nonostante quel racconto non gli facesse del tutto piacere. «Quando mi hai urlato contro, ti avrei voluto abbracciare per dirti che quella scopata mi è servita per capire dopo mesi che non riesco a starti lontano, che per quanto possa cercare altre labbra, le tue hanno il sapore che mi manda in estasi.» si avvicinò per baciarlo, cercò di staccarsi ma il moro lo tirò verso di sé, costringendolo a reggersi sulle braccia.
Ermal gli mise le mani sul viso per poi tenerlo dal collo portandolo a sdraiarsi su di lui. Le labbra di Fabrizio passarono sul suo petto, che prese a baciare e mordicchiare, soffermandosi sui capezzoli che leccò avidamente.
«Bizio.» mugulò gemendo.
«Come mi hai chiamato?» chiese alzando la testa.
«Bizio.» ripeté ricevendo un bacio a fior di labbra. Scese con le mani fino a slacciare la cintura, sfilarla e gettarla in terra. Poi con un gesto secco tirò giù jeans e boxer.
Di rimando Ermal portò le mani a coprirsi le parti basse, arrossendo violentemente subito dopo.
«Hei piccolo.» sussurrò baciandogli le labbra «Non ti vergognare.» prese ad accarezzare la sua coscia.
«Non vuoi?» chiese impacciato, non sapeva nemmeno lui come e cosa fare.
Il riccio liberò il suo membro tirando Fabrizio per un braccio facendolo nuovamente stendere su di lui e mise le mani dietro il suo collo per baciarlo avidamente in segno di consenso.
Portò le mani lungo la sua schiena fino ad arrivare ai boxer che fece scendere lungo le gambe, accarezzando poi il suo sedere, sentendo l'erezione del moro premere contro la sua si lasciò andare a gemiti rochi.
«Quanto sei bello.» sussurrò Fabrizio scendendo con le labbra sul suo collo, leccando ogni parte di pelle fino ad arrivare poco più su dell'anca. Mordicchiò la pelle prima di succhiarla avidamente lasciandogli subito dopo un segno violaceo.
«Ti prego.» mugulò prima che il più grande avvolgesse il suo pene nella mano, iniziando a fare movimenti lenti che divennero pian piano sempre più veloci.
Il riccio venne poco dopo sulla mano dell'altro e sul suo stomaco, con il viso grondante di sudore e un'espressione di piacere sul volto.
«Hai i preservativi piccolè?» domandò il moro.
«Apri il cassetto, c'è anche il lubrificante.» rispose a fatica.
«Che te ne fai del lubrificante?» chiese rigirandoselo tra le mani mentre il riccio assunse un'espressione come a dire 'ti aspettavo'.
Il moro rimase in piedi a guardare quell'uomo disteso nel letto che aspettava solo lui, il viso bagnato dal sudore faceva ricadere i riccioli sulla fronte, gli occhi ardevano di desiderio e vederlo così nudo davanti a lui gli faceva venire una voglia matta di possederlo.
«Non guardarmi così, Bizio.» disse passandosi una mano sul viso, vergognandosi tremendamente.
«Come te lo devo dì che sei bellissimo?» tornò a cavalcioni sopra di lui facendo scontrare nuovamente le loro labbra in un bacio dolce e delicato.
Si staccò dalle sue labbra per cospargere la sua mano di lubrificante sotto lo sguardo eccitato ma allo stesso tempo preoccupato del ricciolino.
«Ti vuoi muovere?» ridacchiò cercando di sciogliere la tensione.
«Abbiamo un riccio impaziente.» disse passandogli la mano pulita sui ricci prima di avvicinare l'altra nella sua apertura. Accarezzò il suo ano con il dito, per passargli il lubrificante, poi inserì di colpo una falange.
Gli occhi di Ermal si strinsero a quel contatto e il moro rimase immobile nell'attesa di un suo consenso, era la prima volta per entrambi con un uomo e non gli avrebbe mai fatto del male nonostante la voglia di averlo fosse tanta.
Passarono pochi secondi quando iniziò a muoverlo lentamente per poi aggiungere un altro dito, accompagnato dai gemiti soffocati dell'albanese. Dopo averlo preparato uscii da lui e fece per mettere il preservativo ma l'altro lo bloccò.
«Non metterlo, voglio sentirti.» sussurrò.
Il moro obbedii, prese le gambe del riccio e se le portò sulle spalle giustificandosi con un «Voglio vederti negli occhi, almeno saprò se soffri e potrò fermarmi.» che fece addolcire il ragazzo sotto di lui che lo tirò a se per baciarlo nuovamente.
Dopo aver lubrificato la sua apertura e il suo membro si posizionò tra le sue gambe avvicinandosi con la punta. Non appena ci fu un minimo contatto, il buco del riccio si restrinse automaticamente, senza che lui se ne accorgesse.
«Piccolè.» sussurrò Fabrizio, accarezzando le sue gambe «Tranquillizzati okay? Non farò niente contro il tuo volere, se ti faccio male me lo dici subito.» lo rassicurò «Rilassati, ti fidi di me?» chiese senza ottenere risposta «Ti fidi di me piccolè?» domandò nuovamente ed il riccio annuì semplicemente, sopraffatto dalla paura.
Anche Fabrizio aveva paura.
Cercava di non darlo a vedere, dalla sua bocca uscivano solo parole di conforto che probabilmente servivano più a lui che a Ermal. Era sempre stato così, il bene di coloro a cui teneva era più importante del suo. Vedere Ermal star bene, faceva star bene anche lui.
«Sono mesi che aspetto di fare l'amore con te.» sussurrò baciando la gamba del riccio sulla sua spalla.
«Voglio sentirti Fab, vai.» il più piccolo parlò lentamente preparandosi psicologicamente.
Il moro sospirò prima di posizionarsi nuovamente ed entrare solo per metà nel riccio che urlò rovinosamente dal dolore.
«T'ho fatto male?» domandò preoccupato prendendo ad accarezzare le sue gambe con entrambe le mani per lasciarci di volta in volta dei baci.
Ermal annuì leggermente, una lacrima solitaria scese dal suo occhio destro che Fabrizio catturò subito con il pollice.
«Non ti preoccupare, sta passando.» cercò di sorridere per poi scattare con il bacino, facendo affondare il pene del moro dentro di lui.
Passarono svariati secondi e Fabrizio sentii le pareti di Ermal rilassarsi attorno a lui, segno che ormai si era abituato alla sua intrusione. Si lasciò scappare un sospiro di sollievo, il peggio era passato. Sorrise, prima di iniziare a muoversi lentamente regalandosi e regalandogli un piacere incontrollabile. Con il passare del tempo le spinte si fecero più forti, Ermal non riusciva nemmeno con tutto il controllo possibile a non gemere dal piacere e Fabrizio si beava di quel suono soave come musica per le sue orecchie.
«Aaahhh Bizio.» urlò quando la mano del moro afferrò la sua erezione e prese a fare su e giù a ritmo delle sue spinte. Ad ogni colpo alla prostata, Ermal urlava il suo nome come se lo facesse volare fino al paradiso per poi riprenderlo tra le sue braccia.
«Sto venendo Bì.» sussurrò quando la sua prostata fu colpita con maggior frequenza.
Fabrizio si chinò verso di lui, inglobando completamente la sua erezione in un gesto veloce, succhiando leggermente per poi sentire il seme del collega dentro la sua bocca.
Si riversò subito dopo dentro di lui e sfinito si accasciò al suo fianco. Si voltò verso di lui, per osservarlo attentamente.
«È stato..» sussurrò senza riuscire a resistere dal baciare le sue labbra arrossate.
«Perfetto.» la frase fu terminata dal riccio che prese spazio sul petto di Fabrizio circondando i suoi fianchi con le braccia.
Baciò il suo petto, accarezzando leggermente il suo addome con dei movimenti circolari delle dita.
«Sai piccolè» bisbigliò baciando i suoi capelli e passandoci una mano per accarezzarli «Non volevo dirti che mi hai rovinato la vita.» disse accarezzando la sua schiena.
«Lo so.» sussurrò l'altro stringendolo più forte.
«Me l'hai cambiata si, ma in meglio. Sono un altro da quando ci sei tu.» disse mentre il riccio si era spostato nell'incavo del suo collo e lo stava baciando e mordicchiando dolcemente.
«Sai Biziè che forse mi sono innamorato?» sussurrò leccando il suo pomo d'adamo.
Il romano lo prese per i glutei portandoselo sopra disteso, accarezzò la sua schiena e il suo sedere baciando la testa appoggiata sul suo petto «Me sa che me so' innamorato anche io piccolè.» disse circondando con le braccia la sua schiena, stringendolo forte a sé.
Le gambe tra le sue, il petto contro il suo e i cuori a battere all'unisono per una notte speciale, caratterizzata solo da tanto, troppo amore.

In fondo siamo umani. ||MetaMoro.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora