28.

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Erano stati tre giorni pieni, intensi.
Entrambi era come se fossero rinati.
Nessuno stress, nessun concerto, nessun urlo, solo tanta pace e tanto relax.
Erano arrivati al concerto di Assisi con uno spirito diverso. Il sorriso stampato sul volto e il cuore strapieno d'amore.
Si erano salutati quella stessa notte, entrambi dovevano partire per i loro impegni e non gli restava solo che promettersi di rivedersi il più presto possibile.

Si erano rivisti parecchie volte, tra eventi e scappatelle. Di certo, non perdevano nessuna occasione per stare insieme.
In vista dell'estate piena di concerti, ogni momento era buono per amarsi prima che non si vedessero più per settimane.

Luglio era ormai finito, Ermal era passato a Milano prima di rivedere Fabrizio dopo che probabilmente non sarebbe riuscito ad incontrarlo per un po'.
Voleva passare nella sua casa, salutare i suoi soliti amici.
«Parto domani mattina presto così sono tutto tuo.» gli aveva detto al telefono sorridendo al solo pensiero di rivederlo.
Si sentiva un ragazzino alla prima cotta, ancora non si capacitava del fatto di aver trovato un amore del genere. Lui che di vero amore ne aveva avuto solo uno, lui che non si sarebbe mai aspettato di poter provare qualcosa per un uomo.
Si ritrovava invece a pensarlo in ogni minuto della giornata, a domandarsi cosa stesse facendo, come stava, se lo pensava almeno un minimo di quanto lo pensasse lui.
«Io sto partendo adesso.» aveva risposto il romano già in partenza.
Aveva deciso di partire la sera prima lui, in modo tale da dormire tranquillamente almeno per una notte. Era felice di rivedere il suo Ermal. Il ricordo dell'ultimo mese lo faceva impazzire, aveva perso il conto di quante volte avessero fatto l'amore in pochi giorni, troppo spinti dalla passione e dalla voglia di volersi sempre di più.
Ermal non provava nemmeno più dolore quando Fabrizio entrava in lui, ormai quasi abituato alla sua solita e impeccabile intrusione.
Poi gli ripeteva sempre le stesse parole "Non mi stancherò mai di sentirti dentro di me" ed il romano andava totalmente fuori di testa, nemmeno lui si sarebbe mai stancato di stare dentro Ermal.

Il riccio era appena arrivato a Milano, il grigiore nel cielo anche d'estate non gli permetteva di godersi a pieno quella città. Quella sera sembrava più triste e malinconica di sempre, Ermal aveva quasi paura delle sensazioni che stava provando quel giorno.
Quel brutto presentimento non aveva niente a che fare con le emozioni che l'avevano invaso poco prima, quando aveva sentito la voce calda di Fabrizio al telefono.
Cercò di aggrapparsi al pensiero di vederlo l'indomani per non cadere nel tranello in cui il destino stava cercando di buttarlo.
Era entrato nella sua vecchia casa, ancora abitata da Silvia. Lui aveva lì parecchi dei suoi vestiti, ma lei gli aveva comunque concesso di tenerli nel loro armadio per il momento.
«Ciao Ermal.» gli aveva sorriso abbracciandolo, lui aveva semplicemente ricambiato prima che lei continuasse a parlare «Puoi sederti? Devo parlarti.» aveva detto felice ed il cuore di Ermal aveva iniziato a battere più veloce, non per l'emozione, per la paura.

Erano le 22:30 quando Ermal aveva corso sotto ad una violenta pioggia estiva nel vano tentativo di non bagnarsi per arrivare alla macchina.
Quando chiuse lo sportello e il suo corpo fu avvolto dal calore della sua auto, lasciò andare la testa all'indietro. I capelli erano fradici e le gocce scendevano lungo il suo viso accompagnate subito dopo da impetuose lacrime. Si passò le mani sotto agli occhi cercando di cacciarle via, almeno per il momento e con un po' di fatica mise a fuoco la strada davanti a lui.
Le parole di Silvia gli rimbombavano nella testa come un mantra, stentava a crederci.

Il viaggio sembrava più lungo del solito, non appena quel pensiero gli attraversava la mente, le lacrime ritornavano a scendere.
Perse il conto delle volte in cui si era sentito obbligato ad accostare in una piazzetta per evitare un grave incidente dovuto all'offuscamento della vista.
Cercava di calmarsi, beveva un po' d'acqua e poi tornava in autostrada, più veloce di prima.
Se solo avesse avuto una soluzione ad ogni problema, non si sarebbe ridotto così.
La testa gli faceva male, continuava a pulsargli senza sosta nonostante nella macchina ci fosse un silenzio assoluto, solo il rumore della pioggia sui vetri.
Eppure anche quel lieve suono lo infastidiva.

Quando accostò finalmente la macchina fuori dalla loro abitazione, rimase qualche minuto fermo dentro il veicolo.
Il cuore non cessava di battere velocemente, le mani gli tremavano e gli occhi erano tornati a diventare completamente bagnati dalle lacrime.
Era sceso dalla macchina, ancora poco sicuro di voler dire tutto a Fabrizio.
Ma infondo cos'altro poteva fare?
La pioggia non cessava di scendere e così di bagnare nuovamente i capelli ed il corpo di Ermal. Non gli importava della pioggia né delle lacrime. Non gli importava di niente.
Nemmeno che fossero le 2 di notte e lui si era presentato lì senza preavviso.
Rimase fuori dalla porta per un tempo indefinito prima di suonare ripetutamente al campanello, aveva un bisogno matto di vederlo, di guardarlo negli occhi.
Passarono svariati minuti prima che la porta si aprisse lentamente.
Fabrizio era a petto nudo, i suoi occhi erano ancora leggermente chiusi, i capelli avevano una forma scomposta e le labbra erano leggermente socchiuse dallo stupore.
«Ermal?» chiese in un sussurro «Che ci fai qui?» disse prima di focalizzare meglio la figura davanti a lui «Oh Ermal!» aveva alzato la voce prendendolo per le spalle per farlo entrare nell'abitazione evitandogli la pioggia cessante che lo aveva reso fradicio.
Riprese a piangere disperatamente cercando invano di soffocare i molteplici singhiozzi che uscivano incessantemente dalle sue labbra.
«Che cazzo è successo Ermal?» domandò entrando in panico, una mano a cacciare via le sue lacrime e l'altra dietro le sue spalle per condurlo sul divano.
Lui rimase in piedi e lo osservò dall'alto, il riccio si mise le mani sul viso passandole sui capelli.
«Ti prego Ermal» disse piano «Dimmi cosa sta succedendo, ti prego.» sussurrò, anche la sua voce stava diventando debole alla vista del ragazzo di fronte a lui in quelle condizioni.
«N-on ce la f-faccio.» biascicò, la bocca sembrava non collaborasse con il suo stato d'animo e Fabrizio aveva tardato a capire quello che avesse detto.
«Calmati Ermal, non posso fare niente se non mi dici che succede.» si inchinò sulle ginocchia posando le mani sulle gambe di Ermal per reggersi.
Il riccio alzò lo sguardo verso il suo e a Fabrizio gli si congelò il sangue.
Gli occhi di Ermal erano rossi dal pianto, il suo viso completamente bagnato e il solo rumore che riecheggiava nella stanza era dovuto ai suoi singhiozzi.
«Ti prego Ermal parla.» chiese dolcemente passandogli una mano sul viso «Mi stai uccidendo così.» biascicò.
«Posso chiederti una cosa prima?» gli chiese a bassa voce, quasi inesistente.
«Certo piccolè.» aveva risposto, in quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
«Dammi un bacio, per favore.» sussurrò prima che il moro si alzasse di poco e fece aderire le labbra con le sue.
Ermal aveva passato la lingua sulle sue labbra, spingendola nella sua bocca, bisognoso di sentirlo il più possibile forse per l'ultima volta.
Il gusto delle lacrime salate si era insidiato nelle labbra di Fabrizio che si era momentaneamente staccato, tornando alla posizione precedente.
Il respiro dell'albanese si fece più affaticato e la gamba aveva riiniziato a tremare.
«Silvia.» disse piano e delle lacrime scesero sulla mano di Fabrizio che sospirò affranto.
«È incinta.» mugulò tutto d'un fiato «Aspettiamo un bambino.» la sua voce era rotta dal pianto, tremante e incrinata.
Le lacrime scendevano ancora più veloci, non aveva nessuna intenzione di fermarle né di aggiungere una minima parola.
Aveva abbassato lo sguardo, non riuscendo a sopportare quello del moro sul suo, poi lasciò andare qualche lamento di disperazione dalla bocca.

Non dico niente, parlate voi!❤️

In fondo siamo umani. ||MetaMoro.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora