18.

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Camminava a vuoto per le strade di Milano, il leggero vento scompigliava i suoi capelli e causava una miriade di brividi lungo la sua schiena. I passi talmente veloci da fargli sentire un dolore fitto ai polpacci, a cui momentaneamente non dava peso.
Si accese una sigaretta e posò la schiena ad un muro, consapevole del fatto che camminare senza una meta non gli avrebbe di certo fatto ritrovare Fabrizio.
Prese il telefono dalla tasca e con la mano tremante aveva fatto partire la chiamata, uno squillo, due, tre e poi la segreteria telefonica. Aveva sbuffato per poi ripetere la stessa azione di pochi secondi prima mentre si domandava cosa avesse fatto per meritarsi quel comportamento nei suoi confronti.
'Prima o poi avrebbe dovuto rispondere' ripeteva a sè stesso ritentando nuovamente a chiamarlo. Quando aveva quasi perso le speranze una voce dall'altra parte del telefono lo fece sussultare.
«Che cazzo vuoi Ermal?» esordì e gli occhi di Ermal si assotigliarono d'istinto a quelle parole.
«Fabrì dove sei?» chiese, facendo finta che quelle poche parole non l'avessero ferito prima di percepire un'altra coltellata al cuore quando sentì le successive.
«Non sono affari che ti riguardano, lasciami in pace Ermal.» rispose ed il riccio percepì delle altre voci in sottofondo.
«Ma che ti ho fatto Fabrì? Dimmi dove sei, ti prego.» sussurrò le ultime parole mentre sentiva gli occhi inumidirsi.  Non si dava una spiegazione logica a quelle risposte eppure non ribatteva come avrebbe fatto in qualsiasi altra circostanza, era rimasto calmo forse in fondo era consapevole di avergli fatto, indirettamente, del male.
Una risata amara fu l'unica cosa che percepì, poi il rumore di un bicchiere sbattuto su una superficie.
«Vattene a fanculo Ermal.» pronunciò e non sentii più niente, segno che aveva chiuso la chiamata.
Riprese a camminare per poi ritrovarsi nuovamente davanti al forum, si sedette per terra e portò le mani sui capelli scompigliandoli un po'.
Pensò che se fosse stato così arrabbiato non era andato poi così lontano. Passò davanti a dei bar dove si intravedevano le persone che bevevano e scherzavano fino a quando non si fermò davanti ad uno con le vetrate scure che non permettevano di vedere al suo interno.
Quando fu dentro il suo sguardo saettò sulla sua figura seduta su un divanetto e sorrise istintivamente nel vederlo. Era seduto scomposto, come sempre, mentre parlava con un ragazzo poco più giovane di lui, in mano aveva un bicchiere di vino e con l'altra gesticolava animatamente.
«Fabri.» l'aveva chiamato ma il casino che c'era nel locale non gli aveva permesso di sentirlo. Si era avvicinato ancora di più al tavolo, posizionandosi subito dopo davanti a lui sedendosi nella sedia libera.
Il suo nuovo amico aveva guardato prima Fabrizio e poi Ermal e solo allora il moro si era accorto della sua presenza.
«Cosa ci fai qui?» aveva domandato, il suo tono di voce faceva trasparire tutta la rabbia che portava dentro.
«Ma che hai Fabrì? Non sembri nemmeno tu.» si fece uscire dalla bocca e gli occhi del moro si spalancarono, non era ubriaco anzi era completamente lucido. Aveva bevuto solo due o tre birre e poi aveva passato il tempo a parlare con il suo nuovo amico di quanto facesse schifo la sua vita in quel momento.
«Non sembro nemmeno io? Ti senti quando parli?» aveva borbottato puntando i suoi occhi incazzati in quelli quasi spaventati del riccio.
«Non ti sto capendo.» borbottò Ermal.
«Ah sei tu che non mi capisci? Sono io, che non ti capisco Ermal! Forse ho sempre pensato di capirti ma di te non ci ho mai capito un cazzo!» urlò e Giulio, il ragazzo con cui Fabrizio stava parlando poco prima, si alzò lasciandogli una pacca sulla spalla e si allontanò per lasciarli parlare da soli.
Il riccio rimase inerme a quelle parole così forti che gli erano state sputate addosso forse troppo velocemente.
«Adesso ti chiedo di andartene e lasciarmi in pace.» finì di dire Fabrizio con la voce ormai rauca.
«No, fin quando non mi dici cosa è successo.» lo sguardo di Ermal sembrava più sicuro.
«Allora me ne vado io.» il moro si alzò dalla sua posizione ma venne bloccato dalla presa del riccio sul suo polso.
«Non toccarmi.» buttò fuori con prepotenza le parole prima di strattonare il braccio dalla sua presa ed uscire dal bar, lasciando venti euro sul bancone.
Ermal lo seguì velocemente fuori urlando il suo nome ripetutamente.
«Fabrizio ti fermi cazzo!» urlò un ultima volta prima che il romano si fermasse e tornasse indietro, verso di lui. Prima che potesse sputargli addosso tutti gli insulti che si stava mentalmente preparando, Ermal lo precedette.
«Devi solo dirmi cosa ti prende, poi me ne vado.» abbassò il tono di voce quando era ormai a pochi passi da lui.
«Hai anche il coraggio di chiedermi cosa ho? Dimenticavo il fatto che mentre te stavi a limonà a quella non ti sei accorto che io te stavo aspettando da du ore solo per darte n'abbraccio.» urlò mentre due ragazzi che passavano si girarono a guardarli.
«Davvero Fabrì? È per questo?» domandò stupito «Mi avevi detto che ognuno avrebbe vissuto la sua vita indipendentemente dall'altro e adesso non mi parli perché mi hai visto limonare con la donna che ho amato per nove anni?» chiese retorico.
«L'ho detto due mesi fa!» cercò di giustificarsi rimanendo in piedi di fronte a lui.
«Non ti capisco Fabrì, sei stato tu a dirmelo.» disse piano, con più calma.
«Non capisci un cazzo Ermal.» borbottò, voltandosi per andarsene «Ora lasciami stare, vattene.» continuò senza alzare la voce come pochi minuti prima.
«Perché fai così? Non ti capisco, ti giuro.» si lamentò il riccio superandolo per posizionarsi nuovamente davanti a lui.
«Perché sì Ermal, perché tu non puoi nemmeno immaginare come io mi sia sentito quando ti ho visto con lei, quando le tue mani accarezzavano i suoi fianchi e la tua lingua si muoveva ritmicamente con la sua, non sai che in questi due mesi mi sei entrato talmente dentro che al solo pensiero di immaginarti con qualcun'altro che non sia io mi fa andare fuori di testa.» sospirò per riprendere fiato «Due mesi fa non mi tremava il corpo quando ti avevo vicino, non mi diventavano gli occhi lucidi solo a guardarti, non mi batteva il cuore quando mi sfioravi.» parlò piano, non permettendo a sé stesso di mostrarsi debole davanti ai suoi occhi.
«È che m'hai rovinato Ermal, oggi ti avrò rovinato la giornata con questa scenata ma tu m'hai rovinato del tutto.» si avvicinò a lui piano per buttargli addosso tutto il dolore che lo stava divorando «M'hai incasinato il cervello, la vita privata e pure la carriera, perché per buttare giù due righe mi vengono in mente solo gli occhi tuoi.» la voce gli tremava così come le mani che si alzavano e si muovevano senza alcun senso nell'aria.
«Te la sei scopata Ermal?» domandò poi ed Ermal sgranò gli occhi, stupito da quella domanda troppo privata e delicata.
«Rispondimi cazzo.» Fabrizio tornò ad alzare la voce ed Ermal indietreggiò leggermente «Te la sei scopata si o no?» ripeté nuovamente ormai sopraffatto dalla rabbia e dalla delusione.
In tutta risposta l'albanese aveva accennato un 'sì' con la testa e prima che potesse dire qualsiasi altra cosa, il moro l'aveva preceduto.
«Quindi te lo chiedo per l'ultima volta, vattene via, lasciami da solo perché devo recuperare la vita che tu mi hai preso e ti sei portato via.» si era voltato di spalle e aveva ripreso a camminare, convinto del fatto che il riccio non l'avrebbe più seguito questa volta.
L'aveva guardato un'ultima volta prima di allontanarsi da lui, ciò che lo stava uccidendo dentro senza il suo consenso.

Scusate la lunghezza infinita del capitolo e la presenza di numerosi dialoghi ma volevo far capire per bene lo stato d'animo di Fab. Ho scritto molto di getto e probabilmente ci saranno degli errori, scusatemii. Spero vi sia piaciuto, vi aspetto al prossimo capitolo!😘

In fondo siamo umani. ||MetaMoro.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora