Capitolo 18. Lasciami fare come se non fosse amore

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Firenze 4/08/2017

Domani si parte per le vacanze, Ignazio ha insistito tanto per vederci prima delle vacanze, dice che deve parlarmi.

Dopo la storia dell'altra sera il figlio della proprietaria, Alberico, è tornato a Parigi, dove lavora di solito e la signora mi ha detto che era turbato, lui era turbato. Certe persone andrebbero prese a calci in culo per chilometri affinché capiscano il vero turbamento e il dolore. Non so se parlarne ad Ignazio di questa cosa, vorrei, vorrei dirglielo per sfogarmi, ma penso che lo agiterei soltanto e non ne vale la pena completamente.

Raccolgo un po' di roba dal mio armadio, i miei mi aspettano per andare a Saint Tropez, per raggiungere il resto della famiglia. I miei zii hanno delle villette li e spesso ci troviamo tutti in famiglia per passare le vacanze insieme.

Infilo tutta la mia roba bohemien e la roba super luccicante in valigia, shorts di pizzo, kimono di seta, canotte che lasciano tutte le grazie per aria, i miei costumi che di pudico hanno ben poco.

Controllo che non manchi nulla, domani quando Ignazio andrà via io prenderò un taxi per andare in aeroporto.
Sono felice di partire, anche se continuo a pensare al respiro di Alberico sulla mia pelle, al suo viso eccitato e allo schifo che ho provato e che continuo a provare.
Infilo il beauty case in valigia, mancano solo spazzolino e dentifricio da aggiungere domattina prima di partire.

Aspetto Ignazio sul divano, mentre faccio zapping, ad Agosto la tv non regala nulla di straordinario, a parte i film di Rosmunde Pilcher. Mangiucchio un po'. Ignazio arriva tardi, sono quasi le 8, gli apro e lo aspetto vicino alla porta, stranamente è a mani vuote, lui ha sempre qualcosa in mano quando arriva,fiori, vino, vecchi vinili. Stavolta ha il viso scuro e le mani vuote, grandi e frenetiche.

"Ciao."
Gli sorrido, evitando di saltargli addosso, anche se vorrei con tutta me stessa.

"Daph."
Mi dice con un cenno della testa.

"Ehi, che succede?"
Gli chiedo preoccupata, non è da lui.

Mi guarda con un faccino incomprensibile.

"Clara..."
Mi fissa mentre lo dice.

"Oh merda, ha scoperto di noi?"
Gli chiedo.

"No, vieni."
Ci sediamo insieme sul divano, lo vedo, ha lo sguardo basso e si massacra le mani, continua a sfregarle e a schioccare le dita.

Lo lascio così, non voglio insistergli, deve parlarmi lui. Mi metto comoda sul divano, tiro le ginocchia al petto e ci poso la testa su.
Lui prende un respiro profondo e mi guarda.

"Sto cercando le parole migliori, è da un'ora che giro qui sotto per cercarle, ma comunque la formulo esce male."
Mi dice alzando appena lo sguardo su di me.

"Dimmela anche con le parole peggiori. Così mi metti soltanto ansia."
Gli dico dalla mia posizione.

Mi sento lo stomaco che brucia, lo sento rivoltarsi e iniziare a farsi a pezzi, maledetta ansia.

"Alla fine di tutto, Clara, o meglio, io...."
Mi dice abbassando nuovamente la testa.

"Cosa?"
Chiedo fissandolo.

"Noi ci sposiamo tra venti giorni."
Mi dice in un soffio impercettibile.

Resto come uno stoccafisso a guardarlo, sento gli occhi riempirsi di lacrime, sento un caldo anomalo nel corpo. Vorrei saltargli addosso, picchiarlo a non finire e dargli testate, sfregiarlo, ma resto immobile.

"É per questo che non sei venuto per tutto questo tempo?"
Gli chiedo con calma.

"Si, ero impegnato,mi voleva accanto per le scelte."
Mi dice lui.

"Si, capisco. Beh, allora auguri, è così che si dice no?"
Gli chiedo cercando di tenere le lacrime salde e la voce ferma.

"É così che si dice."
Mi dice lui piano.
"Volevo però dirtelo prima che uscisse la notizia sul giornale."
Mi dice lui.

"Grazie, però potevi anche scrivermelo via mail, e conservare questo viaggio."
Dico sollevandomi e sentendo lo schifo che sentivo qualche settimana fa, quando Alberico mi metteva le mani addosso.

"No, certe cose non si dicono per via scritta, vanno dette a quattro occhi. Lo so che ora ci stai male, ma è meglio così Daphne. Credimi, andando avanti non so se avrei mai trovato il coraggio di mollare Clara, e non so se noi vicini saremmo mai stati una vera coppia."
Mi dice lui.

"Si, non potevamo, tu in giro chissà quante fan avresti avuto nel tuo letto e io sarei morta di gelosia."
Gli dico dandogli le spalle.

Non appena mette una mano sulla mia spalla scatto e urlo.

"Noo, no."
Urlo fissandolo, e inizio a tremare e le lacrime che ho tenuto dentro fino ad ora sgorgano sul mio viso, mi accovaccio a terra e singhiozzo.

Si siede vicino a me e mi stringe.

"Scusa, ti ho scombussolato la vita."
Mi sussurra baciandomi la testa.

"Tre settimane fa mi hanno violentata..."
Sussurro liberando l'ennesimo peso. Mi sento leggera ma il mal di testa si fa spazio, diventando martellante.

Lo sento mollarmi, le mani le sento ma è molle, l'ho stravolto.

"Come violentata. Perché non me ne hai parlato subito?"
Mi chiede.

"Aspettavo venissi, queste cose non si scrivono."
Dico imitando il suo discorso.

"Hai sporto denuncia?"
Mi chiede.

"No, e non lo farò. Starò meglio al ritorno da Saint Tropez."
Dico divincolandomi e alzandomi da terra.

Raccolgo le lacrime in un pugno e respiro profondamente.

"Tu, ne sei sicura?"
Mi chiede.

"Sicurissima."
Dico aprendo la finestra e prendendomi una soffiata d'aria calda in faccia.

Ci guardiamo per qualche minuto in faccia.

"Vuoi che resti per farti compagnia?"
Mi chiede lui.

"No, da questo momento in poi le relazioni le voglio solo con chi è solo mio."
Gli dico fiera.

Lui mi fissa e mi sorride, viene ad abbracciarmi.

"Sei forte, sei una delle persone più belle mai conosciute nella mia vita, spero avrai successo, e se hai bisogno di un orecchio amico, di una mano o di un consiglio. . ."

Lo interrompo

"Troverò la mano alla fine del mio braccio, un consiglio nella mia testa e mi parlerò da sola al alto volume. Sarai solo una voce che esce dallo stereo, da quando uscirai da quella porta."
Gli dico.

Resta visibilmente male.

"Buona vita."
Mi dice deluso.

"A te, e congratulazioni, in anticipo."
Dico accompagnandolo alla porta.

Mi fissa su quel ciglio, e chiudendo gli occhi lo rivedo sorridente quella prima volta e sento il profumo di quei ranuncoli, impressi nella mia memoria.

Scuoto la testa e lo vedo farmi un cenno con la mano, alzo la mia.

Chiudo la porta e con le spalle poggiate ad essa scivolo fino a toccare con il sedere il pavimento.

«Maledico il giorno che ci ha unito, e questo che ti vede andare via, non mi rimane che un saluto,abbasserò la testa e così sia.»
Canto dentro me questa canzone di Massimo Di Cataldo, addormentandomi sul pavimento.

Eeeeeh non abbiate voglia di uccidermi lo avevate capito sin dall'inizio!
Questo è il penultimo capitolo ce ne sarà uno domani o martedì!
Baciassimo LilM

Se a mani vuote di te non so più fare |Ignazio Boschetto| COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora