Quella sera tornammo a casa tardi, eravamo entrambi stanchi ma felicissimi. Quando fummo vicini alla porta di casa Spencer mi prese in braccio“Spency…! Ma che fai?!”chiesi ridendo“ti porto in casa”rispose lui con semplicità aprendo la porta“si ma perché mi hai preso in braccio?” “beh, è la tradizione” “tradizione?” “si, sembrerebbe che le origini di questa tradizione siano davvero antichissime e che risalgano all'epoca romana. A quei tempi era molto facile credere all'esistenza di spiriti maligni. Quindi, onde evitare di far diventare la sposa una loro vittima, ecco nascere l'usanza di far portare in braccio la neo sposa, con ancora indosso il suo abito da sposa, dal suo consorte, sia per varcare l'uscio di casa che la porta della camera da letto dove sarebbe in salvo. Alcune leggende e superstizioni dicono che gli spiriti cattivi, qualora la sposa entrasse con le proprie gambe, potrebbero attaccare le sue scarpe eleganti indossate per l'occasione e impossessarsi di lei, provocando future sciagure e infelicità per la coppia. C'è ancora un'altra tesi invece che sostiene che la sposa debba essere portata in braccio per evitare che possa entrare in casa con il piede sinistro, considerato quello sbagliato e che porti sfortuna; e per evitare questo piccolo inconveniente ecco che lo sposo provvede ad aiutarla a varcare la soglia”spiegò varcando la soglia e io risi. Mi mise giù e io gli misi le braccia attorno al collo“lo sai che ti amo?”dissi“si, credo di averlo capito prima quando hai detto "lo voglio"”rispose lui e io sorrisi“bene”poi lo baciai“allora, conosci altre tradizioni?”chiesi“beh, in alcuni paesi la mattina dopo la prima notte di nozze le suocere si recano nell’abitazione per avere la prova, dalle lenzuola, della verginità della sposa che devono anche essere esposte alla finestra affinché amici e parenti ne testimonino la purezza”rispose e io sorrisi“fortuna che qui non è così…se no le nostre madri sarebbero molto deluse”dissi, poi lo baciai ancora. Andammo in camera e, come da tradizione, passammo un'indimenticabile prima notte di nozze. Avevo davvero tutto quello che si poteva desiderare, e non l'avrei lasciato andare mai.
Partimmo per la luna di miele il giorno dopo, diretti a Tokyo. Le foto del matrimonio mio e di Spencer erano già ovunque su internet e in qualsiasi rivista scandalistica esistente. Dicevano tutte che era stato un matrimonio magico, che sarebbe dovuto succedere prima e chiedevano quando avremmo messo su famiglia, e, francamente, allontanarmi per un po' dalla pressione di avere un bambino che facevano i giornali per me era un toccasana. Fortunatamente avevo Spencer. Lui non mi faceva pressioni e diceva che quando fossi stata pronta e avessi voluto un bambino bastava dirlo e c'avremmo provato insieme, logicamente. Le due settimane a Tokyo furono favolose! Il posto era bellissimo ed era una realtà completamente diversa dalla nostra, inoltre feci incetta di manga e anime, dato che li ho sempre adorati. Ma la parte che mi piacque di più fù il fatto che, per una volta, sapevo qualcosa che Spencer non sapeva: parlare giapponese, lingua che io avevo imparato grazie a Babbel, santo Babbel! Anche se, sono sicura, dopo due giorni lui lo sapesse parlare meglio di me, non fece mai sfoggio delle sue abilità e lasciò che io parlassi con le persone, il che mi rendeva felice, e mi faceva innamorare di lui sempre di più.
Il giorno del nostro ritorno a casa fù insieme triste, perché adoravo il Giappone, e felice, perché tornavo nella casa che amavo, col ragazzo che amavo, a fare il lavoro che amavo. Avevo subito riniziato a lavorare quindi non passavo molto tempo a casa, ma neanche Spencer perché, chissà come mai, tutti i pazzi in circolazione avevano deciso di iniziare ad uccidere proprio quando tornammo dalla luna di miele. E quando tornavamo a casa eravamo entrambi stanchi morti e c'addormentavamo di botto, senza quasi parlarci, e francamente questo iniziava a stancarmi.
Spencer sarebbe tornato a casa quel pomeriggio e io mi ero tenuta apposta il pomeriggio libero per poterlo passare con lui. Quando tornò a casa era stremato. Sprofondò sul divano senza neanche salutare“hey, sei tornato, non mi hai salutato”dissi entrando in sala“tutto bene amore? Sembri distrutto”dissi sedendomi accanto a lui. Lui si stropicciò gli occhi e si mise a sedere“scusami, è stato un caso pesante”disse mettendomi un braccio attorno alla vita e appoggiandomi la testa sulla spalla. Io gli accarezzai i capelli“tranquillo, non sono arrabbiata. Ti va di parlarne?”chiesi dandogli un bacio sulla testa e lui annuì. “27 uomini trovati uccisi, tutti con modi diversi, per questo non sono mai stati collegati. La detective Smanil ha ripreso in mano i fascicoli e ha trovato un collegamento: tutte le vittime erano sposate con una minorenne. Alla fine è venuto fuori che l'assassina era una ragazza di 16 anni che uccideva i mariti su commissione delle mogli. Non si faceva neanche pagare, voleva solo aiutarle a liberarsi dai loro mariti, e io l'ho messa in prigione, quando quelli che devono andare in prigione sono quei maiali. Mi sento un po' uno schifo”raccontò e io lo strinsi a me“Spency…mi dispiace tanto” “anche a me…a volte il mio lavoro è proprio ingiusto”disse“si, a volte fa schifo. Ti lascio riposare, sogni d'oro tesoro”dissi dandogli un bacio sulla testa, poi mi alzai ma lui mi prese per la vita e mi fece risedere“no, sto bene, resta, non passiamo quasi mai tempo insieme. Incredibile, sei mia moglie e ti vedo meno di quando eravamo solo fidanzati!”disse e io sorrisi“si…si è vero…ma se sei stanco meglio che tu dorma. Passeremo un po' di tempo insieme domani, promesso” “certo…poi domani mi squilla il telefono e devo volare a Seattle per non so quanto…poi torno e tu sei impegnata a girare qualche film e non passiamo neanche un secondo insieme…mi sembra ottimo…un bellissimo modo per passare il resto delle nostre vite…”disse stendendosi sul divano e guardando il soffito“si…in effetti hai ragione…ok, ma solo 10 minuti”dissi, poi mi stesi vicino a lui. Lui mi mise le braccia attorno alla vita e si accoccolò a me come un gatto. Io gli accarezzai la testa“ti amo”bisbigliai al suo orecchio e lui sorrise“ti amo anch'io”bisbigliò in risposta. “Abby…”disse dopo circa due ore; erano le 8, c'eravamo addormentati sul divano“mmh?” “mi dispiace” “per cosa?” “volevo passare del tempo con te e invece mi sono addormentato”disse abbassando lo sguardo. Io gli presi la testa tra le mani e lo costrinsi a guardarmi negli occhi“non importa. Infondo era quello che volevo facessi, e il fatto che tu l'abbia fatto con me è ancora meglio”dissi e lui sorrise“Abby…sei assolutamente la migliore…ti amo più di qualsiasi cosa. Te lo giuro, domani sarà una giornata solo per noi, ne telefoni, ne SI, ne scene da registrare, solo noi”disse“mi sembra ottimo”poi lo baciai“vado a fare la cena”dissi provando ad alzarmi, ma lui mi ritirò sul divano“lascia stare. Ordiniamo una pizza. Resta ancora un po'”disse e io sorrisi“ringrazia che Gianfranco fa anche consegne a domicilio. Chiamo subito, aspetta due minuti”dissi, poi presi il telefono. Ordinai le pizze poi tornai a stendermi vicino a lui, che mi strinse a sé, come se non volesse lasciarmi andare, e io mi accoccolai a lui.
STAI LEGGENDO
Come ti insegno ad amare || Spencer Reid [COMPLETA]
FanfictionIniziata nel 2018. Finita nel 2018. Da revisionare in futuro. Abby si è appena trasferita in America quando viene rapita da un serial killer convinto che sia la moglie morta. Ma è proprio grazie a questa disavventura che Abby conosce l'affascinante...