One.

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Il caffè sembrava non venire piú su ed io,  seduta sul divano, osservavo la caffettiera, come se fissarla la spingesse a muoversi.

Dal piano superiore sentivo mio padre trafficare con le valigie e gli ultimi arnesi da bagno che sarebbero serviti nella nuova sistemazione.

Ancora non capivo per quale motivo mio padre avesse deciso, con cosí tanta fretta, di lasciare Toronto per trasferirsi nella piccola cittadina di Rocksville.

Al pensarci storsi le labbra, infastidita da quella decisione e dal nome della cittá.

Dalle poche cose che ero riuscita a trovare, avevo scoperto che Rocksville era famosa per l'enorme montagna di scogli, proprio sopra l'oceano, che donavano il nome alla cittá. Inoltre la famiglia piú importante, i Rocks, vivevano lí da un cenitinaio d'anni.

Era una cittá storica e molto rudimentale.

Dalle foto di Google Earth si potevano ammirare le piccole villette a schiera con il tetto a punta e i mattoni rossi.

Non mi piacevano, proprio per niente.

Preferivo la mia casetta gialla canadese, preferivo le grandi vie e il centro commerciale. Preferivo poter parlare anche francese, insieme a Carly, la mia migliore amica.

Mi alzai dal divanetto, ricoperto da dei sacchi di plastica, avvicinandomi alla caffettiera per spegnerla. Mi versai un po' di caffè nella tazza e cominciai a berlo.

I rumori dal piano superiore si facevano sempre più forti e capii che mio padre aveva quasi terminato.

Sbuffai, sentendo anche il cellulare suonare.

Sullo schermo dell' I-Phone apparve una mia foto con Carly, la persona che mi stava chiamando.

Ancora non mi capacitavo del fatto che a breve l'avrei lasciata. Ci saremmo lasciate.

Accettai la chiamata, restando in silenzio, attendendo che fosse lei a parlare per prima.

Non ero mai stata sentimentale, e questo Carly lo sapeva bene, ma al pensiero di dovermi separare da lei, sentivo un groppo in gola. Le lacrime agli occhi sembravano non riuscire a trattenersi.

"Ehi bellezza" disse lei, cercando di nascondere la tensione. Sorrisi nel sentire la sua voce cosí acuta e allegra.

"Carly" risposi, fingendomi entusiasta. Ormai le nostre telefonate erano diventate sempre piú frequenti, insieme alle uscite pomeridiane e serali.

In quella settimana eravamo uscite insieme tutti i giorni, chiacchierando del piú e del meno, senza peró toccare l'argomento Dana Deve Trasferirsi Per Chissá Quale Assurdo Motivo.

Preferivamo non parlarne ed evitare il tutto, pensando che il tutto fosse solo una pretesa assurda di mio padre e che una mattina di queste si sarebbe svegliato e avrebbe cambiato idea, ma non era successo.

Eravamo arrivate a quel punto, con mio padre al piano superiore a preparare le ultime cose e io in cucina. Mi ero categoricamente rifiutata di aiutarlo, sperando di fargli capire il mio disprezzo per questa sua decisione, presa per chissá quale motivo.

Non si era nemmeno sprecato a darmi una spiegazione. Semplicemente si era svegliato, una mattina, e mi aveva dato la notizia, sorridendomi allegramente, come se fosse una delle notizie più belle che una diciannovenne potesse ricevere.

Invece no. Ero corsa da Carly in lacrime, chiedendole di aiutarmi a non pensarci almeno per quella settimana, e lei lo aveva fatto. Ci era sempre stata e so che ci sará sempre.

Avevo conosciuto Carly esattamente quattro giorni dopo la mia nascita, e lei aveva nove mesi; le nostre madri si conoscevano da una vita e questo ci aveva aiutato a diventare ció che eravamo.

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