Seven.

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Dal balcone di camera sua Kevin Rocks osservara la scogliera e le onde dell' oceano infrangersi contro di essa. Gli scogli marmorei brillavano sotto la luce della luca, illuminando la distesa d'acqua sotto di loro.

In posizione eretta sembrava quasi una statua di marmo, Kevin Rocks. Respirava raramente, tenendo lo sguardo fisso davanti a lui. La bocca e lo sguardo rigido, aspettava la visita di qualcuno.

Sentiva le urla di Dana Walker, insieme alla sua paura e, raramente, sorrideva soddisfatto nel sentire tutto quello.

Sapeva quanto fosse speciale quella ragazza e lui la voleva tutta per sè.

"Kevin; è arrivato" la voce di sua madre lo fece voltare. Osservó la figura femminile davanti a lui. Non sembrava una donna di quarantatre anni, no. Era giovane, bella, come tutti i Rocks. Persino sua nonna non dimostrava l'etá che aveva, nemmeno la sua bisnonna.

Sorrise al pensarci. Vivevano tutti lí da un centinaio d'anni e, nonostante tutti conoscessero il loro piccolo "segreto", non potevano fare nulla per fermarli, ma sapevano che l'unico problema era Dana.

Quella ragazza racchiudeva dentro di sè tanta di quella forza vitale da poterli tenere in vita ancora per molto, ma loro potevano fare ben poco.

"Grazie mamma, fallo accomodare" rispose Kevin, con voce pacata. La Signora Rocks annuí, rientrando nella stanza seguita dal figlio.

Seduto dietro la grande scrivania di legno d'acero c'era un uomo.

Aveva due grandi occhi azzurri, contornati da pesanti occhiaie violacee.

"Ci rivediamo, Paul" disse Kevin Rocks, accomodandosi davanti a lui.

"È sempre un piacere rivederla, signor Rocks." rispose Paul, fissando l'uomo davanti a lui.

"Presumo tu sappia giá di cosa dobbiamo parlare, Paul." disse, serio, il sindaco della cittá. Paul annuí, lentamente. Kevin sorrise, socchiudendo gli occhi.

"Mi dica solo come devo procedere" Paul abbassó lo sguardo, troppo spaventato dall'espressione che stava assumendo il volto di Kevin. Non voleva farlo, ma doveva, ormai aveva giurato.

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Corsi ad infilarmi la giacca, la sciarpa e il berretto, decisa ad uscire da quella casa. Tremavo per la paura, terrorizzata da ció a cui avevo appena assistito.

Sentivo ancora il mio nome che veniva sussurrato e le pareti emanavano il freddo. Volevo andarmene, volevo uscire e correre via da questo posto.

Avevo bisogno di tranquillitá e sicurezza, sentendomi completamente spaventata e debole, sola e fragile, pronta a spezzarmi da un momento all'altro. Sentivo le gambe tremarmi, insieme alle mani. Ne allungai una verso la maniglia della porta, aprendola velocemente. Fui costretta ad indietreggiare un paio di passi, urlando spaventata e sentendomi il cuore in gola.

Mi ritrovai davanti alla soglia di casa il Sergente Maria, immobile a fissarmi. Restai in silenzio, troppo spaventata per pronunciare parola.

Cercai di nascondere la paura e sperai che non fosse accorso per le mie urla.

"Tutto bene, signorina Walker?" chiese, sorridendomi in modo maniacale. Annuii solamente.

"Lei chi è?" chiesi, fingendo di non conoscerlo. Il sergente ridacchió, sistemandosi con l'indice e il pollice le punte dei baffoni grigi.

"Il sergente Maria. Sono un ottimo amico di suo padre. È in casa?" chiese, protendendosi in avanti per cercare di guardare l'interno della casa. Mi limitai a scuotere la testa.

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