Twenty three.

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Cominciai a sentirmi sempre piú debole, il corpo molle e la testa pesante che, lentamente, ciondolava a destra e sinistra. Nelle orecchie sentivo un lieve ronzio, come se ci fosse una zanzara nelle vicinanze e questa avesse deciso di non lasciarmi stare.

Avevo paura, ma sapevo di non avere il pieno controllo delle mie emozioni, cosí come dei miei movimenti o pensieri. Volevo provare a ribellarmi, ma era come se una forza oscura mi stesse trattenendo dall'interno, costringendomi a fare ció che voleva lei, come se io fossi la sua marionetta e lui il mio burattinaio.

Avevo sottovalutato il potere del Kah Hanimae e in quel momento mi trovavo a pochi passi dalla morte. Mi sentivo una stupida, una bambina che aveva agito per ripicca, chiudendo nella sua camera gli amici antipatici che non le avevano detto ció che voleva sentirsi dire.

Ripensai a Carly. Alla nostra amicizia, ai momenti passati insieme. Alle passeggiate per le strade di Toronto, alle giornate di shopping e ai suoi commenti, principalmente frecciatine, sul mio pessimo gusto nella scelta dei vestiti, sempre troppo scuri e mai colorati. Ripensai alle giornate tra i banchi di scuola, alle battutine fatte contro i prof, ai messaggini con i suggerimenti durante le verifiche, agli intervalli passati nei bagni per farmi fumare.

Ripensai alle chiacchiere mattutine, composte da parole incomprensibili perché ancora troppo stanche, davanti alla macchinetta del caffé, dove lei amava prendere il suo thé caldo. Lei che mi accompagnava alle partite di Hockey, per farmi vedere Isaac giocare, mentre mi incoraggiava ad andarci a parlare. Eravamo sempre state indivisibili, persino da bambine, quando giocavamo a nascondino nel giardino dei suoi nonni; oppure quando ci intrufolavamo nell'orto della sua vicina di casa per rubare le fragoline di bosco.

Ripensai agli anni trascorsi insieme, a tutto. Era come una sorella per me e il pensiero di poterla perdere mi stava lacerando, corrodendo lentamente ogni singolo organo del corpo. Il pensiero di poterla perdere era anche piú straziante del fatto di essere controllata da un'ombra terrificante, e sapere che quest'ombra mi stava portando alla morte.

Il mio pensiero, in seguito, passó ad Harry. Cazzo, Harry. L'ultima espressione che avevo visto sul suo viso era quella di terrore, dopo aver sentito le mie parole. Nessun contatto. Nessuna presa per mano, nessuna carezza, nessun abbraccio. Nessun bacio.

Avevo sentito la sua voce ringhiare il mio nome, invece di sentirglielo pronunciare dolcemente, come faceva sempre. Se solo pensavo a come l'avevo conosciuto, mi veniva quasi da ridere. Mi aveva trovata stesa sul suolo erboso e secco del cimitero, dopo che avevo appena vissuto la sua morte.

La sua, era stata la prima di tutte.

Per quanto orribile fosse stata, ero quasi felice di aver vissuto la sua per prima. Sembrava quasi stesse a significare il legame che si era venuto a creare tra di noi. C'era sempre stato lui a salvarmi.

Mi aveva salvata dal sergente Maria, la mia prima sera a Rocksville. Ed era stato lui a riportarmi sempre a casa, prendendosi cura di me, dopo ogni svenimento. Come potevo dimenticarmi della sera in cui mi aveva salvata dal treno. Era sempre lí, pronto a salvarmi.

Ma in quel momento no.

Ripensai alle nostre prime parole, al pomeriggio passato nel bosco a chiacchierare e alla nostra prima cena insieme. Alle giornate passate con i ragazzi e a quelle passate da soli, a ridere e scherzare.

Al giorno in camera sua, al nostro Quasi primo bacio. Il suo respiro sul mio viso, ai nostri occhi incastrati e le nostre labbra che quasi si sfioravano. Ripensai al nostro primo bacio e a quanto straordinario fosse stato, mentre sentivo le sue labbra sulle mie, pronte a colmare quello spazio vuoto che sempre era presente.

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