LINDA
Scegliere di studiare infermieristica è stata la scelta più ovvia e naturale che potessi fare. Ho sempre sognato di dedicarmi alla medicina, le mie ambizioni miravano a facoltà un po' più impegnative, come l'odontoiatria o addirittura la neurochirurgia, ma la vita a volte non ti dà molte scelte, non è come te lo immagini, come te lo sogni e non ci rimane che accontentarsi di quello che possiamo avere. Non ho rimorsi però, assolutamente, amo la mia facoltà e la sceglierei altre mille volte.
La cosa che più preferisco in assoluto di questo corso è il fatto che oltre a svolgere la classica lezione in aula hai la possibilità, grazie ai tirocini, di effettuare ' esperienze lavorative ', mettere in qualche modo in pratica quello che hai studiato, metterti in contatto già da subito con la gente.
Ovviamente si tratta di esperienze che rimangono sempre entro certi limiti, non si può pretendere di fare chissà cosa in ambito lavorativo. Inizialmente, in effetti, non fai altro che giri e rifacimenti dei letti, cambio delle lenzuola e dare da mangiare ai pazienti che non hanno la possibilità di farlo da soli.
Tutte cose che spariscono di fronte ai sorrisi e alla speranza che i pazienti stessi ti danno. Sono proprio loro, la maggior parte dei quali anziani, che con la loro benignità, gentilezza, attraverso le loro storie di vita, e il loro passato riempiono i miei giorni di vita.
È questo il bello di un infermiere, penso, il riscontro emotivo, il legame che si instaura con le persone con cui hai a che fare quotidianamente.
Il primo di dicembre mi alzo alle 5.30, come faccio ogni giorno da un mese a questa parte, mi preparo in fretta ed esco. L'ospedale dove faccio il tirocinio si trova a un'ora di distanza, aggiungere poi il traffico di Brighton, sono quasi due ore di macchina ogni giorno.
Dopo essermi cambiata, prendo come sempre il mio caffè dalle macchinette e mi preparo mentalmente ad affrontare la giornata. Improvvisamente sento alcuni passi che si avvicinano, mi giro e vedo dottor Steve, medico responsabile del reparto di terapia intensiva, che sta prendendo anche lui il suo caffè mattutino. Mi sento sempre in imbarazzo quando parlo con lui. Ci salutiamo e con la gentilezza che sempre la caratterizza mi chiede se posso passare nella stanza 202 visto che è ancora presto e non sto facendo niente, finché non arriva l'infermiera incaricata a occuparsi del paziente. Dico, chiaramente subito di si, e vado in quel preciso istante.
Quando entro scopro che lì si trova il ragazzo che ha subito un incidente in moto qualche giorno fa e che ha allarmato tutti, soprattutto il dottor Steve. Sono in quell'ospedale da un mese ed è la prima volta che l'ho visto cosi preoccupato e agitato per un paziente.
A causa delle sue condizioni è stato per tre giorni in rianimazione. Non lo conoscevo, non l'avevo mai visto prima, ma tutti parlavano di lui (poverino, è così giovane, così bello, è un peccato...), le attenzioni sono rivolte soprattutto a lui in questo momento da tutti, pazienti compresi.
Mi fermo davanti al suo letto e lo osservo con attenzione mentre dorme in un sonno profondo, lo guardo ed è bello come dicono tutti, anche di più, e' così tranquillo, sereno, ma così pallido, che per un attimo mi spavento vederlo così.
Troppi ricordi...ti segnano!
Mi giro dall'altra parte e mi siedo vicino a quella finestra enorme. Tiro fuori il mio libro sull'anatomia del corpo, e cerco di leggere qualcosa, di concentrarmi, di distrarmi, ma non ci riesco.
Non passano nemmeno cinque minuti quando sento, anzi vedo quel ragazzo che si muove con fatica, tutto sudato. Mi avvicino velocemente e controllo se ha la febbre ma per fortuna sta bene.
Muove le labbra, cerca di dirmi qualcosa, ma non ha le forze per parlare, non capisco cosa dice finché non sento la sua voce. Avverto una strana sensazione sentendo quella voce, che quasi mi blocca.
"Acqua" dice di nuovo senza smettere di fissarmi. Mi riprendo e afferro subito la caraffa che si trova sul comodino e gli do da bere mentre il cuore mi batte all'impazzata e non capisco il perché di quel turbamento.
Esco in fretta a chiamare qualcuno e per fortuna in corridoio trovo un'infermiera che va subito ad avvertire dottor Steve. So che devo rientrare e accompagnarlo, non devo lasciarlo da solo in un momento così delicato per lui, ma non ci riesco, non so cosa mi ferma. Non ho il coraggio di entrare e far fronte a quella apprensione, se così si può definire.
Aspetto ansiosa in corridoio finché non arriva il dottore accompagnato dall'infermiera, con in mano gli esiti di alcuni esami. Una volta dentro sto un po' in disparte, sento quello che dice il dottore con gli occhi per terra, evitando, senza un vero motivo, d'incontrare il suo sguardo ma non ci riesco, ogni volta che alzo gli occhi vedo lui che mi fissa e il cuore mi si ferma.
Sono decisamente fuori di testa!
Una volta rimasti soli mi sforzo in tutti i modi a dirgli qualcosa di sensato, consolarlo in qualche modo alla notizia di stare lì altre 2-3 settimane, cosa che non ha preso bene, ma soprattutto di non sembrare di nuovo strana, una demente, ma non so se ci riesco.
Chissà cosa penserà di me?