Capitolo 3

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Sono le 7:30. Riporto tutti i cani alle loro case e i loro padroni mi danno la mia paga. Torno a casa, prendo lo zaino che avevo preparato ieri sera e mi incamminò verso la scuola. Sul marciapiede, gruppetti di ragazzi e ragazze parlottano tra loro o si limitano ad esistere. Incrocio Matilde per strada e ci avviamo assieme verso la scuola. Ci fanno radunare tutti in palestra per lo smistamento. Siedo vicina a Matilde, la mia nuova amica. Entra il preside e inizia col discorso.
« benvenuti al primo anno dell'università scientifica di Cagliari. Quando sentirete il vostro nome, andrete coi vostri nuovi compagni e la professoressa. »
Comincia a leggere i nomi.
«1°A»nomi, nomi, nomi
«1°B»nomi, nomi, nomi
Arriva finalmente alla 1°R
«1°R»
«Andrea Belli .
Luca Bellucci
Antonio Bonazzi
Michela Cerai
Roberto Cerai..... » nomi, nomi, nomi
«Veronica Palla» io! Il mio nome! Sono io!
Mi alzo incerta dalle gradinate, sorrido a Matilde come a dirle" sopravviverò! ", lei annuisce. Cammino incerta verso i miei nuovi compagni e la professoressa di italiano che ci guida verso la nostra aula.
Tutti sono abbastanza spaesati, è evidente che siamo tutti perfetti sconosciuti. Tutti tranne Roberto e Michela Cerai. Ma loro sono gemelli, quindi.....
Mi siedo in un angolo in fondo all'aula, dietro ad una ragazza bionda e accanto ad un ragazzo castano con gli occhiali.
«Ciao! » si gira la ragazza bionda
«Io sono Sara! Tu chi sei? » la sua voce infantile mi riporta a quando papà mi portava sulla spiaggia a giocare con Noemi.
«Veronica, piacere»
Sembra anche lei abbastanza timida. Deve pensare lo stesso di me perché dopo un po', entrambe siamo troppo imbarazzate per continuare la conversazione. Riporto la mia attenzione su chi mi sta attorno. Tutti ragazzi e ragazze che non conosco minimamente. Che presto saranno miei amici.

Sei ore passano veloci. Esco da scuola e racconto a Matilde la mia giornata. Ci avviamo assieme verso casa e parliamo dei nostri nuovi compagni di classe. Sembriamo due bambine. La accompagno a casa e poi torno a casa mia, dove Laura, che è arrivata prima, ha già preparato la pasta.
« com'è andata? »
«bene, mammina» le rispondo. Da piccole lei fingeva sempre di essere mia madre. Era il nostro gioco. Così, spesso la chiamo mammina. Ma lei non è solo mia sorella. È la mia migliore amica, la persona che non mi ascolta nemmeno per sbaglio quando mi devo sfogare, quella che mi chiama nanetta. Insomma, sì, forse è mia sorella.
Mangiamo assieme la pasta, poi lei esce di casa lasciandomi sola. Prendo il cellulare e chiedo a Matilde di uscire. Risponde quasi subito che non può, così decido di uscire da sola. Cammino un po' per le strade, aspetto el 16 per andare a prendere i cani. Vado al parco e mi siedo davanti alla fontana. Rimango per qualche minuto a guardare l'acqua, e nell'acqua i pesci. Diversi piccioni si facevano il bagno nella vasca poco profonda.
È ora di andare a prendere i cani. Domani è l'ultimo giorno di questo lavoretto. Poi mi concentrerò sulla scuola.

author's note

da notare come l'università nella mia testa somigliava molto alla prima media, ma ok.
baci
becks-

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