Capitolo 29

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Veronica's pov

Ieri ero convinta di aver tirato su di morale Sergio molto più di quanto in realtà ho fatto. Questa mattina, sua mamma gli ha detto che il funerale sarà domani. E come era prevedibile gli sono tornate alla mente tutte le cose brutte di questo periodo.
E ora è sul divano, non piange, non fa nulla. Guarda il soffitto e non mi lascia avvicinare. O almeno, non mi lascia fare nulla per tirarlo su. Decido comunque di fare l'ennesimo tentativo.
«Sergio, posso sedermi? » chiedo quindi, cercando di non apparire disperata
«preferirei di no, ma se proprio vuoi... »
E questa risposta la intendo come un "si, ti prego ne ho bisogno". Gli sollevo la testa dal bracciolo del divano e mi metto al suo posto. Tiro Sergio verso di me e gli faccio appoggiare la testa sulle mie gambe, accarezzando gli i capelli. Gli sorrido. Il suo sguardo incrocia il mio, ma l'espressione sul suo volto rimane triste e i suoi occhi pure. Allora anche io automaticamente mi rabbuio, ma il mio scopo è tirarlo su di morale, non renderlo più triste. Continuo ad accarezzargli i capelli finché non si rilazza almeno un po'. Quando cominciano ad informicolarmisi le gambe, sono costretta a sollevare di nuovo la testa di Sergio, che però questa volta si alza a sedere e mi tira a se.
«vuoi parlare? » gli chiedo mentre mi lascio stringere.
«bhe, dimmi» aggiungo prima che mi risponda di no.
«cosa dovrei dirti? Mio padre è morto ieri. E io ho anche avuto la sfacciataggine di venire fuori con te! » dice quasi urlando. Improvvisamente mi sento in colpa e realizzo che IO lo ho fatto uscire ieri sera. IO ho cercato di fargli passare di mente una cosa che IO avrei dovuto aiutarlo ad accettare. E sono IO quella che lo ha ridotto così pensando di aiutarlo e non facendo altro che infierire.
IO gli ho fatto credere di poter dimenticare.
IO sono quella che ha la colpa.
Realizzo tutto troppo velocemente. Mi libero dalle sua braccia e mi metto le scarpe velocemente , mentre lui mi fissa dal divano. Appena si accorge che sto uscendo di casa si alza per fermarmi, ma esco sulle scale e mi chiudo la porta alle spalle. Corro fino al garage comune del condominio, prendo la bici ed esco velocemente in strada, sento Sergio chiamarmi mentre corre giù per le scale. Solo mentre chiudo il garage mi accorgo che sto piangendo. Cerco di non farmi raggiungere da Sergio, che mi sta correndo incontro. Entro in strada con la bici e pedalo più veloce che posso, diretta verso casa di sua madre. Appena sono sicura di averlo seminato, rallento. Arrivo a casa della madre di Sergio e lascio la bici appoggiata al muro. Suono il campanello e quando la donna mi apre scoppio a piangere.
«cara, cosa ti è successo? » mi chiede preoccupata invitandomi ad entrare.
«Sergio ti ha fatto qualcosa? » mi chiede ancora.
«No!! Non lo farebbe mai! Sono io che ho fatto qualcosa a lui! » le rispondo veloce appena dubita del figlio. Sergio non mi farebbe mai nulla, non capisco come la sua stessa madre possa pensare una cosa simile. «e cosa è successo? » mi chiede
«ieri, quando è tornato a casa, era triste. Così ho cercato di tirargli su il morale. Lo ho portato in quello che per me è un posto speciale e per un po' ci siamo quasi dimenticati quello che è successo. Pensavo di averlo aiutato, ma questa mattina era più giù del previsto. Gli ho chiesto perché e mi ha risposto che ieri sera ha avuto la sfacciataggine di uscire dopo quello che era successo. E ho realizzato che sono io che ho cercato di tirargli su il morale e ho fallito. Ma IO sono quella che ha infierito. IO!! Non so come posso avergli fatto una cosa del genere, ma mi dispiace tantissimo. Mi è sembrato inappropriato rimanere lì con lui, quando il problema sono io, quindi sono venuta qui.... » rispondo velocemente, interrompendomi ogni tanto per riprendere fiato ed asciugarmi le lacrime.
«lo hai lasciato a casa? E non ha cercato di fermati quando te ne sei andata? »
«in realtà.. Si... » rispondo. E mentre rispondo realizzo che il vero sbaglio lo ho fatto ad andarmene.
«sai cosa devi fare? » mi chiede intuendo il mio pensiero.
«scusi per il disturbo » salito la donna uscendo di casa. Mentre chiudo la porta la vedo sorridermi.

Appena arrivo a casa, salgo le scale e mi fermo un attimo davanti alla porta. Poi busso. Non penso di aver mai bussato a quella porta, ma sento di doverlo fare. In fondo me ne sono andata senza dire niente mentre Sergio aveva bisogno di me. Sento scattare la serratura e la porta di legno si apre. Sergio appare sulla soglia. Non fa in tempo a vedermi che già gli sono al collo.
«scusami! Pensavo che farti scordare tutto per un po' potesse aiutarti! Mi dispiace davvero tanto! Davvero, so che è colpa mia per ieri sera! Ti prego, perdonami. Non me ne sarei dovuta andare, avevi bisogno che ti aiutassi ad accettare gli ultimi avvenimenti, invece io prima ho infierito e poi sono pure scappata. Scusami tanto, mi dispiace, non volevo» dico velocemente piangendo sulla sua spalla.
« non devi scusarti. Sono io che ti ho urlato contro, quando invece dovevo ringraziarti. Anzi. Grazie di essere tornata da me. » mi solleva e mi porta in casa, dove mi scarica al tavolo.
«ti ho fatto qualcosa da mangiare.. Se non ti dispiace restare, puoi anche accomodarti. »
«perché mi dovrebbe dispiacere restare? Sei tutto quello che ho, tutto quello che mi serve e tutto quello che voglio. Sono la persona più felice e fortunata che esista. »
«eppure piangi» dice asciugandomi una lacrima
«piango perché ti ho fatto del male e piango perché anzi che rimediare sono scappata. Ma se ora sorrido è perché ci sei tu» dico sorridendo

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