Capitolo XIV

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È passata una settimana da quando sono tornato in Sicilia.
La scorsa notte ho chiamato Giacomo. Mi mancava la sua voce, resa più metallica dal cellulare, raccontarci come abbiamo trascorso la giornata, ciò che ci è successo di buffo e riderci su. Mi mancava tutto di lui, anche se non lo avrei mai ammesso apertamente, orgoglioso come sono.
Ormai riconoscevo quello di pochi giorni fa come un momento di debolezza e non me ne volevo fare una colpa, non più. Il capitolo era chiuso, è stato il sesso dell'addio e non sarebbe più successo.
Non gli avrei mai detto nulla di ciò che avevo fatto, lo avrei fatto per lui e per me. Grande egoismo, il mio, perché sapevo di non poter perdere una cosa tanto bella quanto rara, ma lo nascondevo dietro l'intenzione di non farlo soffrire.

Il week-end in cui è più concentrata la festa è ormai arrivato e, da tradizione, ho previsto di trascorrere la giornata di Pasquetta con i miei amici.

"Confermato a casa mia" diceva il messaggio di Simone. Aveva invitato tutti in quella sua villa al mare.
Era un posto che pareva incantato.
Ci ero già stato molte volte, soprattutto perché lui adorava organizzare feste e vedere i suoi amici gettarsi a piombo nella sua piscina sul retro, circondata da alberi che proiettavano ombra sull'acqua azzurra.
Dall'ampio balcone della stanza patronale, al primo piano, si vedeva vividamente il mare profondo della mia Sicilia e tutti i suoi riflessi dati dalla luce del sole che, al pomeriggio colorava il cielo di arancione con sfumature viola.
Era il posto perfetto per trovare un po' di pace dopo le notti passate a festeggiare.

Ricevo una chiamata da Simone poi, vuole avere un consiglio su come organizzare la giornata: dove mettere il barbecue, quante bottiglie di vino prendere, come posizionare le sedie di legno, perché non intralciassero il passaggio: saremmo stati in tanti. Comincia a farmi un elenco dei ragazzi con cui avrei passato la mattinata e l'intero pomeriggio. Alcuni non li conoscevo ma una volta sentito il nome di Piero rimango di sasso. L'idea di averlo davanti a me per tutto quel tempo mi innervosisce.

Già da molto prima che io partissi per lasciare la mia città avevo notato dei comportamenti strani nei miei confronti: gesti che un amico non avrebbe fatto, parole che non avrebbe detto.
Credo si fosse preso una cotta per me, chi sa se addirittura mi amasse: non ne abbiamo mai parlato apertamente.
Lo sminuivo quando mi lusingava, volevo allontanarlo da me e non so neanche io il perché. Credo che lui abbia inteso il mio come un rifiuto per la differenza di età, ma due anni non fanno nessuna differenza. Io credo semplicemente che non fossimo compatibili caratterialmente e ci allontanammo cercando di conservare la nostra amicizia.

Arrivo leggermente in ritardo a casa di Simone, la puntualità non è mai stato il mio forte. Vedo tutti gli altri già seduti, anche Piero, che mi saluta in un modo strano rispetto al solito. Solleva svogliato la mano con cui reggeva il bicchiere di plastica trasparente contenente il vino e mi rivolge un leggero sorriso, quasi sforzato, per poi tornare al discorso che aveva intrapreso con gli altri.
Non mi aspettavo nulla in particolare ma, non vedendoci da mesi, credevo avesse sentito la mia mancanza e che mi si sarebbe quasi gettato al collo ma così non è stato. Avevo pensato che almeno mi sarebbe venuto incontro per parlarmi e chiedermi come andasse, ma non è andata nemmeno in questo modo. Niente da lui, solo quel braccio sollevato e poi riappoggiato sul bracciolo della sedia.

Alessio è dietro di me e, vedendo la scena, che mi è parsa quasi surreale, e la mia espressione incredula mi si avvicina.
<<Piero è cambiato da quando sei andato via. Sembra quasi che tu gli abbia dato il colpo di grazia: è maturato, non sembra più il ragazzetto infantile con lo scintillio negli occhi ma un'altra persona, una diversa>>

Quanto erano vere quelle parole.

Batte una mano sulla mia spalla e va via lasciandomi solo con i miei pensieri, in piedi in mezzo al giardino con il cancello d'ingresso dietro di me.

La giornata passa tranquilla, tra risate, scherzi e tanto vino e carne alla griglia.

Conosco Simone da così tanto tempo che mi viene spontaneo voler aiutare e cercare di mettere un po' a posto i bicchieri e i piatti sparsi ovunque.
Piero sembra aver avuto la mia stessa idea e mi propone di accompagnarlo a prendere l'acqua, finita da un pezzo.
Mi fa piacere passare del tempo con lui, anche solo per raccontarci del più e del meno durante il tragitto in auto. Da quando sono arrivato non abbiamo mai parlato veramente, solo qualche sorriso e pochi sguardi fugaci scambiati tra una chiacchiera e l'altra.
Da come parla, come si pone, confermo a me stesso che non è più lo stesso ma non lo vedo completamente rilassato. È rigido, quasi sulle spine, come se non sapesse come comportarsi. È a disagio.
Il nuovo lui mi sfida con lo sguardo ma poi sembra pentirsene per ritornare nella sua inquietudine, tra i suoi pensieri che mi fanno ipotizzare che sia distratto e non senta davvero ciò che gli dico.

Lo lascio seduto sul sedile del guidatore mentre vado a riempire le casse d'acqua. Non gli chiedo un aiuto, non voglio distrarlo, sembra impegnato in chi sa quali discorsi con se stesso, tutti rimbombanti nella sua testa.

Lo scatto della maniglia, segno dello sportello che si sta aprendo, sembra risvegliarlo. Credo mi abbia chiesto di aspettare ma la voce era così flebile che non sono sicuro di aver sentito bene.
Ne ho conferma solo quando mi sfiora la schiena, ormai rivolta verso l'uscita.
Il nuovo lui, che vorrebbe fermarmi di prepotenza attirandomi a sé, e il vecchio lui, che non avrebbe detto nulla restando fermo a guardarmi mentre uscivo dalla macchina, erano in lotta. il risultato è il suo dito indice che mi sfiora leggermente la scapola sinistra.

Non ho neppure il tempo di girarmi verso di lui che i suoi occhi neri e profondi passano veloci dai miei alle mie labbra ininterrottamente. Sembra quasi impazzito fin quando non fa uno scatto verso di me, mi mette la sua grande mano dietro al collo e mi tira a sé per baciarmi. In questo caso è il nuovo lui che ha la meglio.
Non mi sarei mai aspettato niente del genere, tantomeno che i nostri baci passionali si sarebbero spinti sempre più oltre, in carezze lungo la schiena e succhiotti che sarebbero rimasti per non poco tempo.
Neanche una remora dentro di me, forse il troppo vino bevuto da entrambi ha reso più facile che succedesse, che io ho lasciato succedere.
Sesso di passione, nessun sentimento. Neppure uno sguardo tra di noi mentre lo facevamo. Solo piacere.

Non ci siamo neanche resi conto del tempo che è trascorso.
Abbiamo ricevuto entrambi troppe chiamate e troppi messaggi a cui non abbiamo dato retta, distratti dal l'impeto e impegnati a pensare al desiderio.

Torniamo indietro non appena riusciamo a darci una sistemata. Non abbiamo intenzione che qualcuno pensi che possa essere successo qualcosa o di parlarne a qualcuno.

Il viaggio di ritorno, seppur breve, è immerso nell'imbarazzo e nel silenzio e sembra non finire mai.

La volta buona Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora