Capitolo 10

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10. Her eyes don't smile anymore

Alexander's pov Ancora un'altra festa, ancora un'altra serata passata a ubriacarmi, mentre cercavo di eliminare lei dai miei pensieri, dal mio cuore

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Alexander's pov
Ancora un'altra festa, ancora un'altra serata passata a ubriacarmi, mentre cercavo di eliminare lei dai miei pensieri, dal mio cuore. Tutto inutile, inutile dirlo.

Quella sera tornai a casa ubriaco, come ogni sera da quando avevo riunificato a lei. Nonostante non avessi cognizione di ciò che accadesse, il suo viso continuava ad apparirmi davanti agli occhi. Tutto inutile, non sarei mai riuscito a dimenticarla perché, nonostante fosse la cosa giusta, io non volevo dimenticare la ragazza che mi aveva fatto battere il cuore per la prima volta in diciotto anni di vita.

Starle lontano era devastante.
Ero costretto ad ignorarla ogni volta che la vedevo perché, se solo avessi osato guardarla anche un solo istante, il mio istinto avrebbe avuto la meglio e sarei tornato insieme a lei, sarei tornato a farle del male. Non potevo permettere che ciò accadesse.

Dovevo ignorarla all'apparenza, certo, ma ciò non mi evitava di osservarla da lontano. In quei giorni, infatti, mi ero trasformato in un fottuto stalker. Mi facevo paura e schifo, ma era l'unico modo per vivere la sua quotidianità senza darle false speranze.
Sapevo che andava dalla psicologa perché un giorno l'avevo vista prendere una strada diversa dal solito. Sapevo che aveva aumentato le visite all'orfanotrofio e che spesso portava Isabel a fare una passeggiata. E, purtroppo, sapevo anche quanto in quell'ultimo periodo si fosse avvicinata a Jackson Davis.

Ogni volta che li vedevo insieme il sangue mi arrivava al cervello e rischiavo di mettergli le mani a dosso un giorno di quelli. Era più forte di me, ma non riuscivo a contenermi quando si trattava di Katy, arrivando anche a trascurare i problemi più seri.
Avevo problemi con mio padre, mia zia Rose rompeva il cazzo di continuo, si stava avvicinando l'anniversario della morte di mia madre, a scuola stava andando una merda e rischiavo di non diplomarmi, ma il mio unico pensiero continuava ad essere lei. Mi aveva stregato, non c'erano altre motivazioni.

Ero diventato uno psicopatico.
Avevo prenotato persino un appuntamento dalla dottoressa Sullivan e, la cosa più grave, fu di presentarmi davvero alla seduta. Avevo cominciato a fare domande su Kat, ma la dottoressa ovviamente non mi aveva raccontato nulla. Sapevo che sarebbe andata a finire in quel modo, ma dovevo provarci.

- Ora io e te parliamo. - una voce stridula mi arrivò alle orecchie, costringendomi a chiudere gli occhi per il fastidio. Non poteva essere che Mia, non ne avevo il minimo dubbio.

Eravamo in un luogo pubblico, nella biblioteca per esattezza, ma lei non se ne fregava, urlava e basta.

- Mi devi un timpano nuovo. - portai una mano all'orecchio, aspettando di sentirlo sanguinare.
Non capivo come facesse Matt a sopportarla ogni giorno.

- Sei un coglione. - andò diritta al punto.
Che mi aspettavo? Stavamo parlando di Mia Stark.

- Questo lo sanno già tutti, gioia. - incrociai le braccia e trattenni una risata.
Quei suoi modi mi ricordavano tanto la mia Katy. La nostra storia era finita, ma lei continuava ad essere mia. O, per lo meno, io continuavo a sentirmi suo.
Appartenevo a lei e, ormai, non riuscivo più a farmi toccare da nessuna ragazza. Non volevo che una qualunque prendesse il suo posto al mio fianco, lo trovavo impensabile.

- Ma non di quei coglioncelli che poi riescono a migliorare, no, tu sei il re dei coglioni. - continuò ad insultarmi con i suoi soliti modi da camionista. Spesso mi chiedevo se non fosse un quarantenne bloccato nel corpo di una diciassettenne.

- Hai reso l'idea. - aggrottai la fronte, curioso di sapere dove volesse arrivare col suo discorso.

- Nella sua vita sta andando tutto a puttane e tu che fai? La lasci e poi la ignori. - mi diede un forte schiaffo sulla spalla, provocandomi seriamente dolore.

- Ma stai bene? - mi toccai il punto dolorante.
La mia teoria era giusta, si trattava proprio di un uomo.

- Io sto benissimo, sei tu che stai perdendo l'unica cosa bella della tua insulsa vita. - parlò senza sapere e a quel punto non ci vidi più.

- Pensi che non lo sappia? - urlai frustrato. - Tutti qui pensano che io sia felice di vivere senza di lei, ma secondo voi non sto una merda? - diedi un calcio ad una sedia, facendola ribaltare.

- Allora perché non vai a riprendertela? - chiese, per niente intimorita dal mio comportamento.
Parlava facile lei, non doveva salvare prima se stessa dalla rovina e poi la persona che amava.

- Sta meglio senza di me. - alzai le spalle, come se fosse la cosa più scontata del mondo.

- Ah sì, davvero? - mi squadrò dalla testa ai piedi, come per capire cosa ci fosse di sbagliato in me. - Non parla più con nessuno, sta diventando magra come un chiodo e i suoi occhi non sorridono più. - disse, togliendomi il respiro.

Avevo notato questo suo comportamento, avevo notato il fatto che avesse cominciato ad usare le cinture per i suoi jeans, ma non pensavo che fosse solo per colpa mia.

- Mia, io non so come... - provai a parlare, ma la bionda fermò il mio discorso.

- Non mi interessa di te, sincera. - incrociò le braccia al petto. - Voglio solo che la mia amica sia felice e tu sei la sua unica possibilità quindi, ti prego, non arrenderti e segui il tuo cuore. - aveva gli occhi lucidi e capii quanto lei tenesse a Katy.

Chi l'avrebbe mai detto che Mia, un giorno, sarebbe venuta a farmi la ramanzina. Soprattutto, chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata lei a farmi aprire gli occhi.
In quelle settimane ero diventato una furia senza freni: mi arrabbiavo con chiunque e ignoravo chi mi diceva quanto stessi sbagliando; ma Mia, col suo comportamento da gangster, era riuscita a rompere quello scudo che mi ero costruito.

- Hai ragione. - ammisi più a me stesso che a lei. - Ma se continuerà a soffrire a causa mia allora sarà solo colpa tua. - le puntai un dito contro.

- No, se continuerà a soffrire per colpa tua io ti prenderò a pugni fino a farti perdere i sensi. - mi minacciò e furono le ultime parole che ascoltai.

Mi voltò le spalle e si diresse verso l'uscita con una disinvoltura disarmante. Quel giorno capii cosa ci trovasse Matt in lei e sperai che anche Mia un giorno sarebbe riuscita a trovare il coraggio di farsi avanti col mio migliore amico.

Katy non avrebbe sofferto più a causa mia, sarei diventato la sua luce e saremmo stati noi due contro il mondo.

Peccato che mi fossi svegliato troppo tardi, peccato che quando arrivai fuori casa sua lei era già su un aereo diretta chissà dove.

Avevo perso quella battaglia, ma non la guerra. Non mi sarei arreso quella volta, l'avrei scovata anche negli angoli più remoti del mondo.

Non avrei perso la mia occasione di felicità.

» Spazio autrice
Proprio così, Katy è partita. Non riusciva più a sopportare il dolore di sentire Alex distante e ha deciso di lasciare la città, che ne pensate?

A presto, vi adoro 🌹

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