Capitolo 26

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26. We are a mess

Ancora una volta vi consiglio di leggere il capitolo ascoltando una canzone di Irama

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Ancora una volta vi consiglio di leggere il capitolo ascoltando una canzone di Irama. « Tornerai da me. »

Alexander's pov
Non mettevo piede in quel posto da quando ero andato con lei per mostrarle una parte fondamentale della mia vita. Non capivo perché tra tanti luoghi lei avesse scelto proprio quello, dove non vi era alcuna allegria. La risposta mi spaventava, ma l'avrei ascoltata lo stesso. Per lei, per noi.

Mi guardai intorno alla ricerca di quella lapide e, in parte, speravo che lei non si trovasse lì, che fosse altrove. Le ragazze nei film e nei libri scappavano sulle spiagge o in dei parchi, alcune anche al luna park, perché lei aveva scelto un cimitero? Doveva sempre distinguersi, non c'era niente da fare.

La prima cosa che notai furono i suoi lunghi capelli che tanto adoravo. Lei era lì, seduta difronte alla tomba di mia madre con una bottiglia di chissà cosa, mentre gesticolava. Da quello che potei capire stava parlando, si stava sfogando per qualcosa che l'aveva infastidita. Senza farmi notare mi avvicinai a lei e ascoltai con attenzione ogni singola parola, ogni singola sillaba del suo discorso.

- Cioè, ti rendi conto di quello che mi stanno chiedendo? - chiese e subito dopo bevve un lungo sorso di quello che capii essere vodka. Erano le cinque del pomeriggio, che cazzo ci faceva con della vodka? - Capisco che è importante per quella stupida causa, ma a me nessuno ci pensa? - si indicò con l'indice.

Volevo stringerla tra le mie braccia, dirle che a lei ci pensavo io e che l'avrei sempre protetta da tutti. Sarebbe bastata una sola parola e l'avrei portata via da tutti quei coglioni che le chiedevano troppo, che non capivano i suoi bisogni come solo io ero in grado di fare. Stavo per rivelare la mia presenza, ma le sue parole mi fecero gelare sul posto.

- Tu sei stata una madre perfetta, non è che da lassù potresti fare qualcosa? - alzò la testa al cielo e chiuse gli occhi, come se stesse veramente aspettando qualcosa. - Ti starai chiedendo "ma che vuole questa da me?" e hai ragione. - bevve ancora e io dovetti trattenere l'istinto di prenderle quella bottiglia dalle mani e lanciarla lontano.
- Ti chiedo scusa se ti sto dando fastidio, non so nemmeno io perché sono qui, ma sei stata la prima persona a cui ho pensato, non chiedermi il perché, non saprei darti una risposta. - chiuse gli occhi e rise.

Stava soffrendo, era palese. Mi sentii impotente come non mai, non sapevo cosa fare e come comportarmi. In realtà quando si trattava di Kat quelle sensazioni erano sempre presenti e odiavo sentirmi in quel modo. Avevo sempre avuto il controllo di tutto, ero abituato ad avere sempre la meglio, ma lei era l'eccezione.

- Forse perché hai fatto un ottimo lavoro con tuo figlio che, pur essendo un po' coglione, è il ragazzo migliore che io abbia mai conosciuto, davvero. - annuì, come per dare solennità alle sue parole. Il mio cuore perse un battito al suono della sua voce.
Non ero mai stato il ragazzo perfetto, era stata lei a rendermi tale.

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