Capitolo 3

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3. You held your breath

Katherine La cosa peggiore di aver scelto di farmi del male per sfuggire da Ken non era tanto il dolore fisico, ad essere sincera nemmeno quello psicologico

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Katherine
La cosa peggiore di aver scelto di farmi del male per sfuggire da Ken non era tanto il dolore fisico, ad essere sincera nemmeno quello psicologico. La cosa peggiore era che tutti mi trattavano come una pazza, una persona depressa che aspettava solo il momento giusto per poterlo fare di nuovo.

Io non ero depressa e non volvevo togliermi la vita, volevo solo un po' di serenità, chiedevo tanto? A quanto pareva, sì.

«Vuoi che uno sconosciuto mi segua ventiquattro ore su ventiquattro?» chiesi incredula «È questa la tua idea di sicurezza, papà?»
Aveva proposto di assumere una guarda del corpo. No, anzi l'aveva chiamata persona che si sarebbe occupato della mia protezione, come se il concetto cambiasse.

«A dire il vero, signor Stewart, nemmeno io mi sentirei tranquillo a lasciarla con un completo sconosciuto tutto il tempo» Alex era al mio fianco, come lo era stato nel corso di quei giorni.
Quando ero stata in ospedale quei due giorni successivi al risveglio, — i dottori volevano tenermi una settimana sotto osservazione, ma io avevo dato di matto, convincendoli a lasciarmi andare — aveva anche dormito accanto a me, nonostante le infermiere continuassero a cacciarlo dalla stanza. Quando ero stata dimessa dall'ospedale, lui aveva insistito per accompagnarmi a casa, nonostante i rimproveri di mio padre.

Nonostante tutto e tutti, noi eravamo più forti di prima. Era così rassicurante avere una certezza in un periodo così difficile; avere qualcuno su cui contare sempre, che non ti abbandonerà mai. Lui non mi aveva mai fatto pesare quella situazione, nonostante cercasse di fare di tutto per non farmi innervosire.

«Ma non sarà uno sconosciuto, sarà il migliore delle forze armate» disse come se fosse una cosa normale. Io e Alex continuammo a guardarlo scettici, perché nessuno di noi moriva dalla voglia di avere uno sconosciuto tra le scatole. «E poi ovviamente non sarà un vecchio scorbutico, ma un vostro coetaneo» aggiunse per convincerci.

«Questo migliora le cose, giuro» borbottò Alex, facendomi ridacchiare.
In effetti quella era la cosa peggiore da dire al ragazzo della propria figlia: un ragazzo, con un grande fisico e una grande personalità, grazie alla preparazione a cui erano sottoposti coloro che erano nelle forze armate, sarebbe stato 24 ore su 24 con la sua fidanzata.

«E allora cosa proponete, sentiamo» incrociò le braccia sfidandoci a trovare un'alternativa.

«Potresti rimanere tu qui a casa»
«Katy potrebbe trasferitisi a casa mia»
Dicemmo io e Alex in contemporanea.
Lo guardai stranita come a dirgli "sei impazzito o cosa?. La convivenza non era una cosa semplice e sicuramente non era più facile alla nostra giovane età. Già litigavamo spesso non vivendo sotto lo stesso tetto, figuriamoci cosa sarebbe potuto accadere se avessi acconsentito ad una pazzia del genere.

«Kat, sai che non posso» si passò una mano sul viso, frustato. Sapevo che una cosa del genere era impossibile, ma dovevo provarci. «E, grazie per l'opzione Alex, ma credo che la mia idea sia migliore della tua»
Quando Jacob Stewart affermava una cosa, nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea. Era proprio da lui che avevo preso la mia cocciutaggine, quindi potevo capirlo.

«Io potrei comunque stare da sola senza problemi» proposi la soluzione migliore.
Possibile che fossi stata l'unica ad aver pensato di non aver bisogno di nessuno? Insomma, Ken non si era avvicinato a me mentre ero a casa, ma con una trappola.

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