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Il mercoledì non le era mai piaciuto troppo: le dava l'impressione di essere proprio a metà di qualcosa e questo faceva sentire anche lei allo stesso modo, come se fosse in bilico.
Eveleen cercò di velocizzare il passo, in mano una busta di plastica. Aveva paura che il gelato si sciogliesse, visto che la temperatura si era alzata di molto negli ultimi giorni. Entrò dalla porta principale e salutò in fretta i dipendenti all'ingresso. Poi imboccò il corridoio.
Era certa che sarebbe stato divertente vedere la sua espressione dopo aver assaggiato il gelato. Al Glenn non introducevano spesso cibi dall'esterno e lì non disponevano del macchinario necessario a farlo.
Jimin sarebbe stato contento. Aveva optato per il cornetto più semplice, quello panna e cioccolato, e si era anche assicurata che non fosse allergico alle nocciole.
Arrivata davanti alla porta della stanza, entrò. L'idea di bussare non le sfiorò nemmeno la mente, in quel momento stracolma di euforia.
«Jimin, guarda cosa ti-», ma la frase le morì in gola quando se lo ritrovò davanti a torso nudo.
Jimin sobbalzò spaventato e rimase a fissare Eveleen, sorpreso come se fosse la prima volta che la vedesse lì.
Con gli occhi sgranati, lei si girò dall'altra parte. «Scusa, ho dimenticato di bussare!»
Jimin emise una risatina, scuotendo appena la testa. Si infilò la maglia pulita e si avvicinò a Eve. «Puoi girarti ora, ho fatto.»
Eveleen si voltò piano, con lo sguardo fisso sul pavimento e il cuore che sembrava esserle salito fino in gola. «Tieni, ti ho portato un gelato.» Gli porse il sacchetto, sperando che spostare l'attenzione su altro potesse cancellare l'imbarazzo che stava provando.
Jimin, al contrario, non sembrava essere a disagio, anzi: era probabile che non l'avesse mai visto tanto tranquillo e di buon umore come quel giorno.
Lui le sorrise, gli occhi ridotti quasi a due fessure.
Eve si illuminò, come se potesse riflettere la felicità irradiata da Jimin. Le loro mani si sfiorarono mentre lui prendeva la busta ed Eveleen sentì il corpo farsi più leggero.
Jimin prese il cornetto gelato e lasciò cadere la plastica bianca sul pavimento. La carta di colore blu si rifletteva perfettamente nell'iride dei suoi occhi, mentre rigirava il cornetto tra le mani, analizzandone ogni singola parte.
«Dovresti mangiarlo, sai? Di solito è così che funziona» scherzò lei, mentre cercava di trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Fu come se non avesse detto nulla e Jimin continuò a guardarla confuso.
Eve sorrise scuotendo la testa e lo aiutò ad aprire il cornetto: scartò l'involucro che conteneva il gelato e ne lasciò solo una piccola parte in basso.
Jimin rimase a fissare il cornetto alla panna con le scaglie di cioccolato.
Era così concentrato che Eve pensò stesse analizzando la struttura molecolare degli ingredienti. Ridacchiando, si diresse verso il letto per sedersi e poco dopo Jimin la raggiunse, prendendo posto al suo fianco.
«Come si fa?» L'imbarazzo tornò a colorare le sue guance di un tenue rosa, che si sposava alla perfezione con i suoi occhi scuri.
Eveleen mascherò la sorpresa con un altro sorriso e gli spiegò che non c'era un modo preciso: poteva mangiare prima le scaglie di cioccolato e poi la panna, oppure insieme.
Pochi minuti dopo, Jimin aveva già le labbra tutte sporche di panna.
Eveleen gli porse uno dei tovagliolini che le avevano dato assieme al cornetto gelato e lo guardò divertita, mentre non faceva altro che peggiorare la situazione.
Finse un sospiro di rassegnazione e, con un'altra salvietta, cercò di eliminare le tracce di gelato dalle labbra di Jimin, sotto il suo sguardo attento e divertito.
Le dita rallentarono nei movimenti quando i suoi occhi rimasero impigliati nei tremori di ogni nuovo respiro.
Eveleen si schiarì la voce e, tirandosi indietro, appoggiò la schiena contro la parete. «Cosa facciamo oggi?»
Jimin contrasse il viso in una smorfia, a causa della sensazione provocatagli dalla panna fredda contro i denti. «Parlami un po' di te» le propose, puntandole addosso i curiosi occhi scuri.
Eve strinse l'interno della guancia tra i denti, poi fece spallucce. «Mi dispiace deluderti, ma non ho una vita tanto interessante» e, purtroppo, era vero: tutte le azioni che componevano la sua giornata si ripetevano, formando una tediosa routine.
«Sono sicuro che non sia così» ribatté lui, scuotendo la testa imbronciato.
Eveleen chiuse gli occhi e l'accenno di un sorriso le comparve sulle sue labbra. «Hm, in effetti hai ragione» mormorò, con voce cupa. «In realtà, sono una spia dei servizi segreti e sono qui per bloccare un traffico di unicorni.»
Jimin, che si era proteso attento verso di lei, la guardò sbalordito. Poi, mugugnò in disapprovazione. «Sei davvero cattiva, lo sai? Non dovresti prendermi in giro, altrimenti poi mi vendico» l'avvertì, mordendo la cialda del cono.
Eve non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Jimin vendicativo? Non se lo immaginava affatto. «Sì come no, vorrei proprio vedere» lo provocò, incrociando le braccia al petto.
Per un attimo, il confortante calore negli occhi del ragazzo lasciò posto a una scintilla di adrenalina e, con quel ghigno sulle labbra, non sembrava più il ragazzo angelico e innocente di sempre. «Cosa ti piacerebbe fare?» Le domandò poi, spostandosi al suo fianco, con la schiena contro la parete.
«Intendi in questo momento o tipo quello che vorrei fare nella vita?»
Lui, con un cenno del capo e un verso inarticolato, annuì alla seconda definizione.
Eveleen ci pensò un po', indecisa su che risposta dare. C'erano davvero tante cose che avrebbe fatto volentieri, posti da visitare, animali da vedere. Si ricordò di un lungo in cui avrebbe tanto desiderato andare e fu sicura che sarebbe piaciuto anche a Jimin. «Alle Maldive c'è un'isola, Vaadhoo» cominciò a raccontare, sebbene l'attenzione di Jimin fosse diretta più al gelato che a lei. «Durante la notte sembra che tante piccole Stelle si accendano sott'acqua.»
Ed ecco che i suoi occhi saettarono su di lei nella frazione di un secondo. «Stelle?» Domandò, facendo quasi cadere il gelato. Il sorriso che fece fu talmente grande da ridurre gli occhi a due fessure. «Ci sono le Stelle nel mare?»
Eveleen rise, poi scosse la testa. «Non proprio, è un fenomeno che avviene grazie al fitoplancton presente nell'acqua. Si chiama bioluminescenza.»
Jimin roteò gli occhi e sbuffò. «Molto meglio le Stelle.»
Eveleen inclinò la testa di lato e rimase a osservarlo. Aveva già capito che lui le facesse uno strano effetto ma, purtroppo, sembrava anche aumentare di giorno in giorno. Le piacevano tanto i suoi capelli biondi, che gli ricadevano leggeri sulla fronte in piccole ciocche un po' separate, e anche i suoi occhi vispi e dolci. Qualche giorno prima, Eve aveva pensato che di profilo somigliasse a una statua greca.
Quando si chiese il motivo di tutta quell'attenzione nei confronti di Jimin, abbassò lo sguardo sentendo un calore che si irradiava dall'interno. Era oggettivamente bello, impossibile negarlo e apprezzare la bellezza era un po' nel suo DNA, era un retaggio familiare.
«Michael sembra simpatico.»
La voce di Jimin la fece sobbalzare. «Cosa? Oh sì, lo è davvero tanto.»
Lui appoggiò di nuovo la nuca contro il muro, guardando dritto davanti a sé. Con la fronte corrucciata si toccò la pancia e si chiese da dove arrivasse quella strana sensazione che gli stava mettendo in subbuglio lo stomaco. Forse il gelato gli aveva fatto male, non era abituato a mangiarlo. «Perché venite qui?» Le chiese, sperando di riuscire a distrarsi.
Eveleen si voltò, puntando gli occhi sul viso di Jimin.
«Intendo: perché venite qui dentro, voi che siete fuori?»
Lei lanciò una veloce occhiata alla veduta fuori dalla finestra. «Non sempre lì fuori è meglio di qua dentro». Prese a pizzicargli con delicatezza il dorso della mano. Le piaceva avere un contatto con lui, era in grado di rilassarla; e, inoltre, la sua pelle era così morbida, proprio come immaginava risultassero le nuvole al tatto.
Jimin aggrottò le sopracciglia e la gola gli si fece secca. «Forse per voi che venite e andate via quando desiderate. È diverso per chi ci deve restare per forza.»
Eveleen schiuse le labbra sorpresa e i sensi di colpa le appesantirono il petto. «Hai ragione, mi dispiace. Credo di idealizzare un po' questo posto, a volte. È che le persone che si trovano fuori sanno essere davvero cattive ed egoiste.»
E nella sua mente apparvero tutte le guerre e le violenze di ogni genere, tutte le offese, tutti i danni che gli esseri umani erano in grado di provocare a loro stessi, agli altri e al mondo. Quel posto spesso le faceva paura.
«Lo so.»
Eveleen sollevò lo sguardo a quel sussurro; non si era accorta che gli occhi le erano ricaduti sulle loro mani. Adesso, Jimin la stringeva forte nella sua e le dita erano intrecciate. Prima che potesse domandargli cosa intendesse dire, lui le sorrise e la stanza riprese a brillare.
«Giochiamo?»

||Out of the Sky|| P.Jm.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora