☄Epilogo☄

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Tre anni dopo.

Nella stanza le molle del letto continuavano a cigolare, rendendo il buio ancora piú pesante e asfissiante di quanto non fosse.

Eveleen non riusciva proprio a prendere sonno e aveva ormai perso il conto di quante volte avesse cambiato posizione, ma inutilmente.
Alla fine, arresasi all'idea che non sarebbe riuscita a dormire, sgusció fuori dalle coperte e si sedette alla fine del materasso.
Strinse le gambe al petto e vi posó sopra il viso, girato verso la finestra della stanza.

Il Glenn di notte rimaneva calmo e silenzioso, quasi fosse sospeso tra due mondi e impossibile da toccare.
Era qualcosa che Eveleen aveva sempre amato, sentendosi cullata da una tranquillità surreale.

Con un sospiro si alzó dal letto e prese a camminare per la stanza.
Erano passati tre anni dal suo ricovero e il giorno seguente sarebbe stata finalmente dimessa.
Dopo la morte di Jimin, tutto era stato una veloce discesa verso la depressione post traumatica, tra attacchi di panico e crisi continue.
Non credeva che potesse essere tanto difficile convivere con l'assenza di qualcuno.
Lei l'aveva fatto con quella di Taemin per anni e anni, ma in quel caso aveva come salvagente la speranza di rivederlo e la consapevolezza, o quasi, che fosse ancora in vita.
Inizialmente i suoi genitori non avevano dato importanza alla cosa, etichettandola come un processo naturale nell'accettazione della perdita, alcune volte anche solo come un modo per attirare l'attenzione.
Così il tutto era andato a peggiorare, fino ad arrivare ad avere perdite di controllo durante le quali solo Michael era in grado di aiutarla, di contenerne gli effetti distruttivi.

Eveleen si avvicinó lentamente all'armadio, soppesando ogni passo come se stesse camminando su un terreno minato.
Sulla superficie bianca del mobile erano attaccate due foto e una di questa ritraeva proprio lei e Michael tempo prima.
Lui guardava sorridente l'obiettivo della telecamera, mentre lei si sporgeva lasciandogli un bacio sulla guancia.
I capelli ricci di lui le solleticavano le palpebre abbassate, facendo nascere l'ombra di un sorriso sulle labbra increspate.

Era una foto fatta prima di conoscere Jimin e se qualcuno avesse detto a Eveleen ció in cui si sarebbero presto imbarcati, di certo lei non ci avrebbe creduto.
Veloce come un fulmine che attraversa il cielo, una lacrima le solcó la guancia morendo alla fine del volto.
Come già successo altre volte, Michael era stato l'unico a rimanerle accanto, mai aveva esitato quando nel cuore della notte riceveva una chiamata da Samantha, per gli attacchi di panico della figlia.

Con le dita tremolanti Eveleen allungó la mano fino a sfiorare il materiale lucido della foto, ricalcando i contorni del volto di Michael.
Qualsiasi momento della giornata fosse, lui era sempre disposto a raggiungerla per stringerla tra le proprie braccia, per riscaldarla dal freddo, per proteggerla dalle ombre che vedeva attorno a sé.
E anche quella notte andó allo stesso modo.

Prima di chiamare Michael, i genitori di Eveleen avevano aspettato piú del solito, ormai stufi di quella situazione.
Erano stanchi di essere svegliati alle due di notte a causa dei suoi incubi, erano stufi di sentirla urlare, piangere e disperarsi per qualcuno di cui loro non capivano nemmeno l'effettiva importanza.
Arrivato al culmine della sopportazione, Chin l'aveva afferrata per le spalle e, scuotendola per attirare la sua attenzione, le aveva detto che era inutile fare tutte quelle storie per un ragazzo morto, un ragazzo che, per giunta, aveva deciso di sua spontanea volontà di togliersi la vita.
Lo descrisse come ingrato e non meritevole, come qualcuno per cui non valesse la pena di sprecare neanche una sola lacrima.
Eveleen, se possibile, perse anche quel poco di controllo che pensava di mantenere ancora.
Urló fino allo stremo, riempiendo i propri polmoni d'aria che veniva poi buttata fuori tramite grida lancinanti, piene di disperazione e mancanza, di un bisogno tale da far marcire l'anima.
Quella notte fu lei stessa a chiamare Michael in lacrime, pregandolo di correre da lei, dicendogli che non ne poteva piú di sentire Jimin urlare e piangere il suo nome nei sogni, di svegliarsi ed essere colpita dalla realizzazione di non poter fare nulla per salvarlo, di averlo perso per sempre.
La depressione l'aveva ormai inghiottita completamente e Michael ne era consapevole.
Così, quando quella notte sentì nel suo tono una sofferenza ancora piú grande rispetto al solito, lui corse fuori di casa prendendo la macchina di suo padre, perché la sua era rimasta senza benzina.

||Out of the Sky|| P.Jm.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora