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La pioggia battente rendeva scivoloso l'asfalto, spargendo nell'aria un'umidità che si insinuava sin dentro le ossa.
I fiori, appena sbocciati nei giardini delle case che costeggiavano il marciapiede, si stavano piegando sotto la potenza delle gocce fredde e incuranti della delicatezza di quei petali.

Era da tanto che Jimin non si trovava nel mezzo di una tormenta del genere o, almeno, di una che consistesse in acqua e vento.
E nemmeno quella volta avrebbe dovuto trovarcisi, ma la mancanza di Eveleen stava diventando qualcosa di soffocante, che gli impediva di riposare bene la notte e di sostenere una seduta dalla psichiatra senza scoppiare a piangere.
L'idea di aver sbagliato lo dilaniava dall'interno, rendendo le pareti del Glenn ancora più soffocanti, quando il suo unico desiderio era risolvere la situazione che si era creata.
Così, era scappato.

Più i secondi passavano e più Jimin cominciava a pensare che non fosse stata un'idea brillante.
Il tempo inglese era in grado di cambiare in un battito di ciglia e al ragazzo era passato di mente un piccolo particolare: per chiarire con Eveleen, doveva prima arrivare da lei.
Possibilmente, non assiderato o con la febbre a quaranta.
L'ansia e l'agitazione gli stavano consumando lo stomaco, senza contare le gambe che diventavano più pesanti ogni attimo che passava, tanto da costringerlo a rallentare il ritmo della corsa.
I muscoli delle cosce erano torturati dai crampi e i ciuffi di capelli biondi appiccicati alla fronte gli impedivano di vedere bene.
Mancava poco ormai e sarebbe finalmente arrivato a casa di Eveleen.
Quasi si sentiva in colpa ad aver mentito a Michael: la sera prima, gli aveva chiesto di fargli vedere casa Wright su Google Maps, per sentirla più vicina, aveva detto.
In realtà, voleva solo sapere la via in cui si trovava e il percorso da fare per arrivarci.
In un attimo, Jimin si rese conto che una cosa del genere non l'avrebbe mai fatta sei mesi prima, che era diventato più umano di quanto avrebbe mai immaginato.
Non è così male però, si disse, lasciando che un sorriso venisse bagnato dalla pioggia che cadeva rumorosa.
Riflettendo ancora, si rese conto che, pur di stare con Eveleen, era disposto a essere qualunque cosa.
Il pensiero stranamente non lo spaventava: aveva totale fiducia in Eve, sapeva che non avrebbe mai fatto qualcosa per ferirlo ed era proprio per questo che desiderava parlarle.
Jimin la amava, ne era sicuro.
Altrimenti, come spiegare il battito del cuore accelerato ogni volta che la vedeva?
E lo stomaco sottosopra quando si sfioravano?
O ancora il desiderio costante e insistente di passare del tempo con lei?
Jimin era innamorato di Eveleen nel senso più puro e completo del termine.
Desiderava far parte della sua vita e si sarebbe impegnato affinché accadesse, fregandosene di tutte le barriere che gli erano di intralcio.

Le gambe, improvvisamente rinvigorite da quei pensieri, lo portarono velocemente davanti alla villetta in cui Eveleen viveva.
Jimin era grondante d'acqua, infreddolito, spaventato da tutti quei rumori che sentiva dopo tanto tempo.
Però era felice, perchè presto avrebbe rivisto Eveleen.
Era una gioia incontenibile, che ti porta a voler urlare e saltare come un bambino, che ti fa sorridere smisuratamente, mentre le guance iniziano a farti male.
Essendo la casa che faceva angolo, Jimin non ebbe nemmeno bisogno di scavalcare la bassa recinzione per guardare dentro.
Da quella finestra poteva vedere il salotto, comunicante con la cucina attraverso una porta scorrevole, tenuta aperta.
Anche se attutita dalla pioggia, Jimin sentì la risata di Eveleen e gli parve di essere tornato a respirare.
Non aveva più freddo, non tremava più.

Quando poi la vide scendere di corsa le scale, un sorriso spontaneo nacque sulle sue labbra per quanto sembrava divertita e infantile.
Ciò che non gli piacque però, fu la figura che arrivò poco dopo, avvolgendola in un abbraccio stretto, prima che entrambi si dirigessero in cucina.
Come la pioggia si intensificò, per Jimin fu quasi impossibile vedere oltre il vetro.
Tutto ciò che riusciva a captare erano le loro risate e le loro voci, assieme a sagome non definite, che nonostante ciò sembravano irradiare l'ambiente di gioia.
Che quello fosse un ragazzo era certo, sia dalla corporatura che dalla voce e Jimin non poté che essere geloso.
E forse, ancora più che geloso, invidioso.

||Out of the Sky|| P.Jm.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora