Capitolo 1

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Tutto quello che mi dicevano continuava ad apparirmi come una sorta di ripetizione, come se ognuno volesse dirmi la stessa cosa più volte, lo stesso concetto, nella stessa modalità. Fingevo di ascoltare e intanto annuivo, con la mente che montava e smontava pensieri più o meno negativi, che viaggiava vaga fra strani ricordi.

Io non ero più quella di prima.

I miei gusti musicali erano cambiati, o meglio, non facevo altro che ascoltare musica triste che contribuiva a rendermi grigia e spenta. Anche il mio modo di vestire era differente, non mi piacevo più come una volta, non mi accettavo, e mi sentivo sempre di meno in confronto alle altre che nel più naturale dei modi sembravano sempre perfette. Qualsiasi cosa era pretesto per distruggermi, e lo facevo da sola, soffrivo per mia volontà e una via di fuga non esisteva.

Non credevo che delle emozioni del genere potessero esistere ed essere vissute con più persone, pensavo che non ci fosse davvero una possibilità che tutto quello che condividevo con il mio, ormai, ex fidanzato, potesse giungere al capolinea.

Non ero più la ragazza dalla giacca di jeans di prima, dalle magliette di colore giallo piene di citazioni memorabili, quella dalla battuta sempre pronta, dalla risata contagiosa ma imbarazzante allo stesso tempo, e sentivo che quel nuovo anno sarebbe stato diverso per me.

C'erano da poco state le vacanze di natale, credevo che per me sarebbe stata una vacanza per riflettere e trovare il mio punto di forza, per riprendermi me stessa e tutte quelle cose che mi caratterizzavano. Il corpo che avevo non lo sentivo più mio, niente di quello che vedevo allo specchio mi apparteneva nemmeno nel minore dei modi e non riuscivo a capire come questo fosse possibile. In quel largo di tempo senza impegni non avevo fatto quello che credevo di fare, però, le cose non erano cambiate.

Ad esempio, il passaggio verso scuola era lo stesso di un anno fa, o due anni fa, o cinque anni fa.

“Buongiorno Shawn, sei pronto per un nuovo giorno di merda?” entrai nella sua auto buttando lo zaino in una parte imprecisa.

“Prontissimo, e tu? Sei più sveglia e di buon umore rispetto alle altre volte...mi fa piacere” sorrise.

“Vorrei affondare la faccia nel cuscino e girare per casa con i pantaloni del pigiama dentro ai calzini per un altro po', ma questo non è possibile. Direi di no” sbuffai mettendomi a guardare dal finestrino. Lui si limitò a farmi un cenno divertito.

Io e Shawn eravamo amici da anni, le nostre mamme erano molto legate ai tempi della scuola elementare e così potevamo vederci spesso per scambiarci riflessioni e opinioni a vicenda. La nostra amicizia era composta da piccole cose e la motivazione per cui non litigavano quasi mai era la sua invidiabile calma, era facile distinguerlo dagli altri ragazzi per il carattere, a differenza loro lui aveva dei sentimenti e non era del tutto insensibile.

“Cosa ti è successo durante le vacanze?” gli domandai curiosamente, non ci eravamo sentiti come al solito perché lui credeva mi fossi concessa del tempo per riprendermi.

“Le solite cose, i regali, tutti i miei zii e cugini dal Canada, il triste ricordo di nonna Mariah...sai com'è. Non volevo chiedertelo, ma com'è andata? Sai di cosa parlo” arrivò al punto.

Sospirai.

“Non ho superato niente, devo ammertelo. Sei il mio migliore amico, devo pur dirlo a qualcuno che non mi è assolutamente passata. Spero solo di non incontrarlo, potrei morire lì, in diretta, davanti a tutto l'istituto” rivelai con un po' di amarezza.

“Cosa ti dice che lo vedresti proprio quando ci sono tutti?” cercò di ridere, svoltando a destra.

“Che ne so, le donne. E poi, scusa, ti faccio un discorso che dovrebbe farti arrabbiare e tu mi rispondi alla cosa meno importante? Dio, sei strano, diverso, qualche mese fa probabilmente mi avresti fatto un monologo sulla possibilità di lasciarmi tutto alle spalle con l'eccessiva quantità di tempo che avevo a disposizione” alzai un sopracciglio dubbiosa.

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