Capitolo 12

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| Ariana |

La nuova giornata che aveva appena avuto inizio prometteva bene, sopratutto dal punto di vista ottimista. Mi ero fatta una doccia, piastrata i capelli, truccata leggermente usando addirittura un lip gloss che mi accentuava gli occhi e il nuovo colore di capelli. Avevo avvertito un volere di cambiare qualcosa di me, succedeva sempre, a ogni donna, e con questo credevi di mettere un punto alla monotonia.

Sembravo essere riuscita nel mio intento, anche se non intendevo nulla di così esagerato, nulla che comprendesse il rischio della morte.

Così, dopo aver finito di prepararmi, addentai una mela e cominciai il tragitto verso scuola. L'aria era umida, così tanto che riuscivo a sentire pure del caldo. Era già febbraio. Un mese prima avevo accanto a me un amico che credevo mi sarei tenuta per sempre, un cuore spezzato per una stupida storia e nient'altro. Ora mi ritrovavo con zero amici, il terrore di morire per colpa di una gang e la grande scoperta di un lato di me stessa che non credevo esistesse; quello adrenalinico.

Sembrava stupido dirlo, ma amavo quell'ansia che portavo con me prima di affrontare le mie paure, mi davano la giusta carica per mostrarmi forte e imbattibile. Mi sentivo tagliata per quel genere di cose, nonostante la pericolosità che ci trovavo.

Certo che fare parte di una gang era un'idea un po' sciocca e per niente normale da una come me che aveva sempre avuto una vita monotona e priva di divertimento, ma mi era passato per la mente più di una volta e ciò mi faceva riflettere.

Prima che potessi pensare qualcos'altro riguardo tutto ciò, incontrai Justin davanti al cancello dell'istituto. Mi guardò con aria confusa, a tal punto che non capivo se dovevo proseguire la camminata senza rivolgergli la parola o chiedergli semplicemente come stava. Optai per la prima, orgogliosa com'ero. Nella mia mente classica, sopratutto dopo quello che era successo con Shawn, risuonava un motto: o mi cercano gli altri, o niente. Non a  caso mi sentii richiamare proprio da lui.

"Bella! Aspetta, come va? È successo qualcosa ieri sera?" mi chiese venendo verso di me, io feci lo stesso, così ci venimmo incontro.

"No, cosa sarebbe dovuto succedere?" finsi visto che alcuni sguardi degli studenti si erano posati su di noi, era strano che una come me parlasse con uno come lui.

"Dove hai lasciato la pistola?" domandò con tono più basso.

"So che devo trovarle un posto migliore, ma sotto il materasso. I giovani nascondono sempre le loro cose sotto al materasso, lo so! Lo so, non serve che me lo dici. Non avevo proprio idee," mi giustificai.

"Non la porterai con te quando uscirai?" cambiò immediatamente domanda.

"Dovrei?" mi morsi nervosamente il labbro tintennando con il piede destro.

"Dovresti" affermò.

Mi limitai ad annuire e dopo il suono della campanella, senza dirci nulla, ci incamminammo insieme verso le rispettive classi.

Andai a scontrarmi contro di Shawn proprio all'entrata. Ci guardammo per un attimo negli occhi e lì ci lessi un'altra persona. Totalmente.

Mi sentii ritorcere tutto il cibo che avevo mangiato la sera prima a cena nello stomaco, questo suo cambiamento e egoismo mi provocava un senso di disgusto.

"Hey, ieri ti ho vista alla mia festa! Ci sei rimasta per poco, da quanto ho capito" osò rivolgermi la parola, ancora una volta.

"Sì, mi faceva male la pancia e mi veniva da vomitare, quindi me ne sono andata" mentii spudoratamente, facendo riferimento a quello che stavo provando proprio in quel momento.

"Non è che sei incinta?" mi dimenò con lo sguardo per niente sorpreso nel caso fosse un'ipotesi realmente accessibile.

"Di chi?" cercai di capire cosa gli stesse pensando per la testa riguardo la mia situazione sentimentale.

"Justin Bieber"

"Sei proprio pessimo, Shawn" lo guardai male prima di dargli una spallata prendendo posto in uno dei numerosi banchi vuoti.

Era come se tutti i nostri anni di amicizia fossero scomparsi, come se non mi conoscesse. Più precisamente, come se, insieme a lui, fossi cambiata pure io. E non in meglio. Con quale faccia tosta si comportava così? Ogni cosa che diceva risultava sbagliata. Come se portasse degli auricolari alle orecchie dove qualche stronza che mi detestava gli diceva cosa dirmi per farmi sentire male. Magari una dei Crips.

[...]

La folla di studenti rammucchiata fuori dall'edificio raccolse la mia attenzione, portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e cercai con lo sguardo la motivazione.

"Che cazzo hai detto? Cos'hai detto?" sentii Justin urlare ad un ragazzo di colore, spingendolo violentemente. Era alto quasi quanto lui. Tipo poco meno di due metri. Poi c'ero io, che a stento raggiungevo il metro e settanta.

"Ragazzi, basta! Fermatevi!" intervenì Jacob appoggiando entrambe le sue mani sui petti dei due ragazzi.

Quello a destra, di cui non conoscevo il nome, mi squadrò dalla testa ai piedi senza motivo. Ero semplicemente una fra le tante persone che stavano assistendo a quello squallore di rissa, ma lui guardò me, e poi sorrise in un modo alquanto malizioso.

"Figlio di puttana!" sputò Justin mentre l'altro se ne andava, con il respiro irregolare e la mascella contratta.

"Va bene, tornare a fare quello che stavate facendo prima, lo spettacolo è finito!" gridò Jacob, voltandosi verso l'ammasso di gente che aveva già cominciato a spettegolare sullo scontro avvenuto. Dopo pochi minuti tornarono tutti a farsi gli affari loro, dimenticandosi, per il momento, di quello che era successo pochi minuti prima.

Andai verso di lui che intanto era stato raggiunto anche dai suoi altri amici, chiedendogli cos'era successo. Forse dovevo farmi gli affari miei, ma dopo che quel tizio mi aveva fissata con una tale espressione da viscido, sentivo che c'entrava con me.

"Sta' lontana da quel tipo" sbottò andandosene, senza darmi alcun tipo di spiegazione. Lo faceva sempre e non era difficile intuire che mi dava fastidio.

Chi era quel ragazzo? E io cosa c'entravo con lui?

Bad Things.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora