Capitolo 8

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Fissai il soffitto. Contai fino a 10.
Ma cos'avevamo fatto?
Mi girai d'un lato del letto, e lo immaginai lì, accanto a me, proprio dove volevo che fosse. Fra pochi minuti mi sarei dovuta alzare per andare a scuola, dove l'avrei visto.

Sentire la verità sul suo conto raccontata proprio da lui era stata una sensazione fantastica, di liberazione. In più, non ne sapevo il motivo, ma chi Justin era realmente mi affascinava e non poco.

Decisi di alzarmi dal letto, tirai fuori l'intimo in pizzo nero dal cassetto alla mia destra e mi ritirai in bagno. Aspettai che l'acqua si riscaldasse per entrare nella vasca e farmi la solita doccia veloce. Quando uscii mi asciugai il corpo e mi cambiai, successivamente mi occupai dei capelli. Li piastrai ed indossai un paio di jeans larghi e strappati con il risvolto alla parte inferiore e un top grigio annodato. Sopra all'outfit abbinai una giacca di jeans tagliata ai bordi, resa così corta. Mi truccai in modo leggero utilizzando anche una generosa quantità di illuminante.

Portai lo zaino in spalla ed uscii, non prima di salutare amorevolmente i miei genitori, ormai non fare colazione era diventato normale per me. Mi incamminai verso scuola fermandomi a prendere un caffè-latte al suo bar. Quando ricevetti la mia ordinazione pagai e incontrai una persona che, forse, senza neppure accorgermene, avevo dimenticato. Jacob.

“Bella, da quanto tempo!” mi sorrise in modo amichevole.

“Già” risposi per finire al più presto la conversazione.

“Come stai?” domandò.

“Bene? Scusa, devo proprio andare o farò tardi” finsi un sorriso.

“Okay, ci vediamo. Mi piace la tua...maglietta” disse infine, la prima cosa che mi venne in mente come risposta fu annuire, così feci.

Mi allontanai con la bevanda in mano, sorseggiandone un po' alla volta, fino a finirlo prima dell'inizio delle lezioni. Lo buttai nel cestino e feci ingresso in classe, ma il professor Cameron mi disse che non sarei dovuta essere presente perché dovevo occuparmi dell'articolo sulla squadra di basket.

Inevitabilmente sorrisi, direggendomi nella palestra. Credevo che ci fossero gli allenamenti, eppure lì c'era solo il coach che stava facendo fare qualche prova a Justin.

“Salve, sono Bella Walmart, mi occupo dell'articolo” strinsi la mano al professor Robinson, nonché il coach.

“Oh, mi dispiace, abbiamo spostato gli allenamenti a domani. Se vuoi puoi fare qualche domanda a Justin, è qui dalle sette e ha finito per oggi” scrollò le spalle.

“Uhm, certo!” esclamai entusiasta, mentre il suo sguardo puntato su di me si faceva sempre più pesante.

“Okay, vi lascio ragazzi. Devo parlare di un nuovo progetto con il vice-preside. Ma, aspettate, dovrei chiudere a chiave la palestra! Andate nello spogliatoio, su...” mormorò.

Annuii, la situazione si faceva fin troppo interessante.

“Arrivederci coach” dissimo contemporaneamente, rimanendo finalmente soli.

Entrammo nello spogliatoio, con gesto lieve chiusi la porta alle mie spalle.

“Okay..iniziamo ─ mi sedetti su una delle numerose panchine ─ Come senti che andrà il torneo di quest'anno?”

Quando alzai lo sguardo lo trovai a petto nudo, mentre cercava una maglietta pulita all'interno del suo armadietto color blu notte. Finsi un colpo di tosse per attirare la sua attenzione, possibile che c'era un silenzio terribile e lui non mi ascoltava lo stesso? Sicuramente ci faceva apposta, per darmi fastidio.

“Tu sei particolare, Bella” disse guardandomi.

“Dovresti rispondere alle mi-” mi bloccò prima che potessi aggiungere altro.

“Stai cercando il pericolo” continuò con una voce roca venendo verso di me.

“Sto semplicemente provando a farti un-” non mi fece parlare di nuovo.

“Perché mentire? Tu mi piaci e lo sai benissimo” sussurrò avvicinandosi ancora a me.

Mi alzai in piedi fingendo di avvertire il bisogno di andare in bagno e, mentre aprivo la porta, lui mi tirò con il braccio verso di sé, con una presa talmente forte che mi sentii cadere. Bloccò interamente il mio corpo, riuscivo a sentire il suo fiato farsi sempre più tranquillo. Eravamo troppo vicini.

“L'altra volta lo volevi, e ora? Ora lo vuoi?” chiese in un sussurro, avanzai verso di lui riuscendo a sfiorargli il naso. Ansimai, chiudendo gli occhi per sentirlo.

“Lo vuoi? ─ ripite, annuii quando mi era ormai troppo difficile aspettare ─ Dillo!” mi ordinò con un tono rude e pretenzioso, che in quel momento riusciva solamente a farmi morire dalla voglia di baciarlo.

“Salta” mormorò, avvolsi le mie gambe attorno alla sua vita.

Avanzò lentamente con la testa verso le mie labbra sfiorandole di poco, stava facendo una sorta di gioco che non mi piaceva affatto. Quando le fece scontrare, sentii la stessa emozione di quando lo guardavo negli occhi o di quando, la prima volta che l'avevo rivisto, mi ero agganciata alla sua giacca di pelle.

Buttando ai polsi delle mie mani la giacca di jeans, cominciò a lasciare dei baci sul mio collo, finché non sentii i suoi denti succhiare un pezzo di pelle, creando un segno di sugellazione.

“Oh, ti prego...continua” gemetti spingendo con audacia la sua testa verso ogni parte di me che stava baciando.

“Sta' zitta” mi sbattè con forza sul muro, appropriandosi della mia bocca, della mia pelle, di me.

La pelle di Justin era liscia e perfetta, non riuscivo a smettere di guardarla e adorarla con tutto il mio corpo. Non era solo attrazione fisica, era qualcosa di più profondo e impossibile da combattere. Lo desideravo a tal punto da sentire un male fisico, e ogni suo sguardo, ogni suo respiro, ogni suo movimento riusciva solo a farmi impazzire di più.

Le sue mani finirono sul bordo della mia maglietta, si staccò per un attimo dalle mie labbra per tirarla su, rifiondandocisi subito dopo.

Ad un certo punto sentii la porta dello spogliatoio aprirsi.

In neanche mezzo secondo i miei occhi incrociarono quelli di Justin preuccupati, capii però qual era la cosa più giusta da fare: nascondermi.

Presi la mia maglietta e mi rifugiai sotto alla panchina dove precedentemente ero seduta.

“Che cosa stai facendo?” riconobbi quella voce.

Jacob. Di nuovo.

Ero sorpresa dal suo indiscutibile modo di rovinare sempre qualsiasi cosa.

“Non doveva esserci Bella qui? Il coach mi ha detto di raggiungervi”

“È in bagno. Ti devo dire una cosa, ma andiamo fuori. Fammi mettere la maglietta, me la sono tolta appena è entrata in bagno, eh” chiarì prima che lui potesse farsi strane idee.

Appena uscirono ne approfittai per vestirmi e poi li raggiunsi, iniziando così l'intervista.

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