Capitolo 11

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Un po' di tempo fa, lessi che le dimensioni dello stomaco variano in base alle quantità di cibo che riceve. Ed ho creduto per un attimo che forse il cuore agisce allo stesso modo, che succedesse la stessa cosa con le emozioni. In qualche modo, il mio essere scaraventato e senza un briciolo di sensibilità, stava diminuendo e forse addirittura scomparendo. L'unica soluzione plausibile era questa.

"Ragazzi, ci vediamo a scuola" ci salutò Jacob con un cenno, entrando in casa sua. Abitava da solo, anche se il più delle volte dormiva con tutti noi Bloods nella nostra specie di covo. Era una villa non troppo grande dove andavamo quando la situazione era troppo complicata e pericolosa da rischiare di rimanere soli, sopratutto per le ragazze. Nella nostra squadra erano solo tre, Kylie e Kendall, due sorelle orfane che erano state adottate dalla famiglia di Travis, e Madelaine. Gli altri componenti del gruppo erano Zayn e Gerald, meglio conosciuto come G-Eazy.

Nei Crips invece le ragazze erano quattro, loro in totale erano otto, come noi. Hailey, Emily, Johanna e Meredith erano le presenze femminili, gli altri erano Smith e Carter, i pezzi forti, Harry e Isaac.

"Devo riportarti a casa, non è vero?" chiesi.

"Non per forza, potremmo farci un giro, ma non avrebbe senso, quindi sì, portami a casa" fece un ragionamento giusto, ma allo stesso tempo sbagliato.

"Potremmo rimanere qui" portai una sigaretta alle labbra, quel silenzio attonito in cui eravamo immersi meritava di essere accompagnato con del fumo. Totale relax.

"A fare?" le sue labbra si schiudettero in un sorrido appena accennato che, d'un tratto, e senza volerlo, diventò anche il mio.

Non riuscivo ad impedire alla mia bocca di somigliarle in tutto e per tutto, fino a farle specchio.

"Che ne so, guardare le stelle. Le ragazze amano tanto guardare le stelle, no?" mi lasciai in qualche affermazione impacciata, mi aspettavo che da un momento all'altro sarebbe scoppiata a ridere per l'approccio che stavo utilizzando con lei. Io non mi comportavo mai così con le donne.

"Okay" schiuse nuovamente le labbra continuando a guardare dal finestrino.

"Okay" risposi quasi imitandola, nemmeno non se ne accorse, presa dalla pace del momento.

Ammirai la curva dolce del collo, solleticata dai ciuffi neri mossi appena dal vento, e in più basso la morbidezza del seno, dei fianchi, la pelle perfetta tra la canotta scollata e i pantaloni. Tutto parlava di lei nell'istante infinito di un solo sguardo, di un solo battito, di un solo respiro. Lo accoglievo incredulo dentro di me come se fosse un dono prezioso elargito a un pazzo a cui nessun sano di mente poteva dare ascolto.

"Cosa faremo ora?" domandò con quella voce tenera che le veniva dopo qualche dozzina di secondi di puro silenzio.

"Di cosa stai parlando?" le chiesi di spiegare più specificamente.

"Cosa faremo con Carter? O Smith? O i Crips? Cosa farò, più che altro? Io non faccio parte di questo mondo, dovrò cambiare vita? O è solo questione di tempo?" mi bombardò di domande.

"Non lo so. Inanzitutto dovrai saperti difendere quando sarai da sola, non puoi aspettarti di essere sempre in compagnia di qualcuno che possa aiutarti" sbuffai nervosamente.

"Mi cercheranno, credi?" reclamò attendendo tutta la mia onestà, per quanto brutta potesse essere.

"Se lo sapessi non ti farei tornare a casa, questo è poco ma sicuro" buttai la sigaretta a terra facendo uscire la mano fuori dal finestrino.

"Okay" rispose bruscamente, come se fosse colpa mia, come se fossi stato io ad averla cacciata in questo guaio.

"Okay" la imitai.

Non ero tranquillo, a vederla sola, ma conoscevo i Crips. Sapevo che Bella, per quanto irritante e indisponente fosse stata nei confronti di Carter, li affascinava e, di conseguenza, non l'avrebbero fatta fuori così presto. Il punto era che non volevo proprio che lei venisse fatta fuori e non c'era altro modo per evitarlo che unire le forze, assieme a tutto il mio gruppo, invitandola a farne parte finché non sarebbe stata sana e salva.

Fare parte di una gang, qualsiasi essa fosse, era di una pericolosità inimmaginabile, respiravi adrenalina ed eri costantemente in pericolo per il bene dei tuoi compagni di viaggio. Ad un certo punto, la loro salute diventava più importante della tua, e lì capivi cosa ci fosse di profondo in tale rovina.

"Che dici? Mi riaccompagni a casa?" cominciò a sbattere a ritmo su una sequenza familiare il piede destro.

"Come vuoi tu" misi in moto, sistemandomi per bene sul sedile.

Ci fu silenzio per tutto il tragitto, mi si bloccava il petto se pensavo che era in pericolo e che, ora più di prima, non poteva starsene più da sola. Avevo giocato male le mie carte, permettendole di fare cose che neanche lontanamente avrei dovuto percepire. Ed ora mi ritrovavo a subirne le conseguenze, o meglio, a cercare di fare qualcosa per non vedere che le subiva lei stessa.

"A che pensi?" si accigliò, vedendomi fisso con gli occhi sulla strada, ma allo stesso tempo troppo poco attento e concentrato.

"Al fatto che, forse, non dovresti neppure tornartene a casa tua. Sei troppo a rischio, ma da una parte penso ai tuoi genitori, alla tua vita prima di tutto questo, e non mi va di rovinartela. Anche se si rovinerà lo stesso, speravo che tu questo l'avessi intinuito" la guardai per un attimo con dispiacere.

"Me la sono cercata, ma sai, la mia vita prima non era niente. Semplice monotonia" mi raccontò.

"Cosa intendi dire?" aspettai una sua spiegazione.

"Che se ci sarà da combattere lo farò con le mie stesse forze" affermò.

E lì non obbiettai, rimasi in silenzio senza darle una risposta, né negativa, né positiva. La lasciai con il dubbio, ma qualcosa mi diceva che, qualsiasi cosa le avrei detto, non avrebbe potuto cambiare la situazione. Lei era decisa e da quanto avevo visto non era neanche negata, anzi, aveva una specie di talento che aveva catturato i Crips.

Arrivammo sotto il palazzo di casa sua, uscimmo entrambi dalla macchina.

"Ci vediamo" le sussurrai avvicinandomi per lasciarle un cauto bacio sulla guancia, l'istinto mi portò a rimanere lì, vicino a lei, abbastanza da infilare una pistola sulla tasca inferiore dei suoi jeans. Mi allontanai di poco lentamente e lei mi guardò dubbiosa.

"Ti servirà" aggiunsi sempre a bassa voce, rientrando in macchina e partendo prima che potesse rientrare. Era rimasta lì, nella stessa posizione, confusa da tutto ciò che le stava sconvolgendo la vita. Me compreso.

Bad Things.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora