Cap. 12 - Rivendell

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Roswehn dormì all'addiaccio per due notti, trovando provvidenziale riparo la prima sera in una vecchia tana abbandonata, la seconda sotto l'enorme tronco divelto di un castagno abbattuto da un temporale. Quest'ultima esperienza fu particolarmente sgradevole perché nel legno marcito avevano trovato rifugio anche svariate famigliole di animaletti.

Il mattino seguente Roswehn si era svegliata con il viso pieno di puntini rossastri, probabili morsi di chissà cosa, e si era trovata un millepiedi in tasca.

Saltó in piedi disgustata e furiosa. "Brutti esseri schifosi che non siete altro!" gridó, schiaffeggiandosi la faccia per togliersi qualche formica che si stava divertendo a passeggiarle sulle guance. "Come fanno gli Elfi a dire che ogni vita è sacra? Vi sterminerei tutti!"

La prospettiva di entrare a Imladris, peró, riuscì a riportarle il buonumore. Era davvero vicina, ora. Ci volle tutta la mattinata perché riuscisse a vedere in lontananza una delle belle abitazioni degli Elfi, e dopo mezzodí si trovó finalmente davanti al grande burrone sopra al quale era stata costruita l'eterna città elfica.

Si preparó ad entrare nel territorio di Rivendell. Era più che certa che gli Elfi si sarebbero spaventati vedendola: dopo tre giorni spesi a vagare come una raminga, portando sempre gli stessi abiti ormai sporchi e rovinati dal suo passaggio in una zona piena di rovi, aveva l'aspetto di una vera selvaggia.

Varcò la soglia.
Gli Elfi di guardia le si avvicinarono subito. Uno dei due, senza nemmeno chiederle il nome, prese un piccolo corno che teneva appeso in vita e lo suonò. Il segnale che era appena arrivato un visitatore.

"Sono Roswehn Monrose. Vengo da Dale, lord Elrond mi conosce bene." iniziò la solita litanía di presentazione, che al suo ingresso a Boscoverde, tre mesi prima, a ben poco le era servita. I due non risposero, si limitarono a squadrarla dall'alto in basso.

Dopo qualche minuto, vide un Elfo vestito di viola con un lungo mantello color vinaccia che gli ricadeva elegantemente sulla schiena, discendere le scale di quella che sembrava una grande casa. Lunghi capelli castani gli incorniciavano il viso. Era carino.

Il consigliere di Elrond, indovinò lei

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Il consigliere di Elrond, indovinò lei. "Salve, Lindir di Imladris."

"Ti attendevamo da tempo." esordí l'Elfo sorridendo amichevolmente, e si portó una mano al cuore, per salutarla.
"Lord Elrond mi aveva preannunciato il tuo arrivo già nel mese di maggio. Ho saputo quel che ti è capitato." disse Lindir, in un'espressione fattasi subito seria. "La tua disavventura ad Arnor e il... resto. Stai meglio, ora?"

"Sì, ringraziando Eru. É stato orribile, ma sto cercando di dimenticare." rispose lei, scostandosi una ciocca dal viso. Era scarmigliata e in disordine. "Mi dispiace per il mio aspetto... ho camminato per tre giorni fin qui."

"... a piedi fin da Esgaroth?" Lindir si stupì. "Dov'è il tuo cavallo?"

"La mia cavalla è precipitata nei burroni delle Montagne Nebbiose. Ho commesso l'errore di portarla su un sentiero troppo stretto. È scivolata giù, con tutte le mie proprietà. Non ho più bagaglio, e saró costretta a chiedervi vestiti e calzature. Ciò che indosso è ridotto male, come vedete. Sono desolata di arrecarvi disturbo." si scusó Roswehn. Povera Eléntari. Si immaginò il suo possente corpo spiaccicato sul fondo di quell'orrido oscuro.

Una rosa nel boscoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora