Cap. 8 - Genitori e figli

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Mentre Roswehn si allontanava a passo svelto dalla casa di Babiyar, un altro confronto stava per avere luogo lontano da Dale, in un reame costruito in mezzo ai boschi.

"Vorrei parlarti."
Legolas si avvicinó a suo padre, che stava osservando la foresta illuminata dal sole.

Thranduil si giró a guardarlo, mentre si appoggiava al suo scettro. "Sai come chiamano i mortali Eryn Galen? Bosco Atro, cioè oscuro. Stupidi. Non c'é nulla di oscuro né tetro qui. La loro ignoranza è senza limiti." mormoró il re. Roswehn gli aveva raccontato tutte le leggende e le dicerie a proposito degli Elfi che si tramandavano fra la sua gente, storie fantasiose che avevano finito per far nascere quella diffidenza tanto ardua da sradicare verso il popolo di Manwë. "Non capisco le loro ottuse superstizioni." continuó il re.

"È perché non ci conoscono," rispose il principe. "Non c'è da stupirsi che abbiano timore di noi: tu non lasci avvicinare nessuno a questi confini."  Suonó come una specie di rimprovero.

Thranduil lo guardó con severità. "E continueró a farlo. Nessuno puó entrare e uscire liberamente da questo reame. Non abbiamo altra difesa che l'incessante sorveglianza, lo sai." rispose.

"Roswehn l'ha fatto, peró. E la cosa non ti ha irritato. Tutto il contrario." obiettó Legolas, sorridendo.

"Non abbiamo ancora parlato di questo, mi devi perdonare. Avrei dovuto spiegarti meglio la situazione quando sei tornato." disse Thranduil. "Non è facile per te, lo capisco." 

Legolas si stupì: suo padre che gli chiedeva di perdonarlo? Roswehn doveva aver compiuto un mezzo miracolo per aver ammorbidito la personalità del re in quel modo. "Non mi devi spiegazioni, padre. È una scelta tua, come tua è la vita."

"C'è molto di cui dovremmo parlare, Legolas. Non solo a proposito di Roswehn:  secoli sono passati dalla morte di Calenduin e in tutto questo tempo nei tuoi confronti sono stato solo un re, quasi mai un padre. Tua madre avrebbe detestato il mio comportamento." ammise Thranduil. "Quanti anni sprecati." sembrava piombato di nuovo nella mestizia che il principe ben conosceva. In quel momento capì quanta importanza l'incontro con la mortale di Dale avesse avuto per lui. Mancava da appena quattro giorni, eppure le conseguenze della sua assenza già si vedevano sul suo viso.

"Ho sempre saputo che il tuo ruolo di sovrano doveva venire prima di quello di genitore. Non devi sentirti in colpa." tentó di dire Legolas. Era strano per lui parlargli a cuore aperto, quella forse era la prima volta che discutevano del loro rapporto. "Ma c'è un dubbio che mi attanaglia, ora. E non solo me."

Thranduil corrugó la fronte. "Quale? Dimmi."

"Tu la ami davvero?" chiese il principe. "Roswehn crede di no. Crede che il tuo non sia che un affetto superficiale verso di lei. Crede di non essere importante."

"Te l'ha detto lei?" chiese Thranduil, mentre il figlio scorgeva un'ombra di dolore nei suoi occhi azzurri.

"Sì. E se non le vuoi bene, non dovresti tenerla qui. Sarebbe sbagliato." disse Legolas. "Crede che tu non la ami come amasti mia madre."

Thranduil giró di nuovo il volto verso il panorama davanti a loro. Il vento accarezzava morbidamente le cime degli alberi, splendidi nel loro verde estivo. "Quando tua madre viene nominata, si alza sempre il vento. È una cosa che ho notato molte volte, e non puó essere un caso. Sai cosa credo? Credo che sia lei." disse il sovrano, come parlando fra sé. "Vuole dirci che è vicino a noi, che il suo spirito è qui, ci protegge." guardó di nuovo il figlio. "Oh, se l'ho amata! Il nostro amore era più profondo del mare, Legolas. Eppure..." non riuscì a continuare.

Una rosa nel boscoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora