Capitolo Sette - Sofia

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Penso che rendersi presentabili la mattina sia un'impresa impossibile. Figuriamoci quando c' è Ermal di mezzo. Ci avevo messo più di mezz'ora a realizzare che quello di Ermal fosse un invito per rivederci, nonostante le sue parole fossero chiare. Avevo fissato per un tempo infinito il suo messaggio completamente imbabolata con un sorriso da ebete sulla faccia. Sono bastate poche parole per farmi completamente dimenticare la mia stanchezza e per gettarmi in una agitazione sconosciuta che mi divorò stomanco e cuore fino al mio arrivo nel bar - un grazioso locale stile retrò. Sentii un vuoto allo stomaco come se stessi precipitando dalla Tokyo Tawer vedendo quei deliziosi boccoli scuri ricadere dolcimente su loro stessi, creando un intricato groviglio di capelli, quei capelli che avevo tanto sognato di rivedere.Ermal era girato, stava allegramente conversando con il ragazzo da dietro al bancone, probabilmente un suo fan improvvisato. A questo punto, avevo la possibilità di fare la migliore entrata effetto di tutta Roma, un arrivo anche meglio di quelli di Ermal ai concerti.

Invece no.

Come mio solito, la mia entrata viene accompagnata da una bellissima, enfatica, veemente figuraccia coi fiocchi. Sono rimasta imbalsamata a fissare il mio principe azzurro per un tempo interminabile, tanto da bloccare il passaggio ad un cliente che desiderava nient'altro che pagare la sua colazione. Mi trovavo, infatti, esattamente davanti alla cassa, e il ragazzo che poco prima stava parlando con Ermal in quel momento mi stava gentilmente pregando di spostarmi. Dopo aver vigorosamente guadagnato occhiatacce da parte di tutti i presenti, mi affrettai ad andare avanti raggiungendo l'uomo dei miei sogni che mi guardava con un'espressione a metà tra il sorriso e il ghigno.Fu lui a sciogliere il silenzio imbarazzante creato:

"a quanto pare la reattività non fa per te"controllai la mia emozione nel risentire la sua voce e decisi di comportarmi normalmente.

"se è per questo neanche la dignità, dopo tutte le figure che ho fatto''.

"non oso chiederti a cosa stessi pensando" disse rimanendo sulla presa in giro.

impallidii realizzando che la persona su cui stavo fantasticando fosse proprio lui, e desiderai completamente sprofondare constatando che sua maestà l'avesse capito, a giudicare dal suo sorriso maliziosa. La sua affermazione, ovviamente, bastò per farmi perdere tutta la sicurezza che avevo pensato di mostrare e mi spensi nel mio solito silenzio.A quanto pare, aveva capito anche questo:

"Mi fa piacere che tu sia venuta, ieri" disse con un tono estremamente dolce

" Sì...ehm...anche a me. L'emozione che mostri mentre canti è impressionante" azzardai, guardandolo.

"anche quella che mostri tu quando scrivi non è male" mi sorrise. In Ermal il sarcasmo e la dolcezza si alternavano così fittamente da confondersi e spesso divenire una cosa unica; La strana accoppiata dava origine a toni esilaranti, espressioni uniche che solo in quel solo uomo potevano esser viste. Ermal era solo lui, Ermal solo Ermal, niente che gli assomigli.Cominciò a chiacchierare più fitto sulla sua imminente partenza verso Milano, verso la sua abbandonatissima abitazione, quella sera stessa. Seppi allora che non l'avrei più visto e con tanta più passione mi immersi in quegli occhi belli, da sempre venerati e ora tanto vicini da sembrarmi impossibile si potessero di nuovo allontanare.Ermal mi salutò poco dopo trattenendomi leggermente per i polsi e baciandomi la guancia con il conseguente avvampare della mia pelle sotto il tocco delle sue labbra.

"Ciao, Sofia. Se passi per Milano, fatti sentire."

ma erano le solite frasi- quelle che sono davvero solo frasi.

"Ciao, Ermal."




"Sofia, è importante. E' un' occasione che potrà non capitarti più, lo sai?"

La voce dell'editore dall'altro capo sembrava alterata, come se fosse una pentola a pressione sul punto di esplodere.

"Lo capisco ma.."

"Sofia, vogliono pubblicare la tua raccolta anche all'estero. Mi dici perchè titubi?"

Ero arrivata a Roma da meno di un mese e mi volevano già via. Forse a questo non ero pronta, a sdradicarmi.

"Vieni a Milano entro due giorni e ne parleremo con il diretto interessato." continuò come un treno.

Milano. Il sangue mi si era gelato. Annui, gli dissi che sarei andata presto, l'indomani.Ermal. Milano, Ermal. Fu lui che chiamai, con tutta l'ingenuità del mondo.

"Oh, perfetto! Ho il treno questa sera, lo sai." la sua voce allegra "Vestiti e prepara la valgia, tra quaranta minuti vengo da te. Dove abiti?"

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