Capitolo otto - Sofia

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La macchina di Ermal aveva un odore misto tra il fumo e lo zucchero che mi aveva confusa fin dal primo istante in cui l'avevo sentito. C'era qualche cartaccia sui tappetini ed Ermal era una macchinetta di chiacchiere non stop a cui io sorridevo, faticando ad assorbire il torrente in piena delle sue parole."Goditi adesso che mi hai tutto per te" sghignazzò, guardandomi a fondo "In treno dubito che le fan lasceranno un brandello della mia povera pelle a te" assunse un'aria teatrale, battendosi il petto e sgrullando l'enorme massa di ricci pendenti. E dovetti constatare, con mio sommo rammarico, quanta ragione avesse. Il viaggio in treno fu un assalto continuo di selfie, occhioni e ciglia sbattute a suon di Ermaaal urlato a voci stridule. Ma- d'altronde- io ero esattamente come loro e avrei fatto esattamente quel che loro facevano: solo che io con Ermal ci stavo facendo un viaggio in treno e per qualche curiosa ragione questo mi stimava permettendo la creazione di un rapporto molto più appagante di un selfie strappato in treno. Il ragazzo non smise di mostrarsi disponibile neppure con le più impertinenti e di tanto in tanto mi guardava divertito: dal mio canto, me ne ero rimasta in disparte qualche sediolino più in là guardando le campagne toscane dal finestrino. Il rumore non mi apparteneva, non mi apparteneva la fama, il pubblico- la mia natura introversa mi predisponeva alla profondità di pensiero ma di certo non alla socialità.Ed io- Sofia- avevo appena lasciato casa, e quindi tutto quello che mi apparteneva e più mi era congeniale, per un probabile tour che invece mi avrebbe dato esattamente ciò che non sentivo mio. Scrivere, si, quello era da me, ma non tutto quello che ne seguiva.Ed Ermal, neppure lui poteva dirsi nelle mie corde. Così spigliato, tremendamente a suo agio nella folla e...

"Sofia, ma stai sempre con questa faccia, manco Montanari è così rompipalle''...e tremendamente bello- bello da non potersi dire. C'era qualcosa che dalla sua figura emanava a scoinvolgere i cuori delle anime attente, qualcosa di incredibilmente delicato e dolce ma con una forza ineguagliabile. Delle sue ferite passate non rimaneva ora che una perfetta armonia- un'armonia vitale e potente. Abbozzai un mezzo sorriso come da risposta ma non parve funzionare, Ermal continuava a guardarmi con degli occhi strani,indagatori, come sospettasse che io avessi una malattia grave. I fan gli avevano dato tregua, a quanto pareva, e, dopo che tutto il treno aveva preteso un suo autografo -comprendendo ultrasessantenni acculturate e ventenni strabelle con occhi magnetici e labbra carnose- lui, ovviamente, guardava me, che stavo tranquillamente pensando al senso della vita. Cercai di non far caso ai suoi occhi scuri che mi logoravano il cuore, sembrava estremamente serio e sincero. Era come se il fuoco mi stesse stuzzicando, indeciso se bruciarmi o no. Io, da parte mia, guardavo ovunque a costo di sembrare vaga. il mio sguardo passava da un viso sconosciuto ad una carta abbandonata a terra, si soffermava un pò sul paesaggio e poi continuava il suo giro, la sua fuga dagli occhi di Ermal che erano constantemente incollati a me. Mi considerai una ragazza morta quando sentii la sua voce richiamarmi, probabilmente stanco di quel fuggi-fuggi.

''sofia'' disse con un tono bassissimo, appena udibile, continuando a guardarmi negli occhi.

''eh'' risposi io, ormai costretta ad alzare lo sguardo. Avevo perso. La sua vista mi urtò, e il mio cuore parve rompersi al quel piccolo contatto lontano. Restammo a studiarci, l'uno con l'altro. Lui con libera scioltezza, io con il fiato sospeso, con le emozioni stravolte e la lucidità mentale in tilt.

''no, in realtà non dovevo dire niente'' disse con un mezzo sorriso. Il pensiero che mi avesse chiamato in realtà solo per permettere quel distante accostamento era preccupante e mi faceva diventare ancora meno intelligente di quanto non fossi già. Appena finito quell'attimo che mi parve eterno, mi precipitai a guardare fuori dal finestrino cercando di nascondere le mie guance infiammate.

Il viaggio fu abbastanza lungo e io ed Ermal parlammo molto poco. Lo passai in gran parte a pensare a cosa sarebbe accaduto ora che il mio libro poteva essere pubblicato, pensai al percorso che mi si poteva presentare e credetti che Milano mi avrebbe cambiata, insieme ad Ermal. Già. Ormai io e lui stavamo nella stessa città, mi avrebbe più chiamato? ci saremo più visti o con il passare del tempo ci saremo dimenticati?                                                                                            L'hotel in cui risiedevo era poco distante da casa di Ermal, qualche isolato più in là. Facemmo un tratto di strada insieme, poi lui mi diede una buonanotte distratta dando altre mille scene ai miei film mentali. Era notte inoltrata quando raggiunsi il mio letto, pronta a sprofondarci dentro.

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