Capitolo Diciotto - Sofia

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Milano, finalmente. La città che mi era sembrata così fredda, così poco accogliente e così dispersiva nei primi momenti ora pareva casa mia. Certo, in teoria era a Roma che dovevo tornare, ma c'erano ragioni ben più salde che mi trattenevano lontano dalla capitale. Il fatto che Ermal non si fosse presentato all'areoporto non mi fermò; non poteva essersi scordato di me. Magari mi stava raggiungendo ma ha avuto un contrattempo che lo aveva costretto a tornare indietro, magari era mortificato perchè lo avevano trattenuto più tempo del solito in studio. Chi lo sa, la vita è imprevedibile.

Luca era sempre più stranito dal fatto che volessi restare dei giorni supplementari a Milano, ma d'altronde, la mia Roma poteva aspettare. Lui, al mio contrario, avrebbe raggiunto altre mete sconosciute partendo quasi subito e, a suo dire, doveva ancora aggiustare le ultime cose e mi avrebbe richiamato per le novità.

Con Ermal, invece, decisi di non essere assilante. Sapevo che se l'avessi chiamato avrei rovinato tutto con il mio eccessivo entusiasmo. In altre parole, non volevo risultare invadadente, o forse, con ancora un'altra traduzione, non volevo apparire come la povera sfigata che non ha altro da fare che inseguire il suo amore.

Resistetti qualche ora prima di decidere di inviargli un messaggio. Poi due. Tre. Un'infinità. Un'infinità di messaggi che chiedevano dove fosse sparito. Alloggiai nello stesso hotel del mio arrivo, per poter raggiungere -in evenienza del tutto eccezionale- la casa di Ermal se fosse servito. Eppure il mio entusiasmo non veniva intaccato in nessuna maniera da quella situazione non troppo promettente. Ero fermamente convinta che avesse avuto un problema, che il cellulare gli fosse morto non lasciando traccia dei suoi messaggi, che fosse preoccupato perchè il lavoro non gli permetteva del tempo libero per vedermi. Ero anche preoccupata per lui, insomma, se gli fosse successo qualcosa? e mentre la mia mente veniva trascinata nel limbo di pensieri assurdi, sull'orlo della pazzia della disperazione, me ne stavo a guardare tristemente il soffitto della stanza di hotel, accasciata a pancia all'aria sul letto come se mi fosse morto il gatto. Non cenai, ripensai alla sua voce leggermente isterica le cene in hotel fanno cagare e sorrisi da sola. Un solo messaggio fece vibrare il cellulare quando erano da poco passate le undici.

Scusami Sofia, sono stato impegnato. Buonanotte.

Meta,dove sei finito?

i messaggi già non gli arrivavano più, doveva aver spento il cellulare. Poche notizie erano pervenute dal fronte. Dopo una sparizione di molte settimane, anche ora che ero lì a pochi passi da lui, tutto cio' che mi aveva scritto era stata una frase di circostanza. Non era da Ermal. Impegnato, in cosa? Non aveva eventi per quanto ne sapessi ed anzi dai suoi discorsi avevo capito fossero per lui giorni tranquilli. Stava male, gli era successo sicuramente qualcosa e non voleva darmi ansie. Ci riflettei e dedussi che doveva essere sicuramente così. Chiusi gli occhi, pensando che l'indomani l'avrei raggiunto e mi sarei fatta raccontare tutto.

Ermal mi aveva aperto in pantofole, con indosso un paio di pantaloncini blu e una lunga maglietta bianca che gli aderiva al petto. Gli sorrisi e gli saltai in braccio: mi appoggiò una mano sulla schiena soffiandomi un ciao poco sopra l'orecchio.

"Scusami, ma davvero volevo vederti. "

Lui ridacchiò. "Stai tranquilla, entra."

Non disse che gli ero mancata, nè niente. Quel solo e gelido invinto ad entrare. Non me la diceva giusta. Lo seguii in cucina, e mentre siedevo al tavolo, mi volse le spalle, caricando la macchina del caffè: erano le dieci ed era strano vederlo ancora in maniche di camicia.

Si appoggiò contro il davanzale, mentre aspettava che la macchinetta facesse il suo lavoro.

"Come stai?"

Presi a diluviargli in testa con racconti dettagliati, aneddoti tragicomici ma alla fine, più di tutto, mi dissi felice di vederlo. Lui con un espressione imbarazzata mi porse la mia tazza, non rispondendo nulla. Sedè di fronte a me, incontrò i miei occhi, sembrò spossato da non riuscire a parlare.

"Che succede?" balbettai.

Abbassò gli occhi, si torse le mani. "Sono solo stato impegnato." provò un sorriso, gli venne male "E sono un po' stanco, non è niente. Tu quando andrai via?"

"Qualche giorno."

calò silenzio e lui guardò fuori: l'autunno si era fatto palese in ogni dove.

"Tra dieci minuti devo andare in studio. Ti dispiace se..?"

Messaggio arrivato in piena faccia come un tir. Mi alzai incespicando e portandomi la borsa sopra la spalla. "Figurati, vado via."

Mi diede un leggero bacio sulla guancia, prima di mettermi fuori la porta.

Senza la forza neppure di pensare, mi fiondai in hotel: dov'era finito l'Ermal che avevo lasciato?


__Spazio tipe che scrivono__

Grazie per le 500! La storia sta volgendo al termine. Che cosa avrà mai il nostro Ermal? Che finale vi aspettate? Fatecelo sapere,  ci  teniamo.

Un bacio.

SofiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora