Un angelo ribelle

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Gian Giacomo sistemò meglio la borsa di pelle in vita che gli era stata assegnata. Sentivaun senso di ansia e nausea, quella notte afosa di giugno. Con lamanica della camicia stropicciata si asciugò il sudore dal volto edal labbro e strisciò in avanti per nascondersi dietro a una siepe.
L'erba secca gli pizzicò il volto e le braccia nude, mentre strisciava per rifugiarsi nel suo nuovo nascondiglio. Giunto alla posizione stabilita, poté vedere le candele della casa di Marco il panettiere affievolirsi leggermente. 

Quella mattina, l'uomo aveva rincorso il suo amico Giovanni che gli aveva chiesto elemosina di qualche pezzo di pane, colpendolo con la scopa e urlando che la feccia non aveva il permesso di entrare nella sua panetteria.

Ovviamente, Gian Giacomo e il suo gruppetto di amici avevano deciso che questa azione gli sarebbe costata una lezione quella sera stessa. Il piano che avevano escogitato consisteva nell'intrufolarsi in casa dell'uomo per rubargli le ultime infornate. Essendo un lavoro lungo il panettiere li aveva fatti attendere molto prima di spengere le ultime luci in casa per andare a coricarsi, ma Gian Giacomo era convinto che nessuno si sarebbe accorto della sua uscita notturna.

In ogni caso sapeva che a differenza di Angelina, sua sorella Lorenziola l'avrebbe protetto.

L'odore di dolci all'uvetta e pagnotte calde gli riempì le narici e gli fece brontolare lo stomaco.
Ancora rannicchiato dietro un cespuglio, lanciò uno sguardo ai suoi compagni nascosti dietro gli alberi, che lo incoraggiavano con lo sguardo e intanto lo fissavano in attesa. Attese il via di Lorenzo, il più alto in grado e di età nel gruppo, prima di sfrecciare veloce fin sotto la casa del panettiere.
Una volta giunto, si accucciò vicino al muro acuendo l'udito.

Secondo i loro calcoli, in quella parte della casa avrebbe dovuto trovarsi sotto la camera da letto dell'uomo. Dalle persiane consunte infatti giunse un sonoro russare e Gian Giacomo dovette arricciare il naso per non scoppiare a ridere.

Continuò a strisciare silenziosamente fino a raggiungere il punto in cui l'uomo lavorava e infatti venne accolto da un intenso profumo di cibo. Alzando gli occhi, Gian Giacomo vide che la finestra era stata lasciata spalancata e pensò che era davvero una bella fortuna. Ghignando, si stese sulle punte e afferrò il cornicione della finestra. Fece leva sulle braccia e si alzò in alto, mugugnando per la fatica e maledicendosi mentalmente per essere così mingherlino, ma una volta accucciato sul davanzale un sorriso sornione gli spuntò sul volto.
Ce l'aveva fatta!


Una volta entrato nell'abitazione curiosò in giro e venne accolto dalla casa tipica di chi, come lui viveva immerso nell'umiltà: piccola e buia, dal colore legnoso e le pareti odoranti di muffa, fredda a causa dell'aria che entrava dalla finestra spalancata, con solo due stanze dove l'uomo preparava l'impasto e si riposava.
Avanzò in punta di piedi sul parquet consunto e scricchiolante, fino a che non arrivò dinanzi a un grosso tavolo di legno al centro della stanza. Lo sfiorò con una mano e sentì le dita sporcarsi di quello che doveva essere impasto fresco. Sopra al tavolo lo attendevano due grandi vassoi rettangolari di paste dolci e pagnotte friabili. Annusò rapito l'odore del miele e dell'uva passa, sentendo lo stomaco contorcersi per il piacere e l'acquolina salire in bocca. Da quanto non mangiava un dolce del genere!


Ogni volta che ricevevano qualcosa in dono, era costretto a spartirselo con le sorelle e litigare anche lui per ricevere una porzione misera, che a malapena soddisfaceva il suo languore. Afferrò rapido le pagnotte salate e dolci, riempiendola borsa a tracolla datagli fino a svuotare un intero vassoio di panini.
Il secondo invece era ancora intatto e Gian Giacomo si leccò le labbra sentendo il profumo vanigliato. Decise che quelli sarebbero stati la sua ricompensa per il rischio che aveva corso. In fondo i ragazzi non sapevano cosa o quanto cibo il fornaio avesse lavorato e lui non poteva riempire ancora di più la borsa, ormai colma e bollente di pane. 

Forse fu solo perché era troppo occupato a soddisfarsi con quelle delizie che non fece caso al rumore scricchiolante di passi, unito al cigolio di una porta che si apriva.

Come un animale in trappola si volse di scatto ma troppo tardi. Il panettiere avanzava verso di lui con passo pesante, brandendo un mattarello da cucina come arma.
«Stupido ragazzino! Ladruncolo bastardo!»
Gridava con la voce impastata dall'alcool e dal sonno, mentre in sottofondo le urla della moglie erano così stridule che avrebbero potuto svegliare tutto il vicinato. Gian Giacomo era terrorizzato, ma era anche abituato a situazioni del genere e scattò verso la finestra , afferrando durante lo slancio un ultimo paio di dolci. Prima di lanciarsi dal cornicione si voltò, incappando nell'uomo visibilmente esterefatto dalla sua prontezza di riflessi. Purtroppo però, si riprese abbastanza in fretta e brandendo ancora più saldamente il mattarello sporco tentò di fermarlo.


Giacomo non si lasciò intimidire e si lanciò atterrando con la schiena sull'erba morbida. Scattò in piedi e iniziò a correre, mentre il panettiere apriva l'uscio di casa per inseguirlo. Con il cuore a mille nel petto e le gambe bricianti, corse più veloce che poteva. Quella sensazione di pericolo era eccitante ed inebriante.
Sentì dietro di sé l'uomo che si fermava sconfitto e imprecava con affanno.
Rise, decidendo di dargli il colpo di grazia finale.
«Ci vediamo, grassone!!» gridò.

Le grida che ne seguirono ebbero solo l'effetto di farlo divertire di più e continuò a correre, fino a che la casa del panettiere non divenne un punto lontano. Nel limitare della foresta lo attendevano i suoi compagni, rimasti nascosti dietro agli alberi in attesa del suo ritorno. Con ancora il fiatone e i capelli appicciati al volto per il sudore, porse a Lorenzo la borsa stracolma dei dolci trofei.

Lorenzo era un ragazzo di quasi dodici anni che si atteggiava da adulto. Non appena Gian Giacomo gli mostrò la borsa l'afferrò rudemente per controllarne il contenuto.
Arricciò il naso, quasi come per valutare se quelle che vedeva erano effettivamente delle pagnotte, poi ne prese una e le lanciò a turno a tutti gli altri, compreso Giacomo, tenendo il resto del bottino per sé.

«Ottimo lavoro, Gian» Lo elogiò atono, poi si volse e si incamminò portandosi dietro tutti gli altri ragazzi.

Giacomo rimase immobile per qualche secondo, sentendo l'amaro salirgli in bocca.
Ma come, tutto qui?! Un buffetto sulla testa, un'occhiata veloce e tanti saluti? Ma si riprese in fretta sapendo che era stato solo grazie a lui che quel piano aveva avuto successo.
Alzò le spalle e rincorse il gruppetto lontano.

L'apprendista del pittoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora