10 All'alba, l'inizio

269 21 2
                                    

Un ragazzo sfrecciava lungo le strade di Milano ridendo sguaiatemente, con i boccoli rossi al vento e gli occhi spiritati da una pura gioia. Ogni qualche passo, afferrava un dolcetto da una busta di carta che teneva stretta al petto, divorandola mentre continuava frenetico la sua corsa.
Dietro di lui, parecchi passi più indietro, una donna anziana e grassoccia lo rincorreva con i suoi passetti piccoli, sbuffando e ansimando come un bufalo inferocito. <<Signorino, per favore, si fermi!>>, lo implorava, cercando ad ogni costo di raggiungere il mascalzone che le stava procurando tante noie. Ansimò ancora, a causa dell'età e dell'eccessiva attività fisica a cui non era abituata, prima di arrendersi del tutto e fermarsi in mezzo alla piazza del mercato, sollevando gli orli del gonnellone dalla polvere e dal fango. <<Gian Giacomo Caprotti, riferirò tutto al suo maestro e non ci sarà nulla che potrà salvarla!>> gridò con voce stridula, sistemandosi il velo bianco che le copriva interamente la nuca come quello di una suora. A quell'avvertimento, il ragazzo non fece altro che ridere più forte, svoltando in un angolo, prima di scomparire del tutto dalla sua vista. Quando fu sicuro di non essere più seguito, udendo solo i propri passi e il respiro affannato dall'intensa corsa, il ragazzo osò fermarsi in un angolo del vicolo umido, appoggiando la schiena contro il muro ammuffito. Chiuse gli occhi, sorridendo mentre le parole della donna continuavano a risuonare nella sua mente. Lo dirà a Leonardo...Che paura!

Ridacchiò divertito, immaginandosi già il volto fintamente arrabbiato dell'uomo mentre lo redarguiva di fronte a tutti gli altri allievi, per poi chiedergli maggiori informazioni sui suoi misfatti una volta che sarebbero rimasti da soli nella sua camera. Si stiracchiò, portando le braccia oltre la testa, mentre il viso pallido veniva baciato dal tiepido sole di aprile. D'un tratto però una voce lo riportò alla realtà, un delicato tono familiare carico di promesse sempre mantenute. <<Ehi Gian Giacomo, ancora nei guai?>>. Sorridendo famelico, il ragazzo aprì gli occhi per fissarli in quelli di una donna bassina, dal latteo seno ben stretto nel corsetto di cuoio scuro e dalle braccia tornite e lattiginose. <<Ehi, Maria.>>, salutò, attendendo che la giovane gli si avvicinasse fintamente timida, prima di afferrarle le braccia nude e sbatterla contro il muro semi isolato. Si leccò le labbra famelico, abbagliato dai suoi grandi e ingenui occhi verdi. <<Io sono sempre nei guai, dolcezza. E rammenta: il mio nome è Salaì>>, la redarguì. Con un sorriso da lupo, si chinò per baciare e mordere vorace il collo della ragazza, udendo i suoi respiri diventare sempre più accelerati. Lei rise, intrecciando le braccia attorno al suo collo, che dimentico del sacchetto di caramelle, aveva lasciato cadere a favore dei fianchi stretti dal corsetto e dalle natiche di Maria. Lei mugolò, guardandosi distrattamente attorno, prima di staccarsi dal ragazzo che nel mentre le aveva scoperto entrambi i seni e giocava con i suoi capezzoli rosa. Gian Giacomo venne investito dal suo profumo di fiori e dai capelli del colore del grano che gli solleticavano il viso, mentre un senso di frustrazione per l'occasione perduta si impadroniva di lui. Ma il suo broncio venne nuovamente sostituito dal desiderio e dalla lussuria, quando Maria gli prese il viso con entrambe le mani racchiuse a coppa, per stampargli un sonoro bacio sulle labbra. <<Andiamo in camera.>>, sussurrò docile, indicandogli il bordello a pochi passi da entrambi. Gian Giacomo non se lo fece ripetere due volte.

Quando tornò nella bottega, esausto e felice, era ormai il tramonto. Dall'interno, il solito e frenetico vociare, unito al rumore di passi pesanti e risate allegre, fece comprendere a Gian Giacomo che Leonardo non doveva ancora aver fatto ritorno. Entrò nella bottega, mangiucchiando rumorosamente le ultime caramelle comprate e andò diretto in cucina, ignorando i ragazzi al cavalletto che stavano dipingendo. Sentì qualche commento acido sul suo essere sbruffone, ma non vi badò tanto: la loro era soltanto invidia perché a lui tutto era concesso. Dalla cucina, una donna grassoccia agitava con enfasi il cucchiaio di legno sporco di sugo mentre stava animatamente discutendo con un vecchio amico di Leonardo, che a volte faceva loro visita per portare le nuove dalla città natia del maestro. Quando lo videro entrambi, interruppero il loro discorso e Gian Giacomo sorrise timido, prima di sedersi al tavolo con loro e afferrare una mela verde dalla fruttiera. <<Gian Giacomo! Quella era messa lì assieme alla frutta per essere dipinta dopo dagli altri!>>. Olga, la cuoca, lo bacchettò con il cucchiaio sulle mani, ma il ragazzo fece finta di non sentirla e per provocazione, leccò il sugo che colorava i suoi dorsi. Divertito dalla scena, l'uomo si abbandonò sulla sedia, sorridendogli sornione.
<<Ah, il nostro Salaì. Che cosa non fa per essere al centro dei nostri pensieri.>>
Gian Giacomo osservò l'uomo, sorridendo di rimando.

L'apprendista del pittoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora