Dal giorno del loro incontro, Milano gli era parsa sotto un'altra prospettiva; come se possedesse una nuova vita e una differente tonalità. Tinta di cremisi, ecco come l'avrebbe definita se glielo avessero chiesto: una rossa città viva, come di rosso avrebbe voluto dipingere il battito del suo cuore pulsante di frenetica eccitazione.
Leonardo non era riuscito a chiudere occhio per due intere notti e nonostante fosse conscio della reale causa della sua insonnia, con gli altri che glielo avevano domandato aveva preferito offrire un'altra versione: il suo mecenate Ludovico il Moro gli aveva infatti commissionato il dipinto di Lucrezia Crivelli, una delle sue amanti. La prima volta Leonardo non aveva completato in tempo il dipinto di Cecilia Gallerani, la "dama con l'ermellino", quindi non poteva permettersi un nuovo ritardo. Aveva bisogno di soldi e protezione se desiderava restare ancora a Milano.
Il dipinto ritraeva Lucrezia a mezzo busto con indosso un abito vinaccia ricamato d'oro e il bel volto serio e dalla fiera espressione. Sulla fronte, Leonardo le aveva dipinto un ciondolo pendente per accentuarne l'eleganza. Per terminare in tempo il ritratto si era dimenticato più volte di mangiare, alternando il giorno con la notte. La sera, i suoi allievi si erano sistemati difronte alla sua porta socchiusa per vederlo dipingere furiosamente dimentico del mondo esterno.
Lavorare su quel dipinto gli era stato di grande aiuto per distrarsi.
Dal momento in cui Gian Giacomo aveva lasciato la sua bottega era diventato la sua ossessione: da giorni non faceva altro che sognare un nuovo incontro per potersi nuovamente specchiare in quelle iridi calde e tinte d'innocenza. Avrebbe voluto dipingerlo con le ali di un putto e i boccoli riflessati d'oro.
Adesso la sua bellezza era ancora virginale e sopita, ma oh! Cosa avrebbe dato per vederne lo sbocciare come il più bello dei fiori. Indubbiamente, il piccolo putto sarebbe diventato uno degli angeli più splendenti del paradiso.
Solo pensandovi il desiderio di poterlo rivedere diventava insostenibile.
Aveva bisogno disfiorarlo e di osservarlo, per imprimere sulla tela ogni sfaccettatura, ogni cambiamento di sguardo, ogni angolazione del volto.
Lo desiderava come nient'altro prima d'ora.***
Nei giorni che seguirono, Gian Giacomo provò emozioni contrastanti; da un lato non poteva negare di provare gioia ed essere lusingato nel comprendere che quell'incontro aveva suscitato qualcosa anche nel pittore, ma dall'altra parte non riusciva a reprimere la rabbia dell'esser strappato dalle mani protettive di sua madre soltanto per un capriccio.
Leonardo da Vinci era un uomo ricco e famoso e per questo motivo Gian Giacomo era stato venduto come carne da macello.
Angelina e Lorenziola gli ripetevano che era davvero fortunato e lo invidiavano, ma lui non riusciva a essere minimamente felice.
Il giorno della partenza, sua madre lo lavò rudemente per togliere ogni minima sporcizia e gli spazzolò con cura i boccoli. Lo vestì con l'abito buono riservato agli eventi speciali. Per tutto il tempo, Gian Giacomo osservò il pavimento elei non disse nulla.
Ma quando giunse la carrozza per portarlo via, Caterina non riuscì a trattenersi e scoppiò in lacrime. Piero la redarguì, ma a lei non interessò e lo strinse con forza al suo petto mormorandogli tra i singhiozzi.
Andrà tutto bene, ti vorrò sempre bene.
Gian Giacomo sentì il cuore stringersi in una morsa e si pentì di aver pensato male perfino di lei. La abbracciò a sua volta ma si costrinse a non piangere.
Ormai era diventato un uomo.
Si lasciò accarezzare per un ultima volta dalle sue mani callose.
«Sarai un grande uomo piccolo mio. Non permettere a nessuno di scrivere il tuo destino. Questo giorno è l'inizio della tua libertà»
Se soltanto Gian Giacomo avesse saputo che quella notte sarebbe stato il loro ultimo incontro, avrebbe almeno prolungato il momento del loro saluto.
Ma non poteva prevedere che soltanto dopo un paio di anni lei sarebbe morta a causa di una forte febbre. Soltanto dopo molto tempo Lorenziola gli confidò che durante il delirio, lei aveva pronunciato più volte il suo nome.
Anche se il loro abbraccio durò meno di quanto entrambi avrebbero voluto, una volta salito sulla carrozza Gian Giacomo si voltò indietro per osservarla un'ultima volta e nei suoi occhi vide quanto era forte l'amore che provava per lui.
Un amore che mai si sarebbe potuto spegnere.
Nemmeno dopo la morte.
La Belle Ferronière, 1490, autore: Leonardo da Vinci
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L'apprendista del pittore
RomanceNel lontano 22 giugno del 1490, il maestro italiano del periodo rinascimentale Leonardo da Vinci portò nella sua bottega, all'interno della Corte Vecchia, un giovine sconosciuto che corrispondeva al nome di Gian Giacomo Caprotti. Nonostante il nuovo...