"A Oreno?"
Gli occhi di Salaì si sgranarono all'inverosimile, udendo le ultime parole pronunciate dal maestro. Il suo cuore, prese a battere all'impazzata nella cassa toracica, la vista annebbiata, mentre privo di qualsiasi risposta volgeva il suo sguardo oltre il finestrino che dava verso l'immenso campo di grano e di erba rigogliosa. Quella, tanti anni fa, era stata la sua casa; era dove aveva corso a perdifiato per rubacchiare pagnotte dolci con i suoi amici, dove si era steso a braccia aperte durante le giornate d'estate per rimirare il cielo, dove aveva giocato allo spadaccino con dei bastoni di legno insieme a Iacomo e aveva rincorso le rane fino al laghetto già ai tempi quasi secco. Ora che osservava bene, gli parve di vedersi correre in quello stesso campo, con una maglia sdrucita e i boccoli arruffati e schiariti dalla luce del sole, ridendo. In un tempo in cui, ancora non sapeva quale sarebbe stato il suo destino, uno dei tanti giorni in cui la sua vita da povero contadino pareva soltanto essere lo scorrere identico di un'altra. Forse, più avanti, se socchiudeva bene gli occhi, avrebbe potuto scorgere la figura di Angelina e Lorenziola correre accanto a lui goffamente cercando di afferrarlo, con i gonnelloni odoranti di cavolo nero e brodo, le loro risate stridule da ragazzotte si sarebbero unite alle sue. Ed ecco lì, più in fondo ancora, una donna con un mestolo in mano e un grembiule scucito e vecchio, una crocchia ingrigita dal tempo che sorrideva alle loro figure lontane; e che poi, portava inevitabilmente il suo sguardo calmo da spirito verso di lui, nella carrozza, riconoscendolo immediatamente. "Giacomo", sembrava sussurrargli, suadente, invitandolo ad avvicinarsi al fantasma del suo passato. "Sono qui, sono la mamma".
Prima ancora che se ne rendesse conto, il dolore di quel pensiero lo aveva portato a tirare un pugno contro l'interno della carrozza ferma. Si coprì gli occhi lacrimanti con una mano, mentre sentiva il proprio corpo iniziare a tremare visibilmente contro la sua stessa volontà. <<Non dovevate intromettervi>>, ringhiò. Sapeva che non era vero, che Leonardo lo aveva fatto solo per il suo bene. In fondo, poteva immaginare la compassione che aveva avuto il maestro nel sentirlo piangere ad ogni lettera non letta, ad ogni compleanno passato senza di loro. I primi giorni, ricordava di essere scappato più volte cercando di tornare nella casa di Milano dei genitori di Iacomo. La loro permanenza a Milano era stata puramente casuale e breve, un semplice incontro dettato da obblighi lavorativi, ma nonostante questo Giacomo aveva la convinzione che se avesse ritrovato la loro villa, loro si sarebbero trovati lì ad attenderlo per riportarlo a casa. Solo che ai tempi, era un bambino e visitava Milano per la prima volta e nulla poteva aiutarlo nel ricordarsi qualche stradina, qualche casa già vista in precedenza. Ogni sforzo che faceva sembrava sempre allontanarlo di più da quella casa, irraggiungibile, introvabile. E ironicamente invece, la bottega di Leonardo sembrava essere sempre lì, pronta ad accoglierlo con il suo calore e il suo odore di pittura e trementina. Solo una volta, Salaì rammentava di aver fatto volontariamente un altro giro e poi un altro ancora. Le luci dell'alba appena sorta e l'incessante camminare, lo avevano costretto a rannicchiarsi in un vicolo sperduto, umido e puzzolente di urina e muffa. Lì, abbracciato a se stesso, piangente e febbricitante, aveva desiderato ardentemente poter ritrovare la strada per quella bottega che, a quel tempo, pensava sarebbe stato un luogo infernale di prigionia e torture. Qualche ora dopo, si era ritrovato a svegliarsi nel letto di un Leonardo dietro a un cavalletto, che osservandolo, era intento a dipingerlo mentre dormiva. Non vi era stata parola alcuna di quell'avvenimento e la punizione che tanto temeva non era mai giunta; ma ora che era cresciuto e vedeva le cose con maggior maturità, sapeva come mai in realtà quella casa di villeggiatura così vicina, non la aveva mai trovata, almeno fino a quando non si era perfettamente integrato nella sua nuova vita: perché in realtà, lui non desiderava affatto trovarla. Perché, anche se non lo sapeva ancora, sentiva che quella sarebbe stata la sua vera casa e che quell'uomo dai grandi occhi celesti che aveva sognato tempo prima, sarebbe diventato completamente parte della sua nuova vita.
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L'apprendista del pittore
RomanceNel lontano 22 giugno del 1490, il maestro italiano del periodo rinascimentale Leonardo da Vinci portò nella sua bottega, all'interno della Corte Vecchia, un giovine sconosciuto che corrispondeva al nome di Gian Giacomo Caprotti. Nonostante il nuovo...