Leonardo mi nominò erede di tutti i suoi manoscritti artistici e scientifici, che ancora oggi, conservo qui nella mia villa e custodisco gelosamente. Il fatto di essere suo erede, pesò molto a Gian Giacomo, a cui spettarono dei quadri (tra cui la Gioconda) e una villa dove soggiornava da anni la sua famiglia, regalata da Leonardo a lui quando una delle sue sorelle dovette maritarsi.
Il tema dell'eredità fu una questione molto forte, che portò il nostro rapporto a inasprirsi ulteriormente.
Salaì vedette tutto: una scelta che mi portò a ripugnarlo ancora di più. Dopo la morte del Maestro, continuò la sua vita di falsa apparenza nell'alta borghesia, dove fu sempre rispettato sebbene spesso mi giungessero alle orecchie voci di suoi scandali. Dopo la morte del maestro, in lui vi era un'ombra, un velo spesso e opaco che pareva avergli risucchiato il desiderio di vivere, oltre che l'anima stessa e che si poteva ben vedere dai suoi occhi mai più brillanti e colmi sempre, di solitudine e vuoto. Inizialmente, per un paio di anni bighellonò assieme a Zoroastro, il vecchio amico del maestro, prima che anch'esso morì e allora, restò solo, portando con sé e in ricordo di lui soltanto un logoro mazzo di tarocchi. A volte, quando ci vedevamo, lo scoprivo a osservare un punto, nel cielo, che soltanto lui poteva vedere e che a tutti noi, era sconosciuto.
Lo incrociai spesso, sebbene la nostra vita fosse legata soltanto dalla presenza di Leonardo, come due calamite la sua morte ci aveva inevitabilmente attirato l'uno verso l'altro. Ormai, io e lui potevamo scorgere Leonardo solo l'uno negli occhi dell'altro e questo ci bastava, per depositare l'ascia da guerra. Seppi che si sposò, e al matrimonio a cui fui invitato vidi una giovane donna dai fluenti capelli biondi e gli occhi verdi, dalla risata deliziosa e la pelle pallida di nome Margherita. Quando si baciarono, in lui non vidi neppure un briciolo del sentimento che i suoi occhi lasciavano scaturire quando osservavano Leonardo da Vinci.
Da lei però, ebbe comunque tre figli, come li ebbi io a mia volta.
La sua vita, durò poco.
Agli occhi di tutti, egli pareva aver trovato la felicità, sposando una donna ricca e mettendo su famiglia, continuando la sua attività da pittore in proprio. Ma io sapevo, io vedevo, il suo lento logorarsi dalla vita. A volte in lui, si accendeva una luce che per anni non avevo più intravisto, quando prendeva in braccio uno dei figli o quando beveva un bicchiere di troppo alla taverna, ma erano solo flebili attimi, momenti in cui il vecchio Gian Giacomo ragazzino e amante di scoprire la vita, fuoriusciva. Quel Gian Giacomo, aveva sempre accanto a sé un uomo bellissimo, dai fluenti capelli biondi e dagli occhi azzurri.
La notizia della sua morte, mi giunse inaspettata. Era il 19 gennaio del 1524, cinque anni dopo la morte del maestro e Gian Giacomo, aveva 44 anni. Un litigio in una taverna, così mi venne riportato. Non so che cosa accadde, se fu Salaì a provocare o se accidentalmente si ritrovò nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Fatto sta, che quel proiettile danzante gli perforò con un colpo il cranio.
Non provò dolore, di questo ne sono certo. Fu un colpo singolo e letale, che lo portò a realizzare di morire, nel momento in cui questa aveva già preso possesso della sua anima. Non piansi, all'inizio. Restai ad ascoltare la notizia con un groppo in gola, chiedendomi perché questo venisse riportato proprio a me. Gian Giacomo aveva ancora due sorelle e dei nipoti, allora perché Margherita aveva proprio scelto me per riferirlo?
Poi, inaspettatamente, ella mi confidò con le lacrime agli occhi e un fazzoletto sulle labbra umide che lo avevano ritrovato riverso sulla pancia con gli occhi chiusi e un sorriso sul volto.
Un sorriso sul volto.
Fu quello, il momento in cui iniziai a piangere anche io.
E qui, siamo giunti alla fine. Ad anni di distanza, il dolore e l'oppressione di non aver mai riversato questa storia mi logorava. Ormai, anche io sono prossimo all'età e mi domando quando, e se, nella morte potrò vedere ancora Leonardo e Gian Giacomo. Mi domando se, il maestro abbia scoperto il mistero dei misteri e se Salaì lo abbia seguito dietro questa sua avventura. Altre volte, mi rabbuio per tale pensiero perché mi ricordo che, in realtà il maestro non credeva in nulla se non nella scienza. E allora temo, che io sarò solo perso nella morte senza la possibilità di veder nuovamente qualcuno di loro.
Ma poi, vedo i miei occhi riflessi in quelli di mio figlio e mi rendo conto, che la mia anima continua a vivere dentro di lui, il mio ricordo dentro di lui così come Salaì vivrà per sempre nei suoi figli, nelle sue sorelle.
E in me.
Allora sorrido, guardo il cielo, cercando quel punto impossibile per me da trovare che Gian Giacomo scrutava con tanto ardore e sorrido, consapevole che un amore del genere e un legame così forte non potrebbe mai farsi sconfiggere da qualcosa di così insulso come la morte stessa.
Sono convinto, che da qualche parte, persi in questo cielo così vasto e coperto di stelle, proprio lì, in quel punto che Salaì soleva osservare, Gian Giacomo e Leonardo si siano ritrovati e si stiano amando di nuovo e per sempre. E che assieme a loro, vi siano la Maria di cui ho sentito parlare, il fedele Zoroastro, Batista e tutte le figure che hanno intrecciato la loro vita alla nostra. E sono sicuro, che seppur Gian Giacomo odi l'idea, sotto sotto, tutti loto mi stanno aspettando.
In fondo, non è questo il senso? I legami che ci tengono ogni giorno ancorati e ci portano a vivere ogni momento di questa vita misteriosa?
Inevitabilmente, un giorno lo scoprirò.
"Le memorie di Francesco Melzi, la fine"
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In un un punto indefinito, in un cielo immenso e infinito dove nessuno può scorgere la fine, due stelle brillano molto più delle altre. Una è apparsa da poco, e nessuno se ne è potuto accorgere. Ha trovato un posto lì, vicino a quella stella che tanto amava e si è avvicinata.
Ora, brillano insieme, in quel cielo infinito che è la vita.
"Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare." (Leonardo da Vinci)
L'apprendista del pittore.
Fine.
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Grazie, per essere giunti fino a cui.
Grazie, per aver commentato, letto, stellinato.
Grazie, di aver atteso i capitoli con pazienza, di avermi fatto notare gli errori, di aver apprezzato ogni parola.
Grazie per aver riso, per esservi annoiati, per aver pianto, insieme a me e insieme a loro.
Un giorno, vorrei pubblicarlo.
Non so se accadrà, ma vorrei soltanto che, Leonardo e Salaì non scompaiano mai delle vostri menti e dalla mia.
Se mai accadrà, mi piacerebbe sentirvi ancora, voi lettori che mi avete aiutata inevitabilmente, a giungere alla fine di questa storia, durata ben due anni.
Grazie. Senza di voi, Leonardo e Salaì non si sarebbero mai riuniti.
Un bacio.
Astharte
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L'apprendista del pittore
RomanceNel lontano 22 giugno del 1490, il maestro italiano del periodo rinascimentale Leonardo da Vinci portò nella sua bottega, all'interno della Corte Vecchia, un giovine sconosciuto che corrispondeva al nome di Gian Giacomo Caprotti. Nonostante il nuovo...