t r e: "lo salveremo, te lo giuro"

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27 NOVEMBRE 2038, 09:02:55 AM

Il viaggio in macchina è piacevole, sono seduta sul sedile posteriore, da sola.
Hank alla guida, Connor al sedile anteriore, ogni tanto mi guarda.
Sono debole, lo devo ammettere, ma non ho intenzione di dirlo.
Mi riporterebbero in ospedale e non potrei cercare Nathan.
Sono così preoccupata per lui.
Non ricordo nulla dell'incendio.
Non ricordo nulla dell'accaduto.
Non ricordo nulla riguardo Nathan.
Spero non gli sia successo niente di brutto.
Ho gli occhi lucidi, e Connor sembra notarlo.
«Charlotte.» chiama voltandosi, distraendomi dai miei pensieri.
«Mh?» rispondo.
«Ti senti bene?»
«Sì, non preoccuparti.» taglio corto, passandomi la manica della maglia sugli occhi per asciugare l'alone di lacrime.
Hank mi lancia un'occhiata dallo specchietto frontale, io abbasso lo sguardo.
«I dottori hanno detto che potresti riportare dei vuoti di memoria temporanei, ma che i tuoi ricordi torneranno a breve.» annuncia.
Ecco spiegato perché io faccia così fatica a ricordare quanto accaduto la notte scorsa.
O forse, non voglio ricordare.
«Okay.»
Hank ticchetta con le dita sul volante.
«Allora... Charlotte, parlaci di te.»
Diamine.
Proprio l'argomento che più vorrei evitare.
Me.
«Dove sono i tuoi genitori? Dove vivi? Roba così.» inizia l'uomo.
Con un attimo di titubanza, rispondo, seppur controvoglia.
Odio parlare di me.
«Non ho i genitori. » attacco, «Mio padre è rimasto ucciso durante una sparatoria quando avevo undici anni. Vivevamo ad Oakland, ma mi sono trasferita con mia madre a Detroit in seguito alla sua morte.»
Rimango in silenzio per qualche secondo, espressione fredda.
«Era un poliziotto.»
I due si guardano con una smorfia che non sono riuscita a comprendere, poi Hank torna a fissare la strada.
Qui entra in gioco Nathan, ma non me la sento di parlarne, non ancora.
Non so se fidarmi di questi due uomini.
«Va' avanti.» ordina il maggiore.
«... Mia madre ha iniziato a bere, drogarsi. Mi ha abbandonata quando avevo quattordici anni.»
Odio mia madre,  per ciò che ha fatto.
Il mio tono si fa più aggressivo, quando nomino quella donna.
Ed i due sembrano notarlo.
«Ed ora con chi vivi?» domanda Connor.
«Vivo... da sola.» mento.
«In una casa sulla 28th Avenue.»
Non ancora.
Non posso ancora parlarne.
Hank fa un profondo sospiro, svoltando a sinistra.
«Ci terremo il resto delle domande per l'interrogatorio alla centrale.»
Poco dopo si ferma, e noi scendiamo dall'auto.
Si erge davanti a noi un enorme capannone in legno, ormai carbonizzato.
Non capisco come faccia a tenersi ancora in piedi.
Sul terreno vi sono tracce di sangue blu, mi mordo un labbro.
So a chi appartiene.
Ma non ricordo il prima, il dopo, il come, il quando.
Nulla.
Decine di poliziotti circondano l'area e presiedono quella che un tempo era l'entrata.
L'androide si avvicina al sangue, e segue con gli occhi la scia, che arriva fino a dentro l'edificio.
La traccia si arresta in un punto preciso della strada, ed in quel punto vi è una sgommata di ruote, ad occhio si contano sei o sette impronte di scarpe diverse, lì intorno.
Erano in più persone.
Sembra la gomma di un furgoncino, o qualcosa di simile, secondo Connor.
«Qualunque cosa sia successa, i presunti colpevoli sono fuggiti servendosi di un mezzo automobilistico.» commenta, alzandosi.
Tutto ciò che ricordo riguardo quella notte è lo sguardo di Nathan poco prima dell'arrivo di Connor.
Sguardo di spavento.
Paura.
Nulla di più.
Poco dopo ci rechiamo verso l'entrata.
Connor mi fa strada, arriviamo dentro.
Le pareti sono nere, poco più in là, verso una finestra dai vetri rotti, vi è ciò che ore prima era un tavolo.
Poco altro, tutto è andato distrutto.
Noto immediatamente quantità ingenti di Thirium sparse come una scia al suolo, molto maggiori di quelle viste all'esterno.
«Connor, tu pensa ad analizzare quello schifo, io guardo qui intorno.»
Hank si allontana, per andare a parlare con un collega riguardo il caso.
Siamo di nuovo io e Connor.
Ci guardiamo.
Lui fa un mezzo sorriso.
Confermo, è davvero carino.
Ha gli occhioni da cucciolo, scuri, profondi.
Le sopracciglia perennemente inarcate in un'espressione dolce, innocente.
Il ciuffo moro che cala sulla fronte è adorabile.
I suoi capelli sembrano così morbidi.
Vorrei toccarglieli.
Oh, ma cosa vado a pensare?

My Light || Detroit: Become HumanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora