q u a t t r o: "riposati, ora"

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[il capitolo è un po' lungo, ma importantissimo per la trama, leggete attentamente! ♥️]
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27 NOVEMBRE 2038, 11:45:00 AM

«Ripeti da capo, un'ultima volta. Non omettere alcun dettaglio.» ordina Hank, poggiando entrambe le mani sul tavolo dell'interrogatorio.
Quelle fredde luci da cella mi infastidiscono.
Connor ci guarda, da un angolo della piccola stanza.
«Ancora?» domando, girando gli occhi da un lato.
«Sì, Charlotte. Ancora.»
Sospiro.
Sono stanca.
Dopo ciò che è successo all'edificio bruciato, necessito solo di dormire.
Sono esausta, ma Connor ed Hank mi costringono qui dentro.
Dopotutto, sono l'unica che può aiutarli a risolvere il caso.
«Okay...» sbuffo.
«Io e Nathan stavamo passeggiando nei pressi di casa nostra.» inizio il racconto, sapendo in anticipo che avrei omesso ben più di un dettaglio.
La memoria è tornata completamente, e per quanto sia pesante e doloroso ricordare, devo farlo.
«Viviamo in una piccola villetta un po' malandata sulla 28th Avenue. Era notte fonda, le due, forse le due e un quarto. Nathan sentì un rumore dietro di noi, e si mise allerta.
È sempre stato molto protettivo con me, fin da quando sono piccola.
Continuammo a camminare per il viottolo, ma avevamo la sensazione che qualcosa o qualcuno ci stesse seguendo già da un po'.
Poco dopo, tre uomini ci assalirono. Non vidi i loro volti, erano coperti da dei passamontagna.
Io iniziai ad urlare, ma uno di loro mi prese da dietro e mi chiuse la bocca con la mano. Era forte, non riuscivo quasi a muovermi. Gli altri due attaccarono Nathan e lo bloccarono.»
Faccio una piccola pausa, poso lo sguardo su Hank..
«Ci gettarono dentro un furgone nero, ed un quarto uomo alla guida mise in moto.»
Ci hanno anche legato le mani con delle fascette di plastica, ma non ho ritenuto fosse importante da dire.
«Una volta dentro il camion, notammo subito una macchia di Thirium secco in un angolo. Nathan domandò cosa volessero da noi, ma non ottenne risposta. Uno ci fissava con maggiore aggressività rispetto agli altri. Aveva il volto coperto, ma riuscirei a riconoscere i suoi occhi nerastri e piccoli, se li rivedessi.
Io rimasi vigile, senza entrare nel panico. Nathan invece era agitato, ed il suo LED era rosso.»
Connor continua a fissarmi, in modo strano.
Il suo LED è fisso sul giallo.
Mi sta forse analizzando?
Riprendo fiato, e continuo la storia.
«Dopo approssimativamente... venti minuti, il furgone si fermò davanti al capannone dove mi avete trovata, ci afferrarono con violenza e ci portarono dentro. Vi era un tavolo, all'interno. Sopra sono quasi sicura di aver visto fialette con liquido blu, siringhe sporche, sacche di Thirium ed altri oggetti.
Vi era una forte puzza. Puzza di metallo e roba sintetica.
Uno di loro, presumibilmente il capo, chiamò qualcuno al telefono, ricordo testuali parole:
"Abbiamo trovato due Devianti, un maschio ed una femmina. Un KL700 maschio con ancora il LED. Sì... è un pezzo raro! L'androide femmina non l'ho mai visto in giro, penso sia un modello nuovo, ha già rimosso il suo LED."
A quelle parole, sbiancai. Credevano fossi un androide anche io! Evidentemente erano davvero degli idioti. Nemmeno in grado di riconoscere un essere della loro stessa specie quando ne vedono uno.»
Hank fa un mezza risata, alle mie parole.
«La chiamata continuò: "Tra poco li porteremo in laboratorio, ma prima facciamo un prelievo del loro sangue, sì... sì, dottore."
Attaccò.»
Il poliziotto ascolta attentamente, intento a cogliere più informazioni possibili, seppur il mio racconto sia lacunoso e piuttosto superficiale.
«Ci fecero inginocchiare, e lo stesso uomo della chiamata si avvicinò con un arnese appuntito in mano, mentre gli altri ci tenevano fermi.  Afferrò il braccio di Nathan e gli fece un buco vicino al polso, uscì sangue blu, che lasciarono colare dentro una sacca vuota.
"Buon, fresco sangue blu." sussurrò, leccandosi le labbra.
Dio, mi veniva da vomitare solo a guardarlo. Era così... viscido, un verme.
Poi passò a me, infilò la punta dell'arnese della mia carne, si fermò subito dopo perché stavo urlando dal dolore, e notò che il mio sangue che fuoriusciva aveva colore rosso.»
Alzo il braccio sinistro e mostro il cerotto all'altezza del polso che mi hanno messo in ospedale.
«Solo il quel momento si resero conto che ero un essere umano. Poi, in lontananza udimmo le sirene della polizia.
Come avete fatto a trovarci?» domando, sinceramente curiosa.
«La centrale ci ha avvertiti di una chiamata, che denunciava movimenti sospetti con probabile presenza androide, Connor ed io eravamo di pattuglia nei pressi del luogo indicato, ed ce ne siamo occupati.» rispose.
«E come facevano a sapere che vi fosse un androide?»
«Non lo so. Magari, chi ha denunciato, vi ha seguiti a sua volta e si è accorto che si trattava di un traffico di tale genere.»
La faccenda mi puzza, ed anche allo stesso Hank.
Ma decido di lasciar correre, per il momento.
Continuo a narrare.
«Vollero dare fuoco al capannone prima del vostro arrivo. Penso... fosse una sorta di punto d'incontro, in cui segregare i Devianti prima di portarli altrove.»
La mia voce è calma, a tratti fredda.
Non voglio far trasparire le mie emozioni, eppure Connor continua a guardarmi.
Io faccio finta di nulla.
«Uno si loro iniziò a spargere benzina ovunque, un altro lanciò un accendino a terra. Non sapevo distinguerli, sembravano tutti uguali.»
«E poi?» insiste Hank, concentrato su di me.
Dio, quanto vorrei uscire da lì.
«Poco dopo l'intero edificio si incendiò. Quanto a me, sapevo troppe cose, mi avrebbero fatta morire lì. Tre di loro presero la roba che era sul tavolo, mentre il più aggressivo afferrò Nathan, gli disse che sarebbe stato un Deviante perfetto per testare il loro nuovo antidoto.»
Hank aggrotta le sopracciglia.
Non ne avevo fatto parola, prima d'allora.
«Antidoto?» chiede.
«Sì.» ribatto, «Vogliono usare Nathan per degli esperimenti, hanno parlato di un antidoto contro la Devianza, o qualcosa del genere.»
«Che pazzia...» commenta. «La rivolta è finita settimane fa, i Devianti sono ormai liberi cittadini!»
Sospiro.
«Poi vi fu una lotta, in cui Nathan venne ferito sul volto dal coltello di uno di loro. Ricordo poco del resto, solo tante fiamme e loro che fuggivano portandoselo via.
E poi... siete arrivati voi.»
Mi sento sollevata per aver finito il racconto, per la terza volta.
Spero che Hank non me lo chieda una quarta.
«Siamo davanti ad un rapimento a mano armata di Deviante, per un traffico di androidi illegale.» annuncia l'uomo.
Connor finalmente si avvicina a noi.
Sta monitorando la mia condizione mentale da quando ho avuto quella crisi sulla scena del crimine.
«Riuscirete a ritrovare Nathan?» domando, supplichevole.
«Faremo il possibile.» risponde il Tenente, sorridendomi.
Annuisco, seppur poco convinta.
Mi porto una mano a sorreggermi la fronte.
Sono sempre più esausta.
«Forse sarebbe meglio interrompere qui, Tenente. Le condizioni di Charlotte sono ancora instabili.» obietta Connor, guardandomi ancora una volta.
Il pensiero di venir letta dentro da un androide mi mette non poco a disagio.
Ma lascio perdere, ora come ora non ho forze sufficienti per fare nulla.
«Hai ragione.» ammette, «Ragazzina, Connor ti scorterà a casa nostra, rimarrai lì al sicuro finché non risolveremo il caso.»
Gli sono grata per questo.
E l'idea di passare del tempo da sola con Connor, devo ammettere che mi sconfinfera abbastanza.

Poco dopo, ci ritroviamo nella macchina di Hank, per la sua via di casa.
Avrei mangiato, dormito e vissuto lì, con loro.
Sarei solo passata a casa mia a prendere dei vestiti puliti, in seguito.
Connor guida a velocità sostenuta.
Io sono sul sedile al suo fianco, fisso il mondo dal finestrino.
Rischio di addormentarmi lì, appoggiata al vetro, ma Connor inizia a parlare, distraendomi dal sonno.
«Charlotte?» inizia.
«Connor?» rispondo, emulando il suo tono buffo.
«Avverto un tuo stato di perenne ansia... c'è qualcosa che posso fare per farti stare meglio?»
«Oh, ehm...» mi sorprende, non sono abituata ad avere gente che si preoccupa per me, oltre a Nathan.
«È che sono solo esausta, vedrai che appena mi sarò riposata, mi sentirò meglio.» provo a rassicurarlo.
Non risponde.
Pochi minuti dopo arriviamo davanti ad una grande abitazione provvista di giardino.
Scendiamo dall'auto, e camminiamo verso la porta d'ingresso. Connor prende le chiavi ed apre, un enorme san bernardo ci accoglie scodinzolando.
«Sumo, sta' giù!» ridacchia Connor, divertito.
Non lo avevo ancora mai sentito ridere.
Ha una fine risata, delicata.
Adorabile.
«Ciao, bello.» sussurro, accarezzandolo.
Entriamo.
L'abitazione si presenta come tutto fuorché ospitale, ci sono lattine di birra vuote sparse ovunque, e vi è un grande disordine.
«Questo è il salone, più avanti c'è la cucina, lì il bagno.» dice, indicando delle porte con l'indice.
«Quella là in fondo è camera di Hank, e all'angolo...» ha un attimo di titubanza.
«C'e la stanza di Cole.» conclude Connor, abbassando lo sguardo.
«Chi è Cole?» domando, titubante a mia volta.
«Il figlio di Hank, deceduto quattro anni fa.»
Un brivido mi scivola lungo la schiena.
Non avrei mai immaginato una cosa simile.
Allora, anche lui ha perso qualcuno... penso.
«Vieni, potrai riposare nella camera di Hank, per ora.»
Mi fa strada, entriamo in una normale stanza da letto, non particolarmente disordinata.
Mi avvicino al letto, con calma.
I miei movimenti sembrano quasi rallentati, dallo stress e dalla stanchezza.
Da tante cose.
Ho comunque subìto un grave incidente, poche ore fa! Rifletto, tra me e me.
Mi stendo, senza neanche alzare le lenzuola. Poggio la testa sul cuscino e rimango supina a fissare il soffitto.
Connor è appoggiato alla porta, mi fissa mite.
Ricambio lo sguardo, non muovendomi di un centimetro da quella posizione che mi pare molto comoda.
Sta per dire qualcosa, ma si zittisce, abbassando lo sguardo.
Allora parlo io.
«Non ti avevo ancora ringraziato... per avermi salvato la vita, ieri notte.»
Mi guarda di nuovo.
«Perciò... grazie, Connor.» alzo il busto in posizione eretta.
«Te ne sono grata. Se non ci fossi stato tu, sarei morta lì, tra le fiamme.»
Lui cammina verso il letto, e si siede al mio fianco.
«Non devi ringraziarmi. È stato un piacere per me aiutarti, Charlotte.»
Mi sorride amorevolmente.
Avvicina una mano al mio volto, io allontano di poco il viso, stringendo gli occhi d'istinto, per difesa, aspettandomi chissà quale gesto violento.
Lui, invece, mi accarezza una guancia, con una tale delicatezza che non credevo possibile.
Spalanco gli occhi.
Il mio cuore sobbalza nel petto.
«Riposati, ora.» sussurra, per poi alzarsi, ed uscire dalla porta.
Senza parole, mi ristendo sul letto.
Il cuore a mille.
Quasi mi manca il fiato.
Il mio viso è rosso come un peperone.
Spero solo che Connor non l'abbia notato...




spazio autrice:
nuovo capitolo per voi! ♥️
ditemi cosa ne pensate,
vi sta piacendo la storia?
lo so, questo capitolo non è stato entusiasmante, ma c'era bisogno di spiegare la situazione! dal prossimo prometto un po' di vera azione 🌚
a presto.
-Fran//Machine

My Light || Detroit: Become HumanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora