v e n t i c i n q u e: "non si torna più indietro" [fine.]

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4 APRILE 2040, 12:24:03 PM

«Ricordi questa foto, Nathan?»
Gli porgo nuovamente la cornice raffigurante noi due, quella che tenevo sul tavolino dell'ospedale.
Ormai è una routine: fargli domande, raccontargli aneddoti, ricordargli chi sono io e chi è lui, la nostra vita passata. Lucy mi ha raccomandata di provare a stimolare la memoria di Nathan ogni giorno, da quando è tornato a casa, quasi due mesi fa.
Il reset è stato semi parziale, perciò alcuni ricordi sono ancora presenti nella sua mente, seppur sotterrati dal nuovo software che gli è stato installato.
Lui prende in mano la foto, la osserva, per poi guardarmi con occhi vuoti.
«Sono spiacente, signorina Blake. Non rammento nulla.»
Alzo i miei al soffitto, in un sospiro.
È tutto inutile.
Gliela tolgo dalle mani, per riposarla sullo scaffale in salone. Infine, mi passo una mano sulla fronte, scosto la frangia laterale che mi copre l'occhio sinistro.
Dettaglio inutile ma simpatico da conoscere: mi sono tagliata i capelli, poco sopra le spalle. Scelta idiota, poiché avendo i capelli mossi, ora assomiglio ad un leone, ma avevo bisogno di un cambiamento nella mia triste esistenza, che mi desse una spinta in più. Oggi i capelli, domani il mondo.

Mi volto, cammino verso i fornelli della cucina, l'androide segue i miei movimenti con attenzione.
Prendo la caffettiera in una mano ed una tazza nell'altra, verso il contenuto in essa.
È tarda mattinata, Hank tornerà dal turno di lavoro a momenti, molto prima del solito. Dice che c'è una cosa importante di cui vuole parlarmi, che è arrivato il momento opportuno.
Ho paura che voglia dirmi di qualcosa riguardo la mia temporanea scarcerazione.
Quando entrai in coma per mano di Sam Lane, non fu più possibile processarmi. Stando ad una prima ipotesi, rischiavo dagli otto ai tredici anni di prigione, per il tentato omicidio di Mike, che ora si trova in riabilitazione, a quanto mi è stato detto.
A breve, dovrò presentarmi in tribunale, con i fratelli Lane, all'udienza che avrebbe deciso i vertici della mia vita, distruggendola per sempre.
Nell'attesa del processo, sono stata mandata a casa. Hank pagò la mia cauzione di 200.000 dollari, mettendo assieme tutti i suoi risparmi ed indebitandosi fino al collo. Pregai di non farlo, di lasciarmi in prigione, ma non ne volle sapere.
«Tu vieni a casa con me.» mi disse, settimane fa «Non permetterò a nessun altro di farti del male.»

Sorseggio il caffè silenziosa, poggiando la schiena contro il frigorifero.
«Il suo livello di stress è pari a 68%, ben fin sopra la media, per un umano.» inizia lui, con voce meccanica, LED giallo.
«C'è qualcosa che posso fare per lei?»
Allontano la tazza dalla bocca, lo fisso per qualche istante.
A volte mi dimentico che si tratta di un androide sanitario, e che quando ero piccola, monitorava la mia salute mentale ogni giorno.
Tranquillo, quella è andata a puttane da un pezzo.
«Non sei tenuto a seguire alcun ordine.» gli ricordo, tornando al mio caffè bollente.
Egli, ignorando le mie parole, avanza verso di me, arrivandomi davanti. Mi scruta per qualche secondo. Provo a non farci caso, quando però vedo avvicinare la sua mano alla mia fronte.
«Mi permetta di controllare la sua temperatura corporea...»
Alzo gli occhi, colta alla sprovvista, e con uno scatto, blocco il suo braccio.
«Nathan, no!»
La tazza che sorreggo precariamente si capovolge, il caffè si versa sul dorso della mano del ragazzo, sporcando la manica della sua maglia ed il pavimento.
In un lamento, indietreggia rapidamente, stringendosi la zona bruciante.
«Oddio, scusami!» esclamo, posando la tazza sul banco della cucina.
Afferro uno strofinaccio e corro al lavandino, imbevendolo d'acqua fredda.
Torno da Nathan, prendo la mano divenuta violacea e la tampono, mentre lui cerca di interpretare la sensazione che prova, a cui non è più abituato. LED rosso.
Esatto, una Macchina androide che sente dolore, e non lo sa analizzare.
La sofferenza fisica viene letta dal suo software come un errore di programmazione, quando in realtà, è frutto di qualche pazzo esperimento di mio padre, al laboratorio. Il reset è risultato inutile: non vi è rimedio, per questo. Non c'è niente da fare, ormai fa parte di lui.
Deve imparare a conviverci, per sempre. Abituarsi ad essere un umano, anche se ora come ora, di umano ha ben poco.
Ma sarebbe tornato il Nathan che conosco: il timido, dolce, sensibile Nathan.
Riavrai le tue emozioni, tutti i tuoi ricordi.
Fratello mio.

My Light || Detroit: Become HumanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora