3- Let's go away

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Un'auto scivola sull'asfalto tagliandomi completamente la strada e facendomi roteare svariate volte su me stessa a gran velocità.

"Merda, merda, merda."

Lo stomaco inizia a farmi male provocandomi una fastidiosa nausea, vado in apnea.

«Aiuto!»
«Calma, è solo un incubo.»

Spalanco gli occhi ritrovando davanti a me il volto comprensivo di Ashton.

«Mi dispiace di averti svegliato...»

Mi scuso ancora con il cuore a mille e sudando freddo.

«Ero già sveglio tranquilla, comunque è normale che ti vengano questi incubi...ti tormenteranno per un po' probabilmente.»

Afferma come uno che sa perfettamente quello di cui sta parlando.

Dopo essermi accertata di aver di nuovo i battiti regolari mi alzo raggiungendo Ashton in cucina per una breve colazione.

«Ho rifornimento di caffè per chissà quanto, mia sorella ne era malata.»

Dice ridendo con la testa immersa nei ricordi, mi versa un po' del liquido in una tazza.

«Anche io sai? È il mio unico modo per rimanere sveglia in ufficio.»

Rispondo sorridendo tristemente.

Dopo aver mangiato, aver fatto una rinfrescante doccia e vestita con altra roba del ragazzo, iniziamo ad organizzare la giornata.

«Puoi lavorare un po' nell'orto sul retro mentre io finisco di riparare lo stanzino dove tengo vari attrezzi.»

Mi informa aspettando una risposta, faccio sì con la testa.

«Raccogli qualcosa per pranzo e cena, togli le erbacce e le verdure andate a male...e magari cerca di cacciare gli insetti.»

Sentendo l'ultima frase lo guardo disgustata: con gli insetti non voglio avere nulla a che fare.

Così mi guida fino ad un orticello che aspettavo essere più piccolo, è comunque ben organizzato e colorato.

«Chiamami se hai bisogno di qualcosa.»

Accenno un sorriso, mi lascia quindi da sola.

Passano ore che sembrano giorni ma io ho ancora piante infestanti da togliere, ci sono lumache sui pomodori e piccoli esseri ronzanti che mi volano attorno. Magari smetto un secondo.
Allungo lo sguardo e noto che nemmeno Ashton ha finito, guardo la foresta davanti a me. Non può essere infinita, nulla lo è.
Mi allontano più del dovuto, forse dovrei andare, iniziare a correre tra gli alberi fino a tornare in città. È l'unico modo.
Questo non è il mio posto, né la mia vita, forse dovrei solo scappare.
Dirlo o non dirlo ad Ashton?
Salgo su un'enorme roccia vicina e la scavalco, mi accuccio a terra nel tentativo di scorgere una luce, un rumore, un qualche segno.

«Camille! Hey!»

Ho due opzioni: iniziare a correre senza dare spiegazioni o voltarmi e convincerlo a venire con me.
Mi alzo con il volto puntato verso tutti quegli alberi.

«Che stavi facendo?»

Sospiro.

«Andiamo via.»
«Cosa?»

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