Capitolo XXXI. Alba

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Il crepitare sommesso del fuocherello racchiuso nel cerchio di pietre al centro della tenda suonava fioco e distante alle sue orecchie stanche

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Il crepitare sommesso del fuocherello racchiuso nel cerchio di pietre al centro della tenda suonava fioco e distante alle sue orecchie stanche.

L'aria calda era pregna di odori, lì dentro: sangue, pus, vomito, malattia, lacrime. La pancia del fabbro si alzava e si abbassava a un ritmo flemmatico sotto gli strati delle bende di lino.

Gothi girava frettolosa su e giù per la tenda con ferri e garze sporchi di sangue. Dall'altra parte dello spazio altri due uomini feriti dormivano su brandacce fatte di tela o giunchi intrecciati. Dopo averli medicati, l'anziana druida aveva usato il suo bastone della medicina per cacciare via tutti i visitatori e permettere ai pazienti di riposare in santa pace.

Hiccup si portò avanti sullo sgabello e strinse le dita attorno alla mano sinistra di Skaracchio, poggiata sull'asta a bordo del lettino. Era tiepida e ruvida di calli, temperata da decenni di lavoro sul ferro incandescente. Aveva la stessa consistenza di quando, da piccolo, usava dargli gli scapaccioni tutte le volte che combinava qualche birbonata, oppure le carezze sulla testa, quando faceva il bravo.

«Skaracchio, ma perché mi accarezzi sulla testa?» gli chiedeva sempre a quel tempo. «Non sono mica un cane!»

«Ma quale cane!» gli rispondeva lui. «Io avevo quattro porcellini e li accarezzavo sul capino tutte le volte che si comportavano bene.»

«Quindi anch'io sono un porcellino?»

«Per me sì.»

«E perché?»

«Beh, il tuo stomaco non ha fondo, sguazzi sempre nel fango e sei un gran puzzolente. Per me non ci sono dubbi.»

Restò così, avvolto nella sciarpa dei suoi ricordi d'infanzia, finché Gothi non picchiettò l'indice arcuato sulla sua spalla. Hiccup dovette abbassare gli occhi per poterla guardare in viso. Era gobba, sudata, stanca delle lunghe ore passate e di quelle a venire.

Gli porse una ciotola con del brodo fumante e lui scosse la testa in segno di diniego.

Gothi affinò le palpebre pesanti e rugose davanti al suo aspetto. Quelle orbite scure, i capelli sporchi di sangue e sudore, gli occhi inespressivi e le spalle ricurve sotto la mantella di lana erano il risultato di tutto quello che aveva visto e vissuto quel giorno. Tutte le emozioni erano come ritratte in una dimensione di assenza.

Il pianto dei Draghi - Saga dell'Arcipelago Barbarico, Vol. IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora