Capitolo 1

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SOPHIA
Oggi è un nuovo giorno, un altro come tanti. Sono seduta dinanzi la grande vetrata con lo sguardo perso nel vuoto.

Piove, tante piccole gocce che si sono formate sul vetro gareggiano tra di loro. Una lacrima solitaria mi bagna il viso. Questo tempo rappresenta perfettamente il mio stato d'animo.

Sono stanca di questa vita,di essere qui in questa casa di cura e non a casa con i miei cari.

Non sopporto più l'idea di essere chiusa qui,sento che sto impazzendo.

Vorrei gridare al mondo il mio dolore ma non posso. Non parlo più da dieci anni ormai.

Quel giorno non sono rimasta solo paralitica ma anche muta. È per questo che sono qui.

Nessuno ha mai capito il mio trauma a cosa fosse dovuto e neanche io ricordo più il perché adesso sia immobile.

Qualunque sia la causa l'ho rimossa per sempre dalla mia mente.

Ero solo una bambina di 7 anni quando ho perso tutto. Non mi è rimasto più nulla.

Non potrò mai più passeggiare sulla spiaggia, sull'erba fredda. Non potrò più cantare e gridare al mondo la mia gioia di vivere.

Aspetto con ansia i miei diciotto anni. Tutte le ragazze in questo giorno faranno delle feste bellissime, io invece, voglio solamente andare in Svizzera.

Voglio dare un taglio a questa vita che non mi può offrire nulla. Non avrò mai amiche, mai un fidanzato e mai una vera famiglia.

I miei genitori vengono a trovarmi tutti i giorni, ma non mi basta la loro presenza solo all'orario di visita.

Vorrei viverli costantemente,invece non posso fare niente, solo piangere in silenzio.

"TOC TOC"

Sento bussare alla porta. Mi volto verso la sua direzione. Quest'ultima viene aperta rivelando il dottor. Smith.

Divento un peperone solo al guardarlo. Sono tre anni che ho una cotta per lui. Il solo stare con lui mi fa salire l'ansia.

Sono consapevole del fatto che non potrà mai guardare una stupida ragazzina, per giunta disabile come me. Ma io ci spero sempre lo stesso.

"Piccola Sophi, come ti senti oggi?" mi guarda con quei suoi bei occhioni.

In risposta gli sorrido, lasciandogli intendere che stia bene anche se è una bugia.

"Mi fa piacere che tu stia meglio" mi sorride dolcemente."Dai vieni che ti porto nello studio e incominciamo la terapia" continua.

Annuisco e dando una spinta con le ruote mi avvicino a lui. Sono in imbarazzo, sento le guance andare a fuoco e lo stomaco sottosopra.

Il dottore è un uomo stupendo. È affascinante, intelligente, simpatico. Tutte le qualità positive appartengo a lui.

Non potrò mai essere alla sua altezza, nemmeno fra vent'anni. Lui merita una donna al suo fianco non una bambina.

Mi rattristo al solo pensiero, ma come sempre fingo un sorriso.

Passiamo per i corridoi, noto le occhiatacce di gelosia che mi lanciano le altre pazienti e le infermiere.

Per la prima volta mi sento soddisfatta e il mio sorriso si espande ulteriormente.

"Sei molto allegra oggi piccolina" dice John mentre mi alza e mi fa distendere sul lettino.

Faccio spallucce. Ormai posso comunicare solo a gesti e loro sembrano comprenderli.

Incomincia il solito trattamento della mattina ed io mi sento in paradiso tra le sue mani, che dolcemente mi massaggiano le gambe.

Finito il trattamento mi riporta in camera, mi lascia un dolce bacio sulla guancia e poi va via, lasciandomi sola in balia dei miei brutti pensieri.

CHRISTIAN
"Hey bello stasera che si fa?" domanda Logan il mio migliore amico.

"Si va a ballare come ogni sabato sera?" domando ovvio.

"Sai ha aperto un nuovo locale qui vicino, che ne dici andiamo li? Chiede mentre tamburella le dita sul tavolo.

" Per me va bene, basta che si rimorchi"rispondo per poi scoppiare a ridere seguito da lui.

"Perfetto, ti passo a prendere io alle venti in punto" dice per poi alzarsi e avviarsi alla porta.

"Non fare tardi" grida da fuori in modo che io lo senta. Scuoto la testa. È veramente un cretino.

Alle venti in punto sento suonare il campanello.

"Amico sei veramente un orologio Svizzero sai?" gli dico ridacchiando.

"E tu una lumaca, dai su andiamo prima che ti lasci qui" conclude alzando le sopracciglia.

Il tragitto da casa a locale dura poco o niente. La struttura che mi ritrovo davanti è molto bella ed elegante.

Dentro ci sono tantissime persone, questo vuol dire soltanto una cosa:RIMORCHIO, RIMORCHIO, RIMORCHIO.

Ci avviciniamo al bancone e iniziamo a bere tutto quello che ci capita a tiro. Noto tra la folla una ragazza che mi sta mangiando con lo sguardo.

Mi alzo e mi avvicino a lei. "Hey bellezza, che ci fai qui tutta sola" dico alla rossa.

"Sto ballando non vedi?" risponde facendo un sorrisetto malizioso. "Balla con me dai" aggiunge.

Non me lo faccio ripetere due volte che subito sono attaccato a lei. Balla in modo molto sensuale, si vede che è una ragazza molto facile.

"Dai, vieni con me" mi attira a se è mi trascina in bagno con lei.

Dopo una bell'oretta esco dal bagno, e mi metto alla ricerca del mio amico. Non ci vuole molto tempo, subito lo trovo.

E ancora vicino al bancone degli alcolici. "Hey amico dov'eri ti stavo cercando! " esclama lui.

"Ero con una tipa"rispondo "Perché mi cercavi?" continuo a parlare.

"Dobbiamo andare, sono le quattro del mattino, domani devo lavorare!" sbotta fuori.

"Come vuoi" faccio spallucce e usciamo dal locale.

"Guida tu, io sono stanco" mi lancia le chiavi e si siede nel sediolino accanto.

Faccio come mi dice. Metto in moto la macchina e inizio a correre per la città.

Amo la velocità. Mi fa sentire vivo, per questo partecipo a delle gare clandestine quando posso.

Sento le sirene della polizia dietro di noi. Cazzo ho superato tutti i limiti di velocità e per giunta sono anche ubriaco.

Rallento e la polizia si avvicina a noi. Dopo un quarto d'ora a discutere veniamo portati in caserma.

"Per tutte le denunce che hai, se tuo padre non pagasse ti faresti 3 anni di carcere ragazzo" sbraita il commissario.

"Si tutto quello che vuole... quanto le deve?" domando irritato più che mai.

"Sono 3500" risponde stressato. "Chiamo mio padre e li avrete subito" dico scocciato dalla situazione.

"Papà ho un problema,sono in commissariato" dico tutto d'un fiato appena risponde.

"No,stavolta no, basta figliolo, mi sono stancato di aiutarti sempre cavatela da solo"dice per poi riattaccare.

" Allora?"chiede il commissario inarcando un sopracciglio.

" Stavolta non mi aiuterà"dico per poi dirigermi verso l' uscita.

" Hey dove credi di andare"un poliziotto mi ferma e mi trascina con sé fino alla cella.

"Finché non avrete i soldi rimarrete qui" dice per poi lasciare me e Logan in questa topaia.

"Perfetto, siamo fottuti" esclama Logan nervosamente.

"Siamo? Io lo sono" rispondo ancora incredulo del fatto che mio padre non mi abbia aiutato...

In sella all'amore (DA REVISIONARE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora