3. Migliori amici che ignorano il proprio dovere.

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Freya sedeva compostamente sul muretto del porticato che dava sul lago Nero, fissando con innato interesse ciò che a prima vista sarebbe sembrato un punto imprecisato del prato.
In realtà la solare Serpeverde era intenta a osservare da lontano il suo migliore amico Hugo, che dopo quasi una settimana di Infermeria si trovava sotto ad un albero a leggere in solitudine.
Freya si era sempre chiesta come riuscisse a starsene fermo a fissare le pagine di un libro per ore e ore sotto quel vento glaciale, eppure non gli aveva mai posto quella domanda.
Così si limitava a ritrovarsi spesso a guardarlo da metri di distanza, fissando quella zazzera di capelli rossi e immaginandosi di contare ad una ad una le numerose lentiggini che Hugo aveva in viso.

Voltò il capo distrattamente per osservare due ragazzi che tenendosi per mano rientravano al Castello ridacchiando in modo decisamente troppo disgustoso per lei, dopodiché si decise ad alzarsi e raggiungere il ragazzo che per poco quella settimana non rischiava di fare uccidere da Madama Pomfrey.

«Fragolina! Non sei appassita! » Urlò la ragazza mentre lo raggiungeva saltellando allegramente.
Hugo rialzò il capo dal libro che stava leggendo - probabilmente un libro di letteratura babbana, si disse Freya - e, dopo aver fatto una smorfia che lasciava intendere che stavolta non l'avrebbe perdonata per niente al mondo, si arrese al largo sorriso che le increspava il volto e si lasciò sfuggire un timido cenno come risposta.
«Dovrei essere arrabbiato con te.» Disse, malcelando tutto il suo disappunto annuendo convinto.
«Oh, per così poco! Allora a quest'ora sarei stata assassinata da più o meno tutta la scuola! »
«Che è quello che la maggior parte degli studenti di questa scuola desidera fare, Freya. »
«Smettila, che mi adorano tutti qui! » Dopo aver sbuffato all'affermazione di Hugo e aver messo su un broncio estramamente buffo, Freya si lasciò cadere al suolo al fianco del ragazzo, stringendoglisi addosso per non sentire il freddo gelido che, nonostante il mantello, le steva penetrando nelle ossa.

Hugo la guardò stranamente sorpreso: erano poche infatti le cose che ancora lo stupivano di lei. Eppure non l'aveva mai vista fare un gesto del genere, nonostante sapesse che la sua migliore amica, al contrario di lui, non riusciva a sopportare il freddo.

Le passò un braccio attorno alle spalle, cercando di coprirla anche col suo mantello e, dopo aver incrociato per un attimo i grandi occhi verdi della ragazza, tornò a guardare il proprio libro, conscio che oramai non avrebbe più potuto tonare a leggere in pace.
«Non farti strane idee e tieni le mani a posto, Fragolina. È solo perché ho freddo. »
«Non mi sono mai fatto strane idee su di te, Freya! » Ribattè il ragazzo con estrema urgenza, allarmato dal fatto che la sua migliore amica potesse pensare una cosa del genere. Erano praticamente cresciuti assieme loro due!
«E poi non chiamarmi in quel modo, non so neanche perché lo fai. »
«Come? Fragolina? »Chiese la Serpeverde, aggrottando la fronte.
Ad un cenno del capo affermativo da parte di Hugo, Freya scoppiò a ridere allegramente, scuotendo la testa divertita dal fatto che il suo migliore amico fosse così ingenuo.
«Oh, andiamo! Sei rosso come una fragola, sei pieno di lentiggini come i semini che vedi tutto intorno ad una fragola e... beh, ecco... sei anche tanto bellino come una fragola! »
Se da una parte la ragazza non aveva avuto problemi a fare quella constatazione, Hugo al solo sentirsi definire bellino divenne rosso come il suddetto frutto e, dopo aver boccheggiato incredulo per dei buoni ed interminabili secondi, distolse lo sguardo, fermandosi a guardare l'interessantissimo ciuffo d'erba che stava stringendo convulsamente tra le dita.

Ma d'altronde loro due erano come il giorno e la notte; se Freya non aveva avuto problemi a parlare, non era forse ovvio che Hugo reagisse invece in quel modo?

«Vedi? Sei anche più rosso di una fragola, Pomodorino! »
«Oh, smettila! »
Hugo se la strinse di più a sé, cercando di nascondersi alla sua vista per non arrossire ancora di più, non riuscendo tuttavia a non sorridere come un ebete quando la ragazza scoppiò a ridere sguaiatamente tra le sue braccia.
Chinò il capo per guardarla in viso e vide un sorriso talmente solare prendere il posto di quella risata che si disse che forse era per quel motivo che non riusciva mai ad essere arrabiato con lei.
«Sai, Hugie, è da un po' che ci penso, e credo proprio che io debba trovarmi un ragazzo, così, giusto per perdere la verginità! »

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