12_ Il terzo giorno è oggi

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Sono passati tre giorni da quando Erika, Jenny e Ilaria sono giunte a Camelot. Il primo l'abbiamo dedicato quasi totalmente alle spiegazioni: a quanto pare, il tempo scorre in maniera diversa tra i due piani temporali, perché se io e Gaia abbiamo trascorso a Camelot ben quattro giorni prima dell'arrivo delle nostre amiche, per loro sono passati solo pochi minuti dal momento in cui siamo state sommerse dall'Onda a quando sono state trovate loro dai cavalieri. In sostanza parrebbe che un giorno qui equivalga a circa un solo minuto nel XXI secolo. Questa rivelazione potrebbe cambiare tutto e semplificare infinitamente le cose, quindi sono davvero sollevata che le cose stiano così, per un motivo o per l'altro. Passiamo la prima mattinata a far conti, per capire quanto scarto di tempo abbiamo tra i due mondi prima che i nostri genitori si preoccupino seriamente della nostra assenza. Tralasciando le telefonate senza risposta, che potrebbero essere collegate all'assenza di segnale, il vero problema sarà quando dovremmo tornare a casa, finita la vacanza, ovvero tra quattordici giorni (del nostro secolo) che, approssimativamente, dovrebbero corrispondere a circa 3,5 anni che possiamo trascorrere a Camelot. Visti così sembrano un sacco di tempo, ma il punto è: basteranno per assistere alla famosa Ultima Battaglia e salvare Artù? L'unico modo che abbiamo per saperlo è basarci, come riferimento indicativo, sulla serie tv Merlin, che tanto sembra assomigliare a ciò che accade qui, con un'unica eccezione: noi. Alla fine giungiamo alla conclusione che dobbiamo trovare un modo per capire in che punto indicativo della storia siamo: di certo è già morto Uther, Artù è già re e non ha ancora sposato Gwen... quindi... quarta stagione? Credo. Ma non è facile andare a memoria, perché non ricordiamo con precisione cosa accade in tutti gli episodi... La quarta sembra l'opzione più probabile, eppure manca un personaggio essenziale per quella stagione. Agravaine, fratello di Ygraine e zio di Artù: traditore. In sostanza non abbiamo punti fermi, né sicurezze. Gli unici fatti positivi sono che, almeno per ora, non c'è niente che ci impedisca di restare e non c'è nemmeno alcun nemico da cui dobbiamo stare in guardia per proteggere il re.

Il secondo giorno ha come oggetto Silvia e Gaia le Maestrine di etichetta, che cercano di insegnare alle altre come si sopravvive nel Medioevo. La parte divertente è che nemmeno noi due sappiamo davvero ancora come si fa, ma siamo sempre quattro giorni più avanti di loro. Riassumendo, passiamo la mattinata a provare i meravigliosi abiti di Morgana, facendo le stupide come se tutto fosse normale, come se fossimo in un normalissimo negozio di vestiti di un assolutamente normale centro commerciale. L'unica differenza è che è gratis, e che invece di giubbini di pelle e magliette con stampe a frasi Tumblr, i capi sono abiti pregiati lunghi fino ai piedi e degni del Carnevale di Venezia, solo meno Ottocenteschi. Quella che una volta era l'austera stanza della pupilla del re, con il singolo letto dove lei dormiva (grande in realtà quanto un matrimoniale), è ora la nostra bellissima camera, dove Artù ha fatto portare altri tre letti più piccoli, in modo che possa ospitare tutte noi fintanto che i giochi tra cavalieri non saranno finiti.

A proposito, il terzo giorno il risveglio ha qualcosa di diverso. Per il castello, sin dal mattino, riecheggiano le voci dei servitori; in cortile, invece, si sente il clangore delle spade dei cavalieri in allenamento, sebbene siano solo le... ah, no, dimenticavo che l'orologio non è ancora stato inventato. Però la campana delle otto non ha ancora suonato, ed è strano, perché solitamente le esercitazioni iniziano alle nove in punto. Svegliate da tutto quel trambusto, io e le altre capiamo subito che c'è qualcosa nell'aria, così ci prepariamo in un baleno e in un attimo siamo fuori. Nei corridoi incontriamo servi indaffarati a portare lenzuola pulite, vassoi stracolmi di frutta, armi, fiori e caraffe verso stanze a noi ancora sconosciute del castello. Le cameriere spolverano in ogni angolo, puliscono ogni finestra e lucidano ogni specchio. Proseguiamo, e nella cittadella il mercato è già in funzione, pieno di gente, di colori, profumi, voci. I venditori gridano per promuovere i propri prodotti, mentre donne avvolte in abiti leggiadri di ogni sfumatura volteggiano tra le bancarelle, scegliendo il frutto più maturo. Tengono per mano bambini dalla carica irrefrenabile, che fanno boccacce all'amico lì vicino, provando a svignarsela dalla madre per andare a giocare per le strade. Guardando quei ragazzini mi tornano in mente le parole sognanti di Artù, raccontate solo la scorsa notte: sembra passato così tanto tempo da quella corsa segreta tra le strade della cittadella, eppure è stato così poco tempo fa... A pensare che potrei restare qui per tre lunghi anni, mi viene da sorridere. Chissà quante altre avventure vivrò qui, dove anche le cose più banali sono così diverse da come sono abituata da sembrarmi incredibili! L'aria di festa pervade ogni centimetro di questo posto meraviglioso, e non può essere nascosta. Camminando tra i banchetti, raggiungiamo i cancelli della città, ora aperti, attraverso i quali stanno entrando due cavalli pezzati, dagli stendardi viola e arancione. Gli uomini in groppa indossano armature lucenti e sono seguiti a ruota da due muli carichi si sacchi, condotti da quelli che devono essere i servitori dei cavalieri. "Deve essere il giorno d'apertura del torneo" capiamo io e Gaia, spiegando alle nostre amiche ciò che ci hanno raccontato il re e Gwen durante la cena insieme. Seguiamo con lo sguardo i nuovi arrivati finchè non spariscono in un edificio basso e un po' decadente, con un'insegna pendente verso sinistra, dalla scritta illeggibile per tutte tranne che per Gaia. "Taverna del Sole Crescente" legge ad alta voce per noi. Devo ricordarmi di chiedere a Merlino di fare questa magia della lettura anche a noi. Dopo una mattinata tra mercato, piazza e cortile per guardare gli allenamenti dei cavalieri, ci viene decisamente fame, così ci avviamo verso casa di Gaius, dove ci riuniamo sempre per i pasti. "Stavo pensando..." dice Gaia, addentando una coscia di pollo, "Se resteremo a Camelot così a lungo ci farebbero comodo dei soldi nostri, no?" "Che intendi dire?" chiede il medico, in tutta risposta. "Che potremmo trovarci un lavoro, o qualcosa del genere. Insomma, non è giusto che sia lei a provvedere a tutte le spese." "Lei chi?" interviene questa volta Merlino, in breve pausa prima di tornare al lavoro da Artù. "Volevo dire voi. Insomma, Gaius." "Ma Gaius è un uomo!" fa lui ridendo sotto i baffi, guadagnandosi un'occhiata storta da parte del suo maestro. "Lo so! Senti, è una cosa del futuro, lascia perdere" taglia corto lei.

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