23_ Il Drago Bianco

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"Silvia, so che è difficile, ma ci devi provare. Non te lo chiederei se non fosse essenziale!"

"Lo so, Merlin, ma non ho idea di come fare! Te l'ho detto, non so vedere a comando!"

"Concentrati!"

Concentrati, Silvia! Concentrati!

"Ci sto provando, ma non mi aiuti urlandomi nelle orecchie e restando lì fermo a fissarmi!"

"E va bene, proviamo in un altro modo... Chiudi gli occhi."

Li chiudo.

"Adesso concentrati su un particolare."

Stringo le palpebre per afferrare un ricordo. I pugni serrati convulsamente attorno al lenzuolo iniziano a farmi male. Fa caldo. Sto sudando.

"Cerca di riportare alla mente l'uovo di drago per come l'hai visto quando eri nel futuro."

Una distesa d'acqua dolce. È Avalon, e lui è sempre lì, steso a terra, Excalibur conficcata al suo fianco. Ma poi il ricordo del sogno si trasforma.

Figurati l'immagine di Julius Borden giungere al suo cospetto."

Si alza e viene da me, come se nulla fosse, come se non fosse appena stato ucciso in battaglia. Si china a baciarmi il dorso della mano, e con quel contatto cambia anche tutto attorno a noi: siamo nelle stanze di Gaius, ora. Ha gli occhi tersi di quel mio primo giorno a Camelot, quando l'ho visto dal vivo per la prima volta.

"Pensa al Triskelion."

Attorno a noi iniziano a planare leggeri i fiocchi di neve, e guardandomi attorno non vedo più gli scaffali trapuntati di libri di Gaius, ma la campagna innevata di Camelot. Vedo le mani di Artù inciampare nelle mie, proprio come è successo quel giorno sul camminamento, ma poi le stringe tra le sue, come se fossi una bambina. Se le porta alle labbra e le bacia. Le lascia solo per avvicinare le sue al mio viso e ai miei fianchi. Mi sfiora la pelle della guancia, ma non sento niente, né il suo tocco né il freddo di quel bianco giorno di ottobre. No, adesso... Non provo nulla. Tutto è piatto e sterile, proprio come nella dimensione di un sogno; e dentro di me cresce il vuoto sentimento dell'insoddisfazione, dell'odio verso la rappresentazione immaginaria di ciò che vorresti ma non puoi avere. Ma sono troppo stanca della gelosia: per una volta soltanto faccio in modo che mi basti riempire quel vuoto temporaneamente, anche solo per una notte. E mentre qualche ragazza nell'anno 2020 si sbronza per costringersi a dimenticare, nel bagno di un locale con un completo sconosciuto, il dolore per lo stronzo che la vede solo come un'amica, io lascio che la mia mente cada in balia di un sogno scritto a tavolino.

"Tu sai dove conduce, devi solo ricordare..."

Come la spettatrice di un film in 3D, vedo la neve smettere di scendere dal cielo e depositarsi a terra, tutto attorno a noi, mentre l'atmosfera si colora delle tinte buie della notte. Una rosa rossa come un bacio infedele compare nelle sue mani, di fronte a me. Si avvicina ancora ed io mi sento sempre più come se non stessi facendo altro che giocare ad un videogame. Guardo il re di Camelot chinarsi sulle mie labbra, fino quasi a sfiorarle, in attesa. Ma è come se la persona che sta per baciare, che ha il mio stesso volto ed il mio stesso nome, fosse qualcun altro che ha preso semplicemente possesso del mio corpo, mentre la vera me se ne sta lì a guardare con braccia e gambe legate.

Poi, lampo a ciel sereno, un urlo.

Trapana la nebbia del sonno che mi ha attanagliata. In un istante apro gli occhi e scatto a sedere, pronta ad intervenire. Morgana?! Agravaine?! Che sta succedendo?! Attorno a me tutto è buio e silenzio, ma so che potrebbe essere solo una trappola. Tento di controllare il respiro, ma nulla tradisce quell'odioso silenzio. Mi alzo frustrata in cerca di qualcosa che mi tranquillizzi, ma è tutto inutile: non c'è niente in questo momento che potrebbe farmi stare meglio. Come posso essere stata così stupida da credere che un sogno potesse compensarmi di ciò che mi è negato nella realtà? Inizio a girare in tondo per la stanza, cane in gabbia, fino a quando, ancora più sconvolta di prima, mi fermo davanti allo specchio a fissare l'immagine riflessa davanti a me. La persona che vedo è come la me del sogno: lontana anni luce. Eppure ha i miei stessi occhi castani grandi come quelli dei bambini; ha il mio stesso naso che odio da quando ho avuto l'età per rendermi conto che non assomigliava a quello della Barbie; ha i miei stessi capelli scuri dai riflessi ciliegia intrecciati in trecce sottili; e la mia stessa bocca stretta a forma di cuore. Ma gli occhi sembrano le vuote sfere opache di vetro dipinto delle bambole, la fronte è imperlata di sudore freddo e le guance inondate di calde lacrime. Le labbra sono chiuse: non sono stata io ad urlare.

Where two worlds come to meet (Tutte le storie sono vere) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora