20_ La congiura delle luci

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Venerdì 31 ottobre, ore 02.00 villaggio di Howdeen, territorio del Regno di Camelot, attuale Regno Unito:

"Non andare, Flynn. La tua vita è più importante di quattro galline!"

"Sai bene, Rose, che non resisteremmo all'inverno senza polli. Non posso permettere a quegli sporchi ladri di rubarcele anche sta volta." Dice lui brandendo l'accetta con la quale quella stessa mattina aveva fornito all'amata moglie la legna per scaldarsi. Da tempo è molto malata, non può resistere al freddo, soprattutto senza cibo: le loro scarne galline sono tutto ciò che le permetterà di vedere la prossima primavera. Le lascia un ultimo bacio sulla fronte per tranquillizzarla prima di richiudersi rapidamente la porta cadente della loro umile casa alle spalle, respirando profondamente per dominare il panico. Un passo, poi un altro. Lento e silenzioso raggiunge alla cieca il familiare orticello ormai congelato dall'improvvisa nevicata: l'ennesima punizione che il crudele Fato o forse il severo Dio dei Romani aveva voluto infliggere alla sua gente. Oltrepassa sbuffando nuvolette di vapore il cortile innevato raggiungendo l'aia dove gli animali riposano intirizziti ma indisturbati. Il dubbio si insinua nel pover'uomo: era certo di aver sentito dei rumori là fuori, i sussurri dei ladri di pollame. Ma non c'è nessuno. Nessun rumore, nessun movimento, niente. All'improvviso, però, un soffio sibilante introduce una folata di vento più freddo, quasi ghiacciato, un gelo di quelli che penetrano nella pelle e restano radicati al cuore, tale da fare accapponare la pelle al poveretto. E poi lo vede: il viso nascosto nell'oscurità di quel vento gelido, un volto senza tratti, con pelle d'ombra lacerata, orbite vuote, bocca di scheletro. Non ha contorni, è un essere infinito il cui corpo si confonde nella strana nebbia nera delle tenebre. Solo brandelli di mantello nero permettono di distinguerlo dallo sfondo della notte, come una grande medusa tetra. Solo che il suo tocco fa più male: Flynn Chester Moss, contadino di Howden, si vede portare via nella foschia oscura molto più di un paio di galline. Non riesce nemmeno ad urlare mentre la creatura gli si avventa addosso scaraventandolo in aria tra le sue spire. La mente intorpidita e soffocata come un lume sotto una campana di vetro gli impedisce di reagire, mostrandogli d'un tratto il volto della moglie ancora giovane e sana il primo giorno che, nel vederla indossare l'abito color pesca, si è reso conto di essere innamorato di lei. Le è sempre più vicino, lo bacia. Ma poi la sente scivolare via, lontano, la pelle sempre più grigia e malata, fino a rendersi conto che il bacio non è il suo, ma di qualcosa di ben peggiore. E non finisce più, il respiro gli manca, la bocca aperta emette urla inutili. Perché il bacio del Dorocha non perdona mai. E gli ultimi pensieri di Flynn non sono per la bella sebbene anziana Rose che lo aspetta al ritorno dal lavoro con una minestra calda sul fuoco, né per le giovani Nitz e Drea che gli regalano collane di fiori intrecciati nonostante sia allergico al loro polline: il Dorocha, appena risvegliato dal lungo sonno della morte, è troppo affamato di ricordi felici per permetterglielo. L'unico pensiero fisso dell'uomo mentre gli viene strappata via l'anima, insieme alla vita, è la dolorosa consapevolezza che non potrà salvare le donne della sua vita, moglie e figlie, dalla sua stessa sorte.

Venerdì 31 ottobre, ore 17.40, Palazzo Reale di Camelot

Una volta rientrati Artù mi riaccompagna da Gaius, raccomandandomi di non preoccuparmi per lui e di tornare pure al mio lavoro col medico, ma proprio nel laboratorio viene investito da una dozzina di domande di Lancillotto che, avvertito da Merlino che il re era di malumore e che io ero corsa a cercarlo, aveva atteso pazientemente insieme all'amico che io tornassi con sue notizie. Mentre Lance e Arthur parlano animatamente di strategie militari davanti a una tazza di tè caldo preparato da Gaius dal momento che sia io che il ragazzo siamo davvero intirizziti, io racconto sottovoce a Merlino il motivo del comportamento di Artù e, per quando sia triste pensare alla morte di Ygraine, la madre del re, noto che Merlin è notevolmente sollevato dalla notizia che non è nulla di grave a spaventare il suo superiore, solo nostalgia. Intervallando questi pensieri a conversazioni più leggere e piacevoli, mi sembra di essere già a Natale, in famiglia, ma il clima positivo non dura molto: Leon ed Elyan entrano affannati, ancora bagnati dalla neve dopo il turno di ricognizione ai confini del Regno. Anche Gwen è con loro, e quando la sua figura sottolineata dal vestito verde entra nella stanza, è come se all'istante l'atmosfera attorno a noi si incrinasse come una pista di ghiaccio troppo sottile per pattinare. Un crepaccio invisibile ma notato da tutti i presenti taglia l'aria in una rete di sguardi: quello di lei incontra quello di Lancillotto, ma viene interrotto dall'espressione stranita di Artù che fende l'ambiente passando prima dall'amico e poi dalla ragazza che, per finire, si accorge della mia inaspettata presenza gelandomi il sangue nelle vene. Inutile dire che, di risposta ai suoi occhi glaciali, non ho nemmeno cercato di trattenere il fuoco nei miei.

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