Cap 21

187 17 8
                                    

                              MIA MARINI

Bea è una tipa buona e sincera ma anche molto invadente.
Dovevo fare più attenzione e chiudere la porta del bagno a chiave invece di lasciarla aperta e farmi trovare così.

Dopo la telefonata di Aldo, non sono più riuscita a tenere sotto controllo il mio stato d'animo, è tutto il santo giorno che penso a quello che mi ha detto, a forza di rimuginarci sopra mi sono fatta sopraffare dalle emozioni.
Ma non accadrà più.

Bea è in piedi davanti a me e aspetta che io pronunci una qualsiasi frase, ma non è semplice.
Non so come iniziare e soprattutto non so cosa dire, non voglio che sappia più di quello che già non sono obbligata a rivelare.

So che posso fidarmi di lei, l'ho già fatto in passato, prima con Edo e poi con Giorgio e non mi sono mai pentita di avergli permesso di aiutarmi, ma anche loro non sanno tutto sul mio conto, e non ho intenzione di iniziare a confessarmi proprio adesso, in questo bagno.
Ma una spiegazione gliela devo, quindi decido di iniziare a parlare sotto lo sguardo attento di Bea.

" Giorgio ed Edo ti hanno mai parlato di come ci siamo conosciuti?"
Lei scuote la testa.

" Devi sapere che dai nove anni ai quindici ho vissuto a Palermo con mia madre.
Credimi quando ti dico che è stato difficile affrontare anche le semplici giornate con lei.
Mia madre è una tossica, di conseguenza non si è mai presa cura di me.
A scuola non è stato facile, ho avuto a che fare con compagni di classe davvero stronzi, che si divertivano ad appiopparmi soprannomi cattivi e imbarazzanti.
Crescendo mi sono fatta le ossa ed ho capito come affrontare determinate situazioni. Soprattutto, con il tempo ho imparato a tenere a bada gli uomini che entravano ed uscivano da casa di mia madre.
Nonostante tutto il casino che avevo con i compagni e dentro casa, a scuola riuscivo a prendere ottimi voti.
Mi è sempre piaciuto leggere, è stato ed è tutt'ora, un modo per evadere dalla vita reale.
Ma gli ottimi voti e la passione per la lettura di certo non bastavano a farmi scappare dalle cattiverie e dalle assurdità di mia madre.
Il giorno che ho compiuto quindici anni, ho trovato morta l'unica amica che ero riuscita a farmi in quella cazzo di città. E sai com'è morta Bea?"

Lei mi guarda con gli occhi lucidi e il labbro inferiore tremante, sta cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime.

"Di overdose. "
Le dico disgustata.

"Quella merda si è portata via la mia amica. Non capirò mai perché non ha provato a disintossicarsi, sapevo la situazione di violenza domestica che viveva in casa sua, ma non era un motivo valido per buttare via la sua vita così. Solo che a quindici anni non capisci tante cose: a quindici anni si dovrebbe pensare semplicemente a portare buoni voti a casa, a cosa indossare alla festa di fine anno, a come conquistare il ragazzo che ti piace.
Io a quindici anni avevo già visto cose che nemmeno un adulto vorrebbe vedere.
Fatto sta, che il giorno del mio quindicesimo compleanno, scappai da Palermo per tornare qui a Catania.
Il viaggio in autobus durò più del dovuto a causa delle condizioni meteorologiche.
Pioveva già dalla mattina e non sembrava volesse smettere.
Giunta a Catania scesi alla prima fermata, vicino al porto.
Mi rifugiai sotto gli archi dove in genere si posizionavano gli ambulanti con la loro merce.
Mi rannicchiai stringendomi le ginocchia al petto senza preoccuparmi della pioggia battente che mi bagnava, e per la prima volta piansi. Piansi tutte le lacrime che non avevo versato in quegli anni, piansi per lo schifo che avevo dovuto subire senza mai ribellarmi veramente, piansi per la morte di Giulia.
Non ho idea del tempo che trascorse, ma ogni mio pensiero in quel momento era oscuro e buio. Mi sentivo dannatamente sola, non avevo un posto dove andare, non avevo un soldo e non mangiavo da giorni.
Il senso di vuoto che sentivo faceva male, non era solo mentale ma anche fisico.
Mi sentivo sprofondare sempre più giù e non volevo più sentirmi così, non volevo sentirmi sola.
Volevo porre fine a tutto questo dolore, volevo liberarmi finalmente di quel senso di oppressione che sentivo da sempre, costantemente. Se ci fosse stata un altra alternativa alla morte credo che l'avrei preferita.
Non ricordo esattamente quale fu il momento o a cosa stessi pensando quando presi un taglierino dal mio astuccio. Avevo con me lo zaino della scuola, quindi fu facile trovare qualcosa con cui tagliarsi.
Afferrai con forza il taglierino, alzai gli occhi verso il cielo guardando la pioggia che cadeva incessantemente in una giornata grigia e umida di fine ottobre, avvicinai la lama e senza pensarci incisi la mia sottile pelle da una parte all'altra.
Il caldo del sangue che scorreva lungo la mia mano era piacevole, l'odore dì metallo arrivò subito alle mie narici, l'acqua della pioggia bagnava il mio viso, una sorte di dimensione che non era né l'oscurità ne' la dolorosa vita mi pervase.
Durò poco però, perché ad un certo punto mi senti stringere il polso e la sensazione che prima avevo provato diventò fastidio.
Un ragazzone mi prese tra le sue braccia sussurrando parole a me confuse."

" Edo?"
Mi interruppe Bea.

"Si! Edo. Mi portò a casa sua e lui e la sua famiglia si presero cura di me. Come ben sai Daniela, la mamma di Edo, lavora come infermiera all'ospedale Garibaldi, all'epoca mi curò lei. So che dovette farmi diverse trasfusioni prima che io trovassi di nuovo la forza di stare in piedi. Per qualche anno ho vissuto in casa di Edo e i suoi genitori. Grazie alle loro conoscenze sono riuscita a rimanere lì con loro. Ho dovuto seguire delle sedute dalla psicologa e mi sono iscritta al liceo diplomandomi con i migliori voti. Raggiunta la maggiore età, ho cercato un piccolo appartamento. Durante la permanenza a casa dei Marconi lavoravo in una pizzeria e facevo ripetizioni ai ragazzini delle medie, quindi ero riuscita a mettere qualcosina da parte per andare a vivere da sola.
Quell'anno, Michele Marconi morì all'improvviso per un infarto.
Edo prese male la morte del padre e per un po' si estraneo' da tutti.
Dopo qualche mese, con i soldi dell'assicurazione del padre, apri il Terzo Cerchio e mi chiese di lavorare per lui. Io, che continuavo il mio monotono lavoro alla pizzeria, accettai di buon grado.
Questo pub è sempre andato bene fin dal primo giorno di apertura.
Edo era impegnatissimo, entrambi ci dividevamo tra casa e lavoro. Un giorno trovai Edo chino sulla sua scrivania, era a pezzi. Per quanto forte potesse sembrare quel ragazzone dai capelli scuri e mossi e dagli occhi nocciola che esprimevano bontà, non lo era.
Edo non aveva superato la morte del padre.
Quel giorno, entrò per caso nel pub per chiedere informazioni un bel ragazzo biondo, molto loquace, che dalle semplici informazioni passò ad una birra, dalla birra ad una lunga conversazione, fin quando non si sono più lasciati."

"Giorgio!"
Dice Bea sorridente.

"Giorgio è stato la salvezza per Edo, ed Edo è stato la mia salvezza.
Vedi Bea, tutti abbiamo un passato, il mio non è dei più rosei ma ne sono uscita, del mio passato è rimasta solo questa stupida cicatrice."

"Che fine ha fatto tua madre?"

"Non ne ho idea."
Mento a Bea, non penso le serva a qualcosa sapere dei miei problemi.

"Perché indossi sempre quel polsino? Non ti da fastidio? Vedo che lo porti sempre e non lo togli mai."

"Mi vergogno del mio gesto, non voglio che qualcun'altro sappia della mia debolezza. In quel momento mi sono comportata da vigliacca, stavo per buttare la mia vita come se non fosse qualcosa di prezioso, ma fortunatamente non è successo, nel tempo sono cambiata, c'è sempre una via di uscita, la morte non è quella giusta."

Bea mi abbraccia forte, talmente forte che quasi mi manca il respiro.
Mi fa sorridere questa ragazza, è così ingenua ma allo stesso tempo matura e sensibile.

"Cosa ti è successo stasera per ridurti così?"
Mi chiede senza staccarsi dall'abbraccio.

"Niente di cui tu debba preoccuparti, solo tanta nostalgia."
Le dico con un sorriso forzato.

"Adesso basta parlare di me voglio sapere nei dettagli cosa è successo ieri sera tra te e Lex. E perché il nostro amico voleva picchiare Alberto?"

"Tu come fai a saperlo?"

"Le voci girano mia cara Bea."
In quel momento bussano alla porta del bagno.

"Forse è l'ora di uscire da qui o si faranno pensieri strani su di noi. Questo però non ti salva dal raccontarmi tutto."

Bea ed io ridiamo insieme e per un attimo dimentico il motivo del mio malessere.

Bea ed io ridiamo insieme e per un attimo dimentico il motivo del mio malessere

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

MIA MARINI

Tu sei il mio destino Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora