Capitolo 7

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Samuele

Bea si era sdraiata accanto a lui, e madida di sudore gli aveva appoggiato una mano sul petto. Poteva sentire il suo cuore battere alla velocità della luce. Si era girata e gli aveva sorriso. Dio, quanto le piaceva. Lui le aveva carezzato il fianco e aveva chiuso gli occhi. Il riposo del guerriero.
Era bastato poco per farla ricadere nella trappola. Dopo la sera della scenata nel pub, Samuele non le aveva scritto né si era fatto sentire. Ormai la conosceva troppo bene e sapeva che doveva farla sbollire prima di ripartire all'attacco.
A dir la verità la reazione di Bea di quella sera lo aveva spiazzato, era la prima volta che esagerava così. Il giorno dopo era sabato e le aveva mandato la colazione a casa dal bar sotto casa sua, scegliendo un cornetto vuoto come piaceva a lei, un cappuccino tiepido e un caffè, il tutto accompagnato da un bigliettino con su scritte due lettere: T A.
La prima volta che Samuele aveva visto Bea era rimasto letteralmente folgorato , l'aveva seguita con lo sguardo fino a quando non l'aveva vista entrare nel palazzo dove lei lavorava, che per sua grande fortuna era accanto al palazzo dove lui aveva lo studio.
Bea era lontana anni luce da quello che era il suo prototipo di donna e quindi dalle donne che aveva sempre avuto fino ad allora. Le altre erano, per ironia, più simili alla moglie che a quella ragazza con quel taglio corto, giubbetto di pelle nero e jeans abbastanza aderente da lasciare poco all'immaginazione. Ma soprattutto quello che aveva catturato Samuele era il suo sorriso disarmante che riusciva ad illuminarla e a renderla bellissima ai suoi occhi.
Non ci aveva messo molto per scoprire dal portiere del suo palazzo che lei lavorava da tre mesi nello studio dentistico Fanelli e abitava a poche centinaia di metri da lì.
Probabilmente era single, sì, chi riferiva non l'aveva mai vista in compagnia di un uomo, e doveva essere molto brava nel suo lavoro perché un giorno il Dott. Fanelli in persona, che non godeva di grandi simpatie per il suo carattere burbero, si era lasciato andare a commenti entusiasti con la Signora del primo piano, "la duchessa" come era chiamata dagli altri condomini, nota anche lei per il suo fare sempre polemico e poco incline all'affabilità.
Si chiamava Bea, gli aveva riferito sempre il portiere.
E da quel momento quelle tre lettere gli si erano stampate nel cuore e nella mente.
Iniziò quasi subito con una serie di appostamenti per simulare un incontro-scontro del tutto fortuito. Aveva addirittura pensato di prenotare una visita di controllo allo studio. Ma una sera
la fortuna girò a suo favore. Erano le nove passate e dopo averla aspettata invano seduto sulla moto per più di mezz'ora, aveva deciso di consolarsi con una birra al bar lì vicino. Dopo nemmeno dieci minuti, mentre mangiava le noccioline e controllava le notizie sportive sul cellulare, era entrata lei. Parlava al telefono e mentre si avvicina al bancone, a pochi centimetri da lui, le aveva sentito dire 'Ti aspetto al massimo per un quarto d'ora. Il tempo di bere un Apertass... Poi me ne vado. Sono troppo stanca' e aveva riagganciato. Fu allora che Samuele con la spontaneità che l'aveva sempre contraddistinto e facendo leva su quel fascino apparentemente inconsapevole, le aveva chiesto 'Ciao. Sei l'assistente del Dott Fanelli?' Le aveva teso la mano e aveva continuato dicendo 'Piacere, sono Samuele. Lavoro come architetto nello studio che si trova nel palazzo accanto'.
Lei non si era mostrata diffidente nemmeno un attimo, gli aveva stretto la mano ed aveva risposto 'Piacere Bea'. Il sorriso le aveva illuminato il viso.
Erano bastati altri due incontri, per niente fortuiti questa volta, e l'elettricità che si era palesata nel loro primo incontro, li aveva completamente travolti.
La prima volta che avevano fatto l'amore, erano saliti nello studio di Samuele a tarda sera e si erano sdraiati su un piccolo divano, per poi rotolare a terra. Era stato come un terremoto, un piacere inaspettato che li aveva lasciati senza forze ma con la voglia di rifarlo subito. Lo avevano rifatto. E ancora.

Da allora erano passati circa due anni.

Samuele la stessa sera in cui si era presentato a lei in quel bar, tra una cosa e l'altra, le aveva detto di esserse sposato da sei anni, ma in procinto di separarsi. Quella separazione non sarebbe mai avvenuta, ma Bea allora non poteva immaginare quanto quella situazione avrebbe inciso sulla sua vita.

Come il latte con i biscotti - Il racconto di Serenella - Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora