Capitolo 23

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Incontri

Flavia, alla fine della giornata, era veramente esausta, ma non avrebbe rinunciato ad uscire per niente al mondo. Quella sera, aveva bisogno di gente intorno, di vita, di suoni e di una giusta dose di alcool. La giornata era stata di quelle che hanno un inizio, ma poi ti sembra non abbiano mai una fine. Al lavoro aveva avuto un battibecco con un collega, sempre lui, il solito ottuso, col quale parlare era l'unica strada non percorribile, perché era la persona più arrogante e superba che avesse mai conosciuto. Il collega in questione aveva lasciato la stanza a metà mattinata, blaterando che la maggior parte delle persone presenti, lei più di tutti, gli avevano provocato uno stato d'ansia e di stress tale che, il giorno dopo, avrebbe chiesto al suo capo di essere trasferito al più presto in un altro ufficio, in quanto era stanco di subire mobbing dai colleghi. Erano anni ormai che seguiva quel copione, nonostante avesse cambiato più mansioni e uffici di chiunque altro lì dentro.
Poi, nello spacco, era andata in ospedale da Siria, con Bea. Vederla così sofferente, l'aveva lasciata molto triste e giù di morale. Matteo cercava di essere forte, ma era chiaro che anche lui stava male, e aveva molta paura. Non era riuscita a tirarlo su, lo aveva solo abbracciato forte, ed aveva evitato, accuratamente, di dire le solite banalità e frasi di circostanza che si ripetono in queste situazioni.
Ciliegina sulla torta, verso le 19, Giuseppe le aveva telefonato e l'aveva informata che l'aperitivo che offriva Lia, si sarebbe protratto più a lungo del previsto, con una cena fredda e una torta finale, a sorpresa. Quindi si sarebbe fatto troppo tardi per la loro uscita, che era solo rimandata al giorno dopo. Giuseppe aveva anche aggiunto che, se Flavia lo desiderava, avrebbe potuto raggiungerlo alla festa. Ma, era chiaro ad entrambi, che quest'ultima cosa, l'aveva detta giusto perché doveva. Flavia, stranamente, conclusa la telefonata con Giuseppe, non si era persa d'animo. La giornata era stata veramente troppo per concluderla a casa, da sola, davanti alla tv. Aveva scritto un messaggio a Roberta, sua collega da una vita, single impenitente che, a memoria storica, non era mai stata a casa per più due sere di seguito. Lei e Roberta, negli anni passati, ne avevano fatte di uscite insieme. Poi le loro vite avevano preso due strade diverse, ma ogni tanto, avevano il piacere di ritrovarsi a pranzo, in pausa dal lavoro, o qualche sera davanti ad una birra. Flavia le aveva scritto 'Che mi proponi stasera? DEVO uscire...'. La risposta non si fece troppo attendere 'Ho appuntamento al solito pub con il solito gruppo. Ci vediamo lì alle nove? Sei ritornata single? Non mi dire'. Già, riflettè Flavia, stava ritornando single? Le sembrava di vivere una fase della sua vita che non era governata da lei. Rispose al messaggio di Roberta, scrivendo 'Si, alla prima. No, alla seconda... Almeno per il momento. A dopo'.

Il pub era gremito di gente dentro e fuori, e molti erano in attesa di un tavolo. La serata era tiepida e c'era un'aria di festa. Flavia aveva fatto dieci minuti di ritardo, e si guardava intorno per vedere dove Roberta e i suoi amici si fossero seduti. Riconobbe subito Alberto, quello che da anni la sua collega definiva il suo tromba-amico, e proprio accanto a lui, vide lei. Si avvicinò al tavolo, c'erano almeno dieci persone. 'Buonasera a tutti'. Quelli che la conoscevano erano la maggioranza dei commensali, e la salutarono con affetto. Roberta le aveva tenuto il posto accanto a sé. 'Allora ce l'hai fatta... Sono felice che sei venuta' le disse abbracciandola. Dopo poco ordinarono panino e birre per tutti, in un caos generale di voci e musica rock di sottofondo. Il cameriere che li servì era un tipo molto particolare, con un paio di occhiali improbabili rossi e neri. Poteva avere non più di diciotto anni, un po' imbranato, e si fece ripetere le ordinazioni almeno tre volte. Flavia subito dopo, si alzò per andare un attimo in bagno, e camminando nel corridoio centrale del pub, vide una persona, seduta ad un tavolo piccolo in un angolo, con altri tre amici, che assomigliava molto a Massimiliano. Nello stesso istante, anche lui alzò lo sguardo, e la vide. Non era solo una somiglianza. Era proprio lui. Il viso gli si illuminò con un sorriso 'Flavia... Ciao!', si alzò dal tavolo e le andò incontro. Lei era leggermente imbarazzata, e lo salutò con un laconico 'Ciao... Anche tu qui... Io sono lì in fondo, con degli amici'. Lui pareva sollevato dal fatto che avesse nominato solo degli amici, nessun riferimento a un presunto fidanzato. Ma forse questa cosa, lei, se l'era solo immaginata.
'Finalmente senza tuta, e non di corsa' ironizzò, sorridendo lui 'Come sta la tua amica? ' le chiese.
'Insomma, per il momento deve restare in ospedale  e non sappiamo ancora quando uscirà. Speriamo che le cose si mettano per il meglio. Domani vieni a correre?'. Nello stesso istante in cui pose la domanda, si pentì di averla fatta. In cuor suo sperava che lui rispondesse di sì, e la cosa la infastidiva molto e la trovava anche abbastanza ridicola. Si stava comportando da ragazzina con un quasi perfetto sconosciuto.
Massimiliano aveva un look casual quella sera, indossava una polo verde militare, e un jeans che gli calzava a pennello. In quei pochi minuti, le aveva tenuto una mano appoggiata sul braccio, e Flavia aveva sentito un leggero brivido lungo la schiena 'Si certo. Ci vediamo lì... Ti aspetto all'ingresso alle sette e mezza se vuoi, e partiamo insieme' 'Ok, va bene. A domani allora... Buona serata'. Lui le aveva dato un bacio sulla guancia, e lei aveva proseguito verso il bagno. Una volta dentro, si era guardata allo specchio per controllare se i capelli e tutto il resto fosse in ordine. Era inutile girarci intorno. Massimiliano le piaceva, ed era quasi sicura che lei piacesse a lui. Ma tutto  questo, però, non metteva assolutamente in discussione nulla. Era solo una piacevole sensazione. Ritornò al tavolo, e la serata proseguì. Quando rientrò a casa, era quasi mezzanotte. Giuseppe non le aveva né scritto, né telefonato. Sicuramente lo avrebbe trovato incavolato nero, per non aver risposto al suo messaggio del pomeriggio, nel quale le aveva chiesto di raggiungerlo alla festa, e per non avergli scritto nulla sul fatto che usciva per conto suo. Aprì la porta di casa, e dentro era tutto buio. Possibile stesse già dormendo? Accese la luce piccola in salotto, appoggiò la borsa a terra, e si tolse le scarpe. Piano piano, in silenzio, andò verso la camera da letto, per prendere il piagiama. Il letto, però, era ordinato, Giuseppe non era ancora rientrato. Flavia guardò di nuovo l'orologio. Lo avrebbe aspettato sveglia. Avrebbe scoperto le carte, e abbandonato una volta per tutte la maschera della finta tonta.

Come il latte con i biscotti - Il racconto di Serenella - Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora