Piccola Bea mia
Giuseppe stava mettendo a posto lo scooter prima di salire in ufficio e affrontare una nuova giornata. Non vedeva l'ora di andare in ferie, si sentiva stanco e privo di energie. Ma le ferie, purtroppo, erano ancora lontane. Lo raggiunse alle spalle Lia, che usciva dal bar lì di fronte. 'Giuseppe ciao. Sei pronto?'. 'Più stanco che pronto, Lia... Buongiorno a te. Avrei bisogno di una dose di energie aggiuntiva... Siamo sotto stress da troppo tempo, non trovi?'. Lei lo guardò e disse 'Ci vorrebbe una mini vacanza... Una fuga... Una giornata alle terme. Che ne pensi? Si può fare?'. 'In che senso...?'. Giuseppe scelse di fare la parte dello stupido ben sapendo dove Lia voleva andare a parare. 'Giuseppe sei troppo chiuso. Dovresti aprirti un po' a nuove esperienze... Pensaci. Siamo adulti, che male c'è. Non è una novità che mi piaci. Ci potremmo divertire senza troppe complicazioni'.
'Lia io ho una compagna. Tu sei la figlia del mio capo e siamo colleghi. Non mi sembra un'ottima idea onestamente. Tu mi piaci e mi dispiacerebbe rovinare il...'.
'Stronzate!', tagliò corto Lia. 'Prima o poi cadrai ai miei piedi... Fidati. Non mollo facilmente'. Sorrise, si mise sotto braccio a Giuseppe e si avviarono verso il palazzo dell'ufficio.Era tutto molto scuro. Il cielo era pieno di nuvoloni, grigi e carichi di pioggia. Doveva essere pomeriggio, comunque prima di sera. Poteva sentirlo appena, da lontano, arrivare da lì in fondo un sibilo, quasi un fischio lungo, che durava una decina di secondi. Poi più nulla. E dopo cinque minuti, ripartiva. Aveva sonno, si era distesa sulla spiaggia fredda e aveva alzato il cappuccio del cappotto. Poteva sentire il morbido della felpa che le circondava la testa, come se fosse un cuscino, come se fossero due mani che la mantenevano. Le gambe lunghe distese e un pò divaricate, ai piedi i suoi stivaletti neri preferiti. La punta dei piedi che toccava quasi il bagnasciuga. Da piccola era stato sempre così per lei, non concepiva il mare se non gli stava a pochi centimetri di distanza. Aveva gli occhi spalancati e guardava il cielo. Le nuvole erano così basse e vicine che sembrava di poterle toccare. Tutto intorno niente e nessuno, solo mare sabbia e cielo. Riusciva a guardarsi dall'alto e contemporaneamente poteva sentire l'umido della sabbia pian piano penetrarle sotto i vestiti. Aveva un'espressione triste ma rassegnata, come quando sai che sta per caderti il mondo addosso e non hai la forza di spostarti. Non vuoi spostarti. All'improvviso il mare iniziò a incresparsi di più, si era alzato un vento di maestrale e in pochi secondi grossi goccioloni cominciarono a scendere giù, sempre più rapidamente. Il cielo piangeva tutta la sua rabbia, coinvolgendo il mare e il vento. Lei era rimasta stesa ancora immobile a farsi bagnare la faccia. Poi si era messa seduta con la testa appoggiata tra le ginocchia. Adesso la pioggia le bagnava la nuca, le gocce le entravano nel cappotto, sotto la camicetta e le scendevano lungo la schiena. Restò così un tempo indefinito. Quando rialzò la testa, la tempesta era finita. Il cielo era sempre grigio, ma il mare era tornato piatto come una tavola e il vento era calato. Si era guardata di nuovo intorno. Aveva voltato la testa all'indietro ma non c'era nessuno. Si era tolta gli stivaletti e i calzini, li aveva messi di lato. Si era alzata in piedi e aveva piegato i jeans sul polpaccio. Aveva aspettato che la sabbia scivolasse giù dai vestiti. Poi aveva fatto pochi passi e si era fermata. L'aveva raggiunta l'acqua del mare bagnandole i piedi. Era calda, quasi consolatoria. Aveva fatto ancora due passi, si era piegata in avanti e aveva bagnato anche le mani. Con la coda dell'occhio aveva visto qualcosa che si muoveva lontano alla sua destra. Si girò... Dapprincipio pareva una macchia grigia, indistinta, che veniva verso di lei... Era una visione sfocata. Mano a mano che si avvicinava, prendeva forma. Era un uomo con un cappello grande e scuro, ancora troppo distante per distinguerne i tratti somatici. Lei allora era tornata sulla spiaggia si era seduta di nuovo nello stesso posto dove stava prima. Aspettava. Chiuse gli occhi un istante. Quando li riaprì quell'uomo non c'era più. Piano, lentamente e silenziosamente, iniziò a piangere. Erano le stesse gocce che prima dal cielo le erano cadute sulla faccia. Erano solo più calde, le bagnavano le labbra e le scendevano giù per il mento fino al collo. L'abbraccio, arrivò improvviso e non la spaventò. La prese alle spalle. Lei si voltò appena e riuscì ad appoggiare la testa sul suo bavero. Riconobbe l'odore, il suo profumo. Quello tanto amato che faceva casa, famiglia, infanzia. Lui si tolse il cappello e lo appoggiò sulla sabbia. Le accarezzò i capelli piano e poi la dondolò come se avesse due anni. Lei però non riuscì a vedergli il viso e si addormentò in quell'abbraccio, mentre lui sussurrava piano 'Piccola Bea mia'.
Si svegliò proprio mentre sentiva la sua voce dire 'Papà...'. L'aveva sognato di nuovo. Si girò su un lato e si strinse al cuscino. 'Quanto mi manchi, papà. Solo tu adesso avresti trovato le parole giuste per farmi affrontare tutto questo... Solo tu'. Restò a letto ancora, fino a quando non sopraggiunse di nuovo il sonno.
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Come il latte con i biscotti - Il racconto di Serenella -
Storie d'amoreÈ la storia di Siria, Flavia e Bea. Tre amiche, legate da un rapporto profondo che sottende da sempre alle loro vite. Siria vive un inizio di maternità difficile, Bea vive un rapporto d'amore nell'ombra e Flavia si trova ad un bivio e deve scegliere...