Incroci
Giuseppe sedeva al tavolo delle riunioni già da più di due ore. Non ne poteva più di grafici e preventivi, e soprattutto non ne poteva più del caldo di quella stanza. Erano stipati in undici lì dentro e, nonostante i due condizionatori accesi al massimo, l'aria era quasi irrespirabile. C'era stata tensione nell'ultima settimana. Si discuteva della partecipazione ad una gara d'appalto che riguardava la ristrutturazione di un palazzo storico nel centro.
C'erano molti soldi in ballo.
Giuseppe lavorava ormai da sei anni per la società di costruzioni Raina, che faceva capo alla famiglia Raina, e il cui comando era ancora ben saldo nelle mani del capostipite, l'ottantenne Cavalier Riccardo Raina, uomo dal grande carisma ed esperienza.
Giuseppe aveva iniziato prima con collaborazioni occasionali, su singoli progetti.
Poi tra lui e il Cavaliere era nata una grande simpatia che si era tramutata nel tempo in stima reciproca. Condividevano la passione per l'arte giapponese e la cultura asiatica in generale. Il cavaliere lo aveva invitato almeno tre o quattro volte a casa sua per mostrargli una collezione di spade giapponesi, che teneva in bella mostra nel suo studio attaccate al muro dietro la sua scrivania. Inoltre gli aveva mostrato una quantità di foto infinita dei suoi viaggi in Asia.
Col tempo Giuseppe era diventato il suo favorito in azienda.
Il cavaliere non aveva figli maschi, ma solo due figlie femmine, Lia e Giada, entrambe nel consiglio di amministrazione, ma poco pratiche nella gestione di cantieri. Pertanto, ritenendo Giuseppe una persona molto capace e affidabile, lo aveva assunto e lo aveva spinto a completare gli studi, visto che gli mancavano solo tre esami per la laurea in Ingegneria civile.
Giuseppe si era quindi laureato e aveva acquisito grande esperienza e competenza nell'ambito in cui lavorava. Era un punto di riferimento per tutti i colleghi per il suo carattere pacato e disponibile, ed erano tutti concordi nel sostenere che mai cognome fu più adatto alla persona: Buono. Giuseppe Buono.Dopo un'altra buona mezz'ora finalmente la riunione finì. Giuseppe aveva assolutamente bisogno di un caffè. Andò prima in bagno però, si lavò le mani e si rinfrescò il viso. Si guardò allo specchio e si vide invecchiato. Aveva le tempie molto più ingrigite e qualche ruga di espressione più marcata. Gli occhi castani sembravano più scuri dietro la montatura degli occhiali nera, che gli conferiva un'aria intellettuale. Si trovava interessante. Era oggettivamente belloccio. Anzi, con l'avanzare dell'età stava migliorando. Aveva quasi quarantacinque anni e un fisico asciutto nonostante la sua attività fisica consistesse solo in una partita di calcetto con gli amici.
Uscendo dal bagno si scontrò con Lia che camminava a testa bassa nel corrodio 'Mamma mia che sbadata. Scusami... Ero distratta... Ti ho fatto male Giuseppe?' gli disse arrossendo leggermente. '' Nulla Lia. Tutto sotto controllo... Ti va un caffè? Scendo al bar... Dai vieni' gli chiese lui sfiorandole il gomito. Lia si irrigidì leggermente e fece come se volesse indietreggiare. 'Grazie ma dopo una certa ora preferisco evitare... Rischio di non dormire e ci manca solo questo' rispose. Giuseppe le sorrise e le disse 'Allora lo prenoto per domani il caffè con te, l'ultima volta te lo avevo zuccherato troppo', e le diede un bacio sulla guancia. Si avviò verso l'uscita e Lia rimase a fissarlo in mezzo al corridoio con uno sguardo indecifrabile.
Scrisse un messaggio a Flavia, che lo aveva cercato più volte al telefono durante la riunione, e lui non aveva potuto rispondere.
"Ho finito adesso. Chiudo e scendo. Ti passo a prendere tra un'ora. Fatti trovare pronta".
Flavia gli aveva anticipato già dalla mattina che sarebbe andata al corso di pilates alle diciannove e poi avrebbero potuto cenare dal loro giapponese preferito.
La sera prima, a letto, avevano finalmente parlato e si erano detti, per la prima volta da quando era iniziato quel periodo, che si erano allontanati e che dovevano recuperare. Non erano scesi nel dettaglio della situazione... Erano in ballo i sentimenti? Non se la fecero quella domanda. Non era ancora il momento giusto per farsela.Il bar era pieno di gente. Si trovava proprio sotto l'ufficio, era un wine bar arredato con uno stile vecchia America. Un juke box vero, tavolini di legno rotondi e sgabelli con la seduta di velluto. Era molto conosciuto nella zona, e non solo, per i suoi aperitivi strepitosi. In sala c'erano diverse persone che si rilassavano dopo una giornata di lavoro, e qualche coppia che rideva e parlottava a bassa voce.
In sottofondo una canzone dei Police. Giuseppe si avvicinò al bancone, prese posto e si rivolse alla barista che era anche una dei tre proprietari del posto. 'Ehi buonasera... Stamattina non c'eri'.
La ragazza era voltata di spalle. Sentendo la voce, si girò piano verso di lui senza alzare gli occhi, e continuando ad asciugare un bicchiere, disse 'Sei un uomo pieno di sorprese Giuseppe. Quando vengo la mattina tu passi di pomeriggio. Stamattina io non c'ero, e tu sei passato. Che posso servirti, dimmi...' 'Ero entrato per un caffè, ma vista la giornata, mi sa che mi butto su una birretta... con due noccioline'.
La ragazza gli aveva sorriso.
'Vista la faccia che hai, mi sa che avrai bisogno di almeno un paio di birrette'. Ne aprí due e, porgendogliene una, disse
'Per la prima ti faccio compagnia'.
Giuseppe prese la sua, la alzò verso di lei e rispose 'Alla tua salute Lorenza'.
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Come il latte con i biscotti - Il racconto di Serenella -
RomansaÈ la storia di Siria, Flavia e Bea. Tre amiche, legate da un rapporto profondo che sottende da sempre alle loro vite. Siria vive un inizio di maternità difficile, Bea vive un rapporto d'amore nell'ombra e Flavia si trova ad un bivio e deve scegliere...