| The beginning |

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-E tu?- domanda la ragazza dai capelli corvini, perdendosi in quegli occhi color del cielo.

-Io?-

-Si tu. Che farai mentre io prendo il tuo posto?-

L'angelo della morte sorride compiaciuto per quella domanda cosi ingenua ed innocente da riuscire a farlo vacillare per un solo, piccolissimo istante.

-Ti osserverò lavorare al posto mio, Abigal- sussurra piano, beandosi del rumore provocato dal respiro affannato della ragazza, ora vicinissimo al suo.

-Ti controllerò passo dopo passo, giorno dopo giorno, sarò la tua ombra- prosegue dopo qualche secondo di pausa, non distogliendo la sua attenzione da quelle labbra rosee e carnose. La sua mano fredda percorre le braccia sottili della ragazza dal basso verso l'alto, lentamente, senza alcuna fretta. Sa perfettamente che Abigal non tenterà di allontanarsi, non proverà nemmeno a respingerlo.

Decide allora di osare ancora di più.

La sua mano destra scorre sotto quel mento liscio e levigato, beandosi del contatto con la pelle palpabile e morbida della ragazza, un contatto che gli mancava da troppi, troppi anni.

-Allora piccola, sei disposta a giocare con me?- le mormora all'orecchio, compiaciuto nel sentirla irrigidirsi di fronte alle sue stesse parole.

-Ho forse un'altra scelta?-

-Si, quella di morire qui, ora, in questo momento, senza poter tornare indietro- risponde sogghignando l'angelo dall'anima nera, ora esercitando maggior pressione sul polso della ragazza.

Abigal si lascia sfuggire un gemito, forse più di paura che di dolore, prima che un flebile -Accetto- esca dalle sue labbra innocenti.

Solo dopo essersi reso conto della risposta data, l'angelo allenta piano la presa lungo il polso sottile di Abigal lasciando che le labbra si distendano in un sorriso di approvazione, mentre gli occhi seguano ogni movimento della ragazza attraverso lo spazio bianco. Abigal ora gli volta le spalle, ma lui sa che proprio in questo momento, una lacrima salata e amara le sta solcando il viso stanco e affranto.

-Trecentossessantacinque giorni non sono nulla confronto all'eternità mia piccola Abigal, non c'è bisogno di piangere-

-Perchè hai scelto proprio me?- le parole escono strozzate e rotte da singhiozzi dalle labbra della ragazza, risuonando però come un tuono alle orecchie dell'angelo dai capelli color grano, che spalanca gli occhi come se fosse stato appena colpito da una freccia.

-Non ho il dovere di rispondere a questa tua domanda; se farai come ti ho spiegato andrà tutto bene, piccola- esclama lento, stringendo entrambi i pugni, prima di mettersi al fianco della ragazza e intrecciare quella mano cosi piccola e sottile con la sua, grande e terribilmente fredda.

-È ora di andare-

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-Mamma sono a casa!- urlo, mentre cerco con qualche difficoltà di togliermi le scarpe senza utilizzare le mani, nel frattempo impegnate a liberare il mio corpo dalla ingombrante presenza del giubbotto.

-Abigal vieni ti ho p- Lui chi è?- il viso piacevolmente sorpreso di mia madre Grace mi fa arrossire dalla rabbia, provocando invece una risata leggera seguita da un enorme ed impertinente sorriso sulla faccia del ragazzo in piedi proprio accanto a me.

-È un onore fare la sua conoscenza signora Parker, io sono Luke Hemmings- esclama lui, avanzando verso mia madre, stringendole con fare quasi teatrale la mano, provocando in lei una risatina compiaciuta.

Death's game » l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora